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La favola dei minibot

 

Di Tommaso Monacelli

 

Nella migliore delle ipotesi i minibot sarebbero del tutto inutili perché incapaci di risolvere il problema reale dei debiti della pubblica amministrazione

verso imprese private. Nella peggiore, nascondono possibili scenari di uscita dell’Italia dall’euro.

 

Due ipotesi sui minibot

 

     Dopo la mozione di indirizzo di recente approvata dal Parlamento, nel dibattito pubblico si ritorna (pericolosamente) a parlare di minibot. Non esiste una proposta articolata, ma nella sostanza, dovrebbero essere passività dello stato di piccolo o piccolissimo taglio (10, 50 o 100 euro) emesse senza tasso di interesse e senza scadenza.

     Una prima ipotesi è che i minibot siano emessi con la possibilità per imprese e famiglie di usarli per pagare le tasse. È ovvio che in tal caso sarebbero

del tutto identici a un taglio delle imposte o, in modo equivalente, a un incremento di debito pubblico. Basta un semplice esempio per capirlo. Se alla

fine dell’anno il signor Rossi deve 100 euro di tasse, ma lo stato gli comunica che può usare 100 minibot per pagarle, il signor Rossi risparmia 100 euro da spendere al ristorante, mentre lo stato non incassa quei 100 euro dovuti di tasse, e deve quindi finanziare il deficit di entrate in qualche modo: o riducendo la spesa pubblica, oppure con maggior debito. È una mera questione di identità contabile.

     Una seconda ipotesi è che i minibot possano essere utilizzati dalle imprese per riscuotere i crediti che ancora vantano con la pubblica amministrazione (Pa). In questo caso, sarebbero del tutto inutili. Se lo stato deve 100 euro di pagamenti all’impresa del signor Rossi, potrebbe finanziarsi sul mercato emettendo buoni del tesoro per 100 euro e girare poi quei 100 euro al signor Rossi per estinguere il proprio debito. Di fatto, lo stato starebbe scambiando

una passività (i pagamenti dovuti all’impresa del signor Rossi), con un’altra passività (i buoni del tesoro emessi per finanziarsi). Perché dunque usare

i minibot?

     L’unica ragione per farlo sarebbe quella di tassare implicitamente le povere imprese creditrici. Se un’impresa fornitrice della Pa venisse pagata in minibot oggi, potrebbe scontare il proprio credito solo più tardi al momento di pagare le tasse dovute. In ragione di questo lasso temporale (più o meno lungo), di fatto è come se l’impresa sostenesse un costo implicito in misura pari ai mancati interessi (altrimenti, perché semplicemente non ridurre le tasse alle

imprese dello stesso ammontare dei crediti esistenti, senza alchimie cartacee?) Un guadagno per lo stato, una tassa implicita per l’impresa. E un ulteriore

motivo per guardare i minibot con sospetto. Quello dei debiti inevasi della Pa con le imprese private è un problema reale, che va certamente affrontato.

Ma deriva da inefficienze strutturali del nostro sistema amministrativo e non può essere risolto con trucchi monetari.

 

Una moneta parallela?

 

Molti si chiedono anche se i minibot equivarrebbero all’emissione di nuova moneta. La risposta è che “potrebbero” diventare moneta. Di fatto soddisfano

una condizione necessaria (ma non sufficiente) per essere moneta: sono passività dello stato senza scadenza e senza tasso d’interesse.

     Ma non è detto soddisfino la condizione sufficiente: cioè la fiducia. Per essere moneta, i minibot devono essere accettati nelle transazioni. Se il signor

Rossi riceve 100 minibot dallo stato e vuole utilizzarli per fare la spesa dal signor Bianchi, il signor Bianchi li accetterà solo se ha fiducia nel fatto

che li potrà poi utilizzare per pagare il signor Verdi, e così via. Niente garantisce che questo collante di fiducia si verrebbe a realizzare. Anzi, c’è

da dubitarne.

     E se lo stato dovesse però imporre per legge che i minibot debbano essere obbligatoriamente accettati nelle transazioni? In tal caso il signor Bianchi non

potrebbe rifiutarsi di accettarli come pagamento. Ma ciò equivarrebbe (di diritto e di fatto) all’uscita dell’Italia dall’euro, perché lo stato italiano

starebbe stampando moneta con corso legale. I minibot verrebbero probabilmente scambiati a grande velocità (le persone vorrebbero liberarsene come una

patata bollente) e diventerebbero moneta parallela fortemente svalutata (di fatto carta straccia) rispetto all’euro.

     In conclusione, è evidente che i minibot sono un espediente inutile e verosimilmente dannoso, che nasconde probabilmente possibili scenari di realizzazione

pratica dell’uscita dell’Italia dall’euro.

 

(da www.lavoce.info)

 

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