Di Carlo Nordio
Con una
saggia e tempestiva decisione, il Quirinale ha indetto le elezioni suppletive
del Csm evitandone la paralisi, e resistendo alle richieste del suo
scioglimento.
Resta tuttavia il rischio che questa iniziativa
venga vanificata da una dissoluzione progressiva di questo organismo, come
accade nella Sinfonia degli addii di Haydn dove gli orchestrali se ne vanno uno
alla volta, o, se vogliamo citare un paragone più macabro, nel famoso giallo di
Agatha Christie dove i convitati muoiono in rapida successione e alla fine non
rimane nessuno. Ipotesi questa non del tutto remota, perché solo un ingenuo può
pensare che le “contiguità” tra politici e magistrati siano state limitate agli
approcci di Lotti con il dottor Palamara.
Quest’ultimo, del resto, ha detto in un’intervista
che i suoi incontri avvenivano anche con altri colleghi ed esponenti di
partiti. Sarà stata un’ammissione, ma a noi è sembrato anche un
ammonimento.
A nessuno del resto è sfuggito il verecondo
silenzio delle correnti dell’Associazione, che dopo l’indignazione tignosa e
purificatrice dei primi giorni, sono diventate improvvisamente caute e
guardinghe, come se si attendessero imbarazzanti novità nelle prossime puntate
delle intercettazioni.
Una nemesi storica nei confronti di quelle toghe
che, quando manifestavamo preoccupazione per l’uso distorto di questo strumento
di indagini ambiguo e invasivo, rispondevano supponenti che le cose andavano
nel migliore dei modi possibili. Mai dunque, come in questo momento, vale il
detto biblico che chi ha seminato vento raccoglie tempesta.
Questa tempesta, naturalmente, non travolge
solo la magistratura e le sue correnti ormai screditate. Coinvolge anche la
politica, che con i suoi rappresentanti più o meno subalterni alle toghe hanno
dimostrato di voler intervenire attivamente nelle nomine fatte dal Csm.
Circostanza questa nota a tutti gli addetti ai lavori, ma sdegnosamente
respinta negli anni passati come un’ intollerabile insinuazione. Per la verità,
i cittadini si sarebbero già dovuti allarmare per il numero crescente di
magistrati ( diventati famosi per la carica ricoperta o i processi celebrati)
candidati dai partiti con ostentazione orgogliosa. Poiché infatti una
candidatura non si improvvisa in poche ore, era da supporre che questi giudici,
mentre indossavano la toga, avessero avuto ripetuti ed intensi incontri con i
rappresentanti dei rispettivi partiti. Stupirsi ora che questa baratteria
contaminasse anche il Csm significa abusare della credulità degli italiani. I
quali, peraltro, hanno già capito una cosa. Che così com’è strutturato il Csm
non solo funziona male, ma non funziona affatto, e va radicalmente cambiato.
Ebbene, se è vero che “oportet ut scandala
eveniant”, è anche vero che questa indecorosa vicenda può essere l’occasione
per una riforma che elimini lo strapotere delle correnti e renda effettivamente
indipendente la magistratura non solo dalla politica ma anche da sé stessa e
dalle degenerazioni di chi ne esercita la rappresentanza e il potere.
Come? Con il sorteggio. Qualche anima bella ha
ironizzato sul fatto che nessuno si farebbe operare da un tizio sorteggiato tra
i passanti. Per la verità, la Corte d’Assise che ti condanna all’ergastolo è
composta, nella sua maggioranza, proprio da giurati sorteggiati tra il popolo.
Così come sono sorteggiati i membri del tribunale dei ministri, quelli, per
intenderci, che volevano mandare a giudizio Salvini. Ma queste sono
osservazioni marginali. Il sorteggio dovrebbe infatti avvenire dentro un
paniere composto di magistrati di alto grado, di avvocati membri dei consigli
forensi e di docenti universitari di materie giuridiche. Tutte persone, per
definizione, intelligenti e competenti. Così si spezzerebbe davvero quel legame
perverso che unisce eletti ed elettori, e quella assurdità tutta italiana per
la quale la sezione disciplinare è, di fatto, nominata da quelli che deve
giudicare. La magistratura è contraria? Non crediamo. Certo lo sono i
rappresentanti del suo sindacato, e questo è ovvio perché il loro enorme potere
risiede proprio lì, e non si può chiedere al tacchino di preparare il pranzo di
Natale. Ma poiché ora si comincia a sentir puzza di bruciato, può anche darsi
che sia opportuno cambiar forno.
(da Il Messaggero – 15 giugno 2019)