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Breve commento

Lucca, al pari dei nostri più importanti centri storici, sta subendo - negli ultimi decenni - trasformazioni che rischiano di comprometterne irrimediabilmente l’identità.

Questo per il combinato effetto del turismo di massa e delle trasformazioni legate alla globalizzazione, anzi è meglio dire dell’appiattimento, di gusti e consumi.

 Non si tratta certo di demonizzare il turismo che, come tutti i fenomeni, porta con sé luci e ombre. Certo luci, perché è riuscito, almeno in parte, a riassorbire i contraccolpi della caduta del nostro manifatturiero tradizionale, basti pensare alla fine del calzaturiero o della Cantoni. Ombre, perché, al di là delle doverose considerazioni sulla compatibilità del fenomeno con il nostro tessuto urbanistico, sta minando i tratti di specificità e di originalità del nostro centro storico, sia nel paradigma antropico che in quello del tessuto commerciale.

Un centro storico sempre più appannaggio di un turismo mordi e fuggi, ed un tessuto commerciale sempre più invaso da grandi catene e da pizzerie e/o paninoteche a tutta randa.

  Qual è il turismo da stimolare e con quali strumenti farlo? Questo è il vero interrogativo, che chiama in causa la politica e la sua capacità di risposte di ampio orizzonte.

  La piazza Anfiteatro è un’icona del cambiamento. Ancora negli anni ’70 era sede del mercato ortofrutticolo all’ingrosso, animato da figure pittoresche ancora scolpite nella memoria dei lucchesi.

Oggi è uno dei luoghi più apprezzati del centro storico, e meglio attrezzato per soddisfare le esigenze del turismo di massa.

 La “piéce” di L.M.L. fotografa, con l’acume che conosciamo, questo luogo che fu un tempo non poi così lontano “l’anima di Lucca”, evocando sensazioni, emozioni e ricordi, in un gioco che mette in chiara evidenza anche lo stacco generazionale, ben rappresentato nell’abissale differenza di mentalità fra i giovani di oggi ed i loro nonni.   

Paolo Razzuoli

 

 

QUANDO L’ANFITEATRO ERA L’ANIMA DI LUCCA

 

Di L.M.L.

Piazza Anfiteatro Lucca 1938

 

 

Personaggi: Argia (A), Assuero (Ass.), Cameriere (Cam.), Commesso (C), Olindo (O), Sciaron (S nipotina di Argia), Zaira (Z)

 

INTRODUZIONE

 

Tanti anni fa, la centralissima piazza dell’Anfiteatro era la sede del mercato ortofrutticolo all’ingrosso e le case costruite sulle fondamenta dell’antico monumento romano costituivano il quartiere più caratteristico, più sanguigno, più genuino della città, i suoi abitanti erano definiti “piazzaioli” con una sottolineatura di sottile disprezzo da parte dei lucchesi più “perbenino” che avrebbero considerato folle anche solo l’idea di poter vivere in quelle case molto rattoppate, ma poste in modo tale da formare una bellissima orbita ellittica.

Oggi nell’Anfiteatro vivono persone molto benestanti, che hanno comprato, magari “per du’ lire” le case da cui  gli antichi abitanti sono stati sfrattati; al posto dei banchi di “mela e carcioffi” si susseguono file di orrende seggioline di plastica e frotte di camerieri propinano agli incauti turisti prelibati risottini di mare, surgelati al tempo in cui il Mediterraneo veniva ancora chiamato “Mare Nostrum”! Ma al prezzo aggiornato di svariati euro!

 Durante la festa di Santa Zita, giorno in cui all’Anfiteatro si rinnova la tradizione del mercato dei fiori, un gruppo di maturi piazzaioli, spinto dalla nostalgia, si è recato a ricercare gli antichi luoghi, atmosfere,  abitudini: UN L’AVESSE MAI FATTO!

 

……………………………..

 

O (entrando in piazza):guarda spettacolo, mi sembra di essere tornato indietro  di 50 anni, ti ricordi, Argia, le tombolate sul carretto della verdura?

A: si, ma qui altro che tombola e caretti! C’è un odore di rifritto t’ammazza, a chi li daranno tutti questi paninacci pieni di roba strana?

S: o nonna! Accidenti alla vecchiaia! Che paninacci, son “oddog” con dentro il checiap!

O: rispondi ammodo alla nonna, ignorante! Di già lo vedi come sei gialla a mangiare quelle schifezze? Vieni si compra un frate

S: Sì, cappuccino!

A: Ora vuoi anche il cappuccino? Non t’è mai piaciuto!

ASS: lasciala perdere, fa parte della generazione del futuro,  che i frati li chiama donatz (che quelle, poi, sono delle ciambelle indigeste che tornano a veglia tutto il giorno)

CAM: Signori, spostatevi, levate la visuale della piazza a quel gruppo di turisti

O: bada lì, si scansino loro,  per mio! Noi qui ci  siamo  nati e cresciuti

CAM: sì, e anche invecchiati se non vi avessero levato di torno per riqualificare la piazza

O: chiamala riqualificata! Io direi eliminata al primo turno: fra un po’ questi “uainbar”, cari appestati, non lasciano spazio neanche ai banchi dei fiori, ce ne saranno sì e no 10, ai tempi dell’ortofrutticolo siamo stati anche in 200!

CAM: e dove andavate a bere e mangiare durante i mercati, alla casa della carità?

ASS: giovane occhio, saremo vecchi ma ancora in forze, con un nocchino ti si rifà la piega!

A: s’andava tutti a mangiare le polpette nell’osteria  qui all’angolo, buone così non l’ho più sentite

S: ah, quello ora è un locale trendy, ci vanno i turisti a mangiare il bollito

Z:Capirai, capace che un po’ di lesso te lo fa pagare 30 euro a porzione

S: nonna, andiamo a comprare qualcosa in quel negozio? E’ il più nuovo della piazza vende solo roba firmata

Z: sentitela, se vuoi la firma sulla roba ce la so scrivere anch’io!

A: per carità accontentiamola, sennò sta lì con quella niffa che mi leva la voglia di girare la piazza, quanti ricordi mi tornano in mente! Voglio portare un regalino a quei ragazzi a casa

Z: Giù! Andiamo. Ma qui vendono solo calzerotti e brachette, che te ne fai Sciaron?

S: Zaira, si dice “anderuear”! Non mi fate vergognare

A: Mah! Buongiorno

COMM: Buongiorno signore, signorina! In cosa posso servirle?

A: vorrei dei calzerotti

COMM: dei, che?

A: insomma, calzini, pedalini, come li chiama lei?

COMM: capisco, numero di scarpe?

A: un 29, un 31, un 40, un 36, un35…

O: Salute Argia, vai a letto presto la sera, eh?

Z: zitto sudicione, che siamo in un negozio ammodo

O: ammodo o no, io ho sempre detto pane al pane. Quando stavo qui, le sere d’estate, si cantavano gli stornelli e le osterie, la più pulita avrebbe fatto arrossire uno scaricatore!

ASS: ti ricordi quella volta che il padre di Zaira aprì la finestra e ci rovesciò l’orinale sulla testa?

 

Z: capirai, pover’omo, la mattina alle 4 era già in piedi per montare il banco, la sera voleva dormire

 

O: e quando venne Venditti a fare uno dei suoi primi concerti qui? Disse che voleva tentare strade alternative e quindi di non chiedergli di cantare “Roma capoccia”, la canzone che lo aveva fatto conoscere. Be’, si affaccia Alipio alla finestra a dorso nudo con tutti i suoi 120 chili e fa con le mani sui fianchi: ”Roma capoccia…” e giù un moccolo! Credevo che la piazza scoppiasse, potrei fare il nome di qualcuno che si pisciò addosso dalle risate

S: e Venditti che fece?

O: che volevi che facesse? Disse: ”Su gentile richiesta: Roma capoccia!”

 

COMM: signori, scusate se mi introduco nella vostra alata conversazione, ma io ho anche altri clienti da servire

ASS: lucquì prende per i fondelli, andiamo via sennò l’appiccico al muro!

S: Oddio, che figura! Meno male che i clienti erano stranieri e non hanno capito, ma voi non vi evolvete mai?

O: Giù, facciamo un giro della piazza poi si torna a casa, tanto oggi non è aria, troppa gente, troppa confusione!

CAM: già, con questi banchi  non c’è spazio per servire i clienti, abbiamo anche dovuto ridurre il numero dei tavoli per questa tradizione stantia del mercato dei fiori

A: o ignorante! Senza il mercato dei fiori tutta questa gente la vedevi col cannocchiale! E poi porta rispetto ai Santi, e anche alle tradizioni

O: non t’agganghire,  Argia, sono giovani, sanno assai di Santa Zita e di com’era la piazza nel passato. Lasciali a spippolare a giornate sane su quelle macchinette che chiamano aipad e che gli appiattiscono per bene il cervello

S: oddio, ora parte l’elogio del piccolo mondo antico, di quando fin dalla Torre Guinigi si sentivano le donne che tiravano su i numeri della tombola, dei commenti piccanti e bla bla bla…

ASS: attentina bimba, perché se continui con questo tono, prima che il gioco resti, una bella pedata nel 23 vedrai se non la pigli!

Z: Andiamo via, dai! Guarda un po’, Olindo, quella era la finestra della tua camera, ora la casa l’ha comprata una famiglia della Lucca bene, dice che hanno speso un sacco di quattrini a risistemarla. C’è una donna affacciata: guarda quadro! Ha la bocca sembra un canotto, con tutto il botulino che ci hanno iniettato si potrebbe ammazzare un podere di 50 persone

O: se quella è la Lucca bene, figurati quella male! Bona! E alla prossima

S: Inutile, sono datati e per niente “cool”!

A: vieni via Sciaro, chetati, sennò davanti a tutta la  piazza quella testa sgrendinata te la liscio  a suon di ciaffate!

 

 

Lucca, 30 maggio 2019

 

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