logo Fucinaidee

Meglio Trump che mai: finalmente qualcuno si è accorto che Libra è un grosso guaio per gli Stati

di Francesco Cancellato

Aspettavamo con ansia il primo politico che dicesse qualcosa di concreto su Libra, la criptovaluta lanciata da Facebook qualche settimana fa, che nell’ambizione di Mark Zuckerberg dovrebbe diventare “l’internet delle monete”, il nuovo standard delle transazioni economico-finanziarie.
Aspettavamo con ansia, e il primo a corrispondere alle nostre attese, ieri sera, con una serie di tweet, è stato Donald Trump: “Non sono un fan di Bitcoin e altre criptovalute, che non sono denaro, e il cui valore è altamente volatile e basato sul nulla. Tali attività possono facilitare comportamenti illeciti, tra cui il traffico di droga e altre attività illegali - ha scritto -. Allo stesso modo, la "valuta virtuale" di Facebook, Libra, avrà poca reputazione o affidabilità. Se Facebook e altre aziende vogliono diventare una banca, devono diventare soggetti a tutti i regolamenti bancari, proprio come le altre banche, sia nazionali, sia internazionali. Abbiamo una sola valuta reale negli Stati Uniti ed è più forte che mai, affidabile e affidabile. È di gran lunga la valuta più dominante in qualsiasi parte del mondo e rimarrà sempre così. Si chiama il dollaro degli Stati Uniti!”, ha concluso.

Naif finché volete, rozzo finché volete, ma è difficile dargli torto. Non tanto nell’opera di delegittimazione delle criptovalute - non sono la prima né l’ultima attività finanziaria basata sul nulla, né l’unica valuta con cui si possono comprare droga e attività illegali, anzi -, quando piuttosto nell’essersi posto, finora, come unico soggetto di interposizione tra Mark Zuckerberg e la sua assoluta libertà di fare quel che vuole. L’abbiamo già scritto su queste pagine, lo ribadiamo: quel che qualunque governo serio avrebbe dovuto dire a Mark Zuckerberg e agli altri soci dell’Associazione Libra, quelli che andranno a costituire una riserva da un miliardo di dollari e di cui non abbiamo il piacere di conoscere il nome, è che nel loro Paese l’internet delle valute non avrebbe mai messo piede se non a determinate condizioni. E avrebbero dovuto dirlo dieci secondi dopo l'annuncio di Libra.

Che nessuno l’abbia fatto, sinora, dice molto della qualità di chi ci governa, della loro comprensione delle grandi questioni della modernità - e lo sono sia le criptovalute, sia la blockchain, sia il ruolo sociale e politico di gigantesche multinazionali come Facebook -, e della loro stessa ambizione a governarle. Possibile, ci chiediamo, che nessuno tra loro si sia posto il problema della tassazione delle transazioni su Libra, non una questione da nulla visto che l’emittente della medesima ha un rapporto complicato con il fisco, e la sua sede in un Paese dove le multinazionali non pagano le tasse? Possibile che nessuno si sia posto il problema del rapporto tra una valuta che ha 1,7 miliardi (in crescita) di utenti potenziali, che minaccia di diventare concorrente di Euro e Dollaro - anzi, peggio: di mandarli in soffitta - senza porsi il tema della regolazione finanziaria di questa moneta?
Davvero pensano di poterla gestire con l’Associazione Libra con sede a Ginevra come banca centrale? Ancora: nessuno si è posto il problema del cambio di questa moneta con le altre valute, di come e chi ne determinerà i tassi di cambio, sconto e interesse, delle modalità attraverso cui si potrà cambiare una libra con un euro, un dollaro, uno yuan, o anche solo con le monete di Amazon, Google e Apple prossime venture? Nessuno, infine, si è posto il problema che a emettere questa moneta sia il più grande social network del mondo, nonché il più grande media del mondo, nonché la più grande cassaforte di dati personali del mondo? Quanto potere si vuole dare ancora a Facebook senza chiedere nulla in cambio?

Sono domande che facciamo senza alcuna malizia, né acrimonia nei confronti del gigante di Menlo Park. Semplicemente crediamo sia folle non rendersi conto dello strapotere economico e politico che acquisirebbe se un’impresa privata, sovrastatuale, diventasse davvero il principale emittente di moneta al mondo, spogliando gli Stati stessi di una delle funzioni che li rende tali, assieme al monopolio dell’uso della forza. A quel punto, a Mark Zuckerberg mancherebbe solo l’esercito, per dichiararsi nei fatti una nuova entità post-statuale, senza alcun confine, grande come il mondo. Soprattutto, indifferente e indipendente da ogni obbligo e da ogni regolazione posta in essere dagli Stati stessi.

Donald Trump ha battuto un colpo, vivaddio. E ci aspettiamo che, in qualche modo, sia consequenziale a quel colpo e ponga se non altro le condizioni affinché Libra sia regolata come qualunque altra valuta. Che la possibilità che Libra operi su qualunque mercato sia condizionata dalla disponibilità del suo emittente di pagare le tasse laddove produce valore, anche in relazione alle transazioni finanziarie di cui diventerebbe intermediario. Che senza essere refrattari a ogni innovazione, gli Stati non si accorgano del problema quando i buoi sono scappati, o per dirla semplice, quando ci sono già centinaia di milioni di persone che usano Libra, in libertà, com’è avvenuto con Skype, con Whatsapp, con Uber o con Air Bnb, ma che ci si ponga a monte il discorso della regolazione, anche a costo di innovare un po’ lentamente. Perché, dettaglio non irrilevante, la massa di manovra con cui i titani del web riescono a negoziare con gli Stati da posizione di forza siamo noi. Provate oggi a rendere illegali le app che accedono a microfoni o videocamere dei vostri smartphone (cioè tutte): chi scambierebbe la sua privacy con tutti i servizi e le comodità di cui dispone?

Il mondo non finirà, se dovremo aspettare qualche anno prima di usare la moneta di Facebook. Ed è meglio fare le cose bene che farle di fretta. Siamo felici che, bontà sua, Donald Trump ci sia arrivato. Vogliamo sperare che in Europa nessuno abbia parlato perché ancora non c’è un presidente della Commissione Europea e che gli altri capi di Stato e di governo siano impegnati in faccende molto più serie di questa. Vogliamo sperare, ma non abbiamo grandi speranze.

(da www.linchiesta.it - 12 luglio 2019)

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina