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Italiani, popolo di progressisti-conservatori

di Paolo Razzuoli

"Italiani, popolo di santi, poeti e navigatori"; così li definì Cristoforo Colombo.
Mussolini, il 2 ottobre 1935, aggiunse qualcosa: "popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori".
  Citazioni su cui non indugio, ma che ho preso a pretesto per una riflessione sull'identità degli italiani di oggi, focalizzando soprattutto sul profilo del loro "credo politico.

Ebbene, sfogliando il voluminoso libro della storia, molte sono le etichette e le categorie con cui sono state contrassegnate ideologie, forme di pensiero, categorie politiche, epoche storiche.
Solo per rimanere nel recinto europeo degli ultimi secoli, posso citare: Girondini, Giacobini, Liberali, Marxisti, moderati, Democratici, Nazionalisti, Riformisti, Socialisti, Comunisti, Conservatori, Progressisti; poi quelli trasversali dai contorni un po' sfumati: Liberal-democratici, Cattolico-liberali, Liberal-riformisti e chi più ne ha più ne metta, la lista sarebbe infinita.
Ma riflettendo sul pensiero politico dominante oggi in Italia, si badi bene sul profilo autentico, oserei dire politico-antropologico, quindi uscendo dal recinto delle etichette dominanti quali ad esempio quelle dei partiti, direi che questa lista, se pur lunghissima e articolata, non comprende alcun appellativo capace di sintetizzare una situazione - per certi versi paradossale - qual è quella dell'Italia di oggi.
Ma qual è il tratto così particolare del pensiero dominante nell'Italia contemporanea: provo a dare una risposta, non indugiando sul versante storico-filosofico delle categorie di pensiero citate, (non manca certo una importante letteratura sull'argomento), bensì sulla base dell'atteggiamento dominante rispetto ai grandi temi del dibattito politico attuale.

SE chiedete in giro, nessuno, o quasi vi dirà di essere un conservatore. Non lo diranno certo gli elettori che guardano a sinistra, convinti del loro progressismo, soprattutto quelli della sinistra radical-shic (qualcuno la definisce spregiativamente "sinistra al caviale", che sta in piazza con i poveri ma in casa con i ricchi, sensibile all'integrazione di ogni forma di emarginazione, salvo mandare i figli alle scuole private e/o fruire di servizi socio-sanitari a pagamento, per gente facoltosa.
Ma anche chi vota a destra non gradisce l'appellativo di conservatore. Vi diranno che votano a destra per cambiare e non per conservare, quindi si arrabbieranno se darete loro del conservatore.
Insomma, a sentire la gente, l'Italia è il paradiso terrestre del progressismo...

Su questo presupposto, si dovrebbe immaginare la società italiana, quindi la politica che la rappresenta, come un corpo estremamente dinamico, particolarmente vocato al cambiamento, pronto per le grandi sfide della contemporaneità, animato da un forte slancio di progettualità.
Ma non vi è chi non si renda conto di una situazione diametralmente opposta. L'Italia è infatti un Paese blocato, inchiodato su un conservatorismo avvilente, incapace di affrontare con la dovuta energia le storture che pur da ogni parte si denunciano, ancor più incapace di uno slancio progettuale in una dimensione "intergenerazionale".

A parole, che l'Italia abbia bisogno di un profondo cambiamento è condiviso quasi all'unanimità (cambiare tutto affinché non cambi niente). I guai sorgono però quando, da un generico e superficiale riformismo, si cerca di addentrarci nel merito delle riforme.
A questo punto entra in azione la contraerea del conservatorismo: "sì ma ci vuole ben altro"; "il vero tema è un altro"; "sì ma così si perdono le elezioni". Poi, le sacche di improduttività sono sempre quelle degli altri, certo, le riforme sono urgenti, ma i sacrifici debbono puntualmente partire dagli altri e via di questo passo.
Insomma riformismo sì, purché a casa degli altri.
Per non parlare poi dei tentativi di riforme istituzionali, in special modo quelli con cui si è cercato di rafforzare il ruolo della politica, quindi della funzione di governo, peraltro presupposto indispensabile per qualsiasi prospettiva riformista. Di fronte a questi tentativi la massa di fuoco della conservazione ha dato il meglio di sé.

Un atteggiamento deltutto trasversale: gli italiani si dividono su tutto, ma non sulla tenacia con cui difendono i loro privilegi, grandi o piccoli che siano.
IL riformismo così ampiamente condiviso è in realtà la maschera che nasconde un volto ben diverso: quello di un diffuso conservatorismo egoistico, tenacemente perpretato in barba agli effetti intergenerazionali che pur, con la solita ipocrisia, si vorrebbe far credere di voler privilegiare.

Un atteggiamento che sicuramente punisce le nuove generazioni, che potrebbero trovarsi un Paese sostanzialmente ai margini dei futuri scenari politico-economici mondiali, con un debito altissimo, con un territorio fragile e compromesso, con un capitale sociale dissipato.

Mi rendo pienamente conto delle difficoltà; come ho avuto modo di dire anche in altre riflessioni, i mali italiani vengono da molto lontano; la situazione odierna rappresenta una fase estremamente pericolosa di vizi lontani e profondamente radicati, quindi che hanno potuto lasciare impronte difficilmente cancellabili.
Sconcerta però la superficialità con cui la classe politica si muove, l'attitudine a cercare capri espiatori esterni alle nostre incapacità (l'Europa in questo senso è un bbersaglio privilegiato), una visione dominata dalla "dittatura del presente", quindi deltutto incapace a proiettarsi in un orizzonte progettuale che sappia gestire un presente capace di costituire la base per il futuro.

Giungendo alla risposta all'interrogativo da cui sono partito, qual è la categoria di pensiero più diffusa nell'Italia contemporanea?
Ebbene, credo che occorra ricorrere ad un ossimoro: (L'ossimoro è una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro.), come "progressisti" e "conservatori".
Gli italiani sono in massima parte "Progressisti-Conservatori".
Sono progressisti a parole, ma nella sostanza sono profondamente conservatori: questo credo che spieghi l'attuale stallo del Paese. Uno stallo da cui l'Italia non potrà uscire, se non riuscirà a liberarsi dal dominante progressismo-conservatore.

Tornando a Cristoforo Colombo, da cui ho preso le mosse, come definirebbe gli italiani di oggi?
Santi non di certo, stante il processo di secolarizzazione dominante; navigatori non proprio, né di mare né d'aria, posta la crisi della nostra flotta navale e aerea; forse un po' poeti, visto che - con una discreta dose di fantasia - pretendiamo di riuscire a sintetizzare, quantomeno nel nostro pensiero, ciò che non è riuscito a nessun altro popolo.

Lucca, 12 aprile 2019

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