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Immigrati e migranti, perché?

 

di Antonio Rossetti

 

Aiutiamoli a casa loro, potrebbe apparire una scelta del tipo”non ci interessa il loro problema”, in sostanza come nascondersi, mentre, se assume i connotati di una strategia, questa scelta,  è  importantissima per lo sviluppo dei Paesi dove maggiore è la povertà delle persone, non sempre  in assenza di  risorse e potenzialità da destinare alla crescita.

NON SI TRATTA DI ARGOMENTO NUOVO ANCHE SE E' STATO AFFRONTATO, MOLTO SPESSO, A TUTTO DANNO DELLE POPOLAZIONI INTERESSATE.

 

Un aiuto che non può essere una nuova forma di colonizzazione e neppure la rapina, o il ricatto, di multinazionali, che hanno preteso mono-produzioni e condizionato il mercato delle risorse.

Quale può essere la dimensione dell'intervento ?

Una strategia che richiede un impegno a livello internazionale e che vede il protagonismo dell'Europa nella  condivisione di progetti per la innovazione, per la creazione di infrastrutture, per l'assistenza alla creazione di attività e imprese. In particolare l'attenzione deve rivolgersi alla formazione ed alla specializzazione delle persone nei diversi settori, dall'agricoltura all'industria ed ai servizi  per le imprese e per le persone.

I dati rilevati   dalla ricerca di Milena Gabanelli e Simona Ravizza, del 12 maggio 2019 Corriere della Sera,  presente su Fucina idee,  evidenziano argomenti  scarsamente considerati.

 

Il ruolo dell'Europa

 

La dimensione Europea è una garanzia per la concreta attuazione dei progetti, meno esposta alle situazioni che possono determinarsi in un singolo Paese.

Si sono fatte  similitudini con il Piano Marshall, ma non credo sia il caso di usare  termini roboanti se non è  chiara la volontà di intervenire  per creare, nei singoli Paesi, una condizione di vivibilità per le persone, le stesse persone che sono disperatamente alla ricerca di una soluzione in un  altro paese.

 

Una migrazione  che spesso viene raffrontata con  altri momenti della nostra storia quando la gente se ne andava  fuori dall'Italia.

I confronti sono sempre discutibili, ma le motivazioni   che stanno alla base  della “migrazione” si assomigliano, così come quelle di un possibile ritorno. 

Si tratta di definire programmi  e progetti concreti e partecipati che  affrontino le ragioni dello sviluppo e delle condizioni per vivere nel proprio Paese, governare i flussi migratori, di carattere temporaneo, con accordi, sia per attività di formazione sia  di rientro  nel Paese di provenienza. 

Purtroppo esperienza positive  di gestione temporanea, con attività di formazione e di rientro, sono state pochissime.

Come per le politiche del lavoro.  Poco si fa per le politiche attive destinando le risorse   per  forme di tipo assistenziale, di lungo periodo,  non solo per  la fase acuta.

 

Della ricerca Gabanelli-Ravizza,  il dato rilevante della formazione delle”risorse umane”, o come qualcuno chiama “capitale umano”, possono assumere  una vera dimensione  strategica.

La strategia riguarda anche l'Europa, quindi l'Italia.

 

Non penso siano da sottovalutare i dati  dell'invecchiamento della popolazione, in Europa, e i numeri crescenti di giovani che  lasciano l'Italia, in parte senza  intenzioni di rientro.

In sostanza abbiamo un impoverimento in termini di invecchiamento della popolazione, un calo consistente delle nascite, una “fuga”, speriamo temporale, di giovani  che cercano in altri Paesi ciò che non li ha soddisfatti a casa loro.

Sembra quasi assurdo che vi a siano persone  che sperano di trovare il loro futuro in Italia e giovani italiani, molte migliaia ogni anno, che lasciano l'Italia, insoddisfatti .

So bene che il  parallelo è forzato per la differenza sostanziale delle motivazioni, ma il risultato è che  il problema della popolazione e delle professionalità in Italia è presente, sopratutto nelle  figure professionali legate alle innovazioni.

 

Un disegno, quello dello sviluppo dei Paesi più poveri, che può essere comparato con le prospettive demografiche dell'Europa e dell'Italia.

Le previsioni delle nazioni unite, del 1999, al netto delle migrazioni, stimano per l'Italia, nella fascia da 15 a 35 anni, il 20% della popolazione  prevista per il 2020, l'anno prossimo, per ipotizzare una “catastrofe” demografica  nel 2050.

Nel periodo 2020-2025, è ipotizzato un fabbisogno della popolazione attiva di 4.800.000.

Dati che meritano nuove elaborazioni, che sono  pubblicati nella”Intervista sulla demografia” di Massimo Livi Bacci e  Giovanni Errera, pubblicata nel 2001, che dovrebbero consentire interventi adeguati.

Governare l'Europa, o un Paese importante come il nostro, senza una strategia di medio e lungo periodo su queste importanti evidenze  significa  essere inadeguati, solo per utilizzare un termine generoso.

 

Lucca, 19 maggio 2019

 

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