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È già tutto scritto (o quasi): il governo gialloverde andrà a schiantarsi in autunno

di Francesco Cancellato

Dimenticate i migranti, le autorizzazioni a procedere, le trivelle e la Tav, il reddito di cittadinanza e l’autonomia. Tutta ammuina, tutta campagna elettorale per le elezioni europee, tutte armi di distrazioni di massa per nascondere la vera grande questione che aleggia sul governo Conte e sulla sua sopravvivenza: il conto che ha lasciato da pagare per la legge di bilancio 2020, un conto che scade nell’autunno nel 2019.

Facciamo due conti: la legge di bilancio del 2019 costa circa 17 miliardi di euro di uscite in più, 13,2 dei quali per reddito di cittadinanza e quota 100, le due misure-bandiera di Lega e Cinque Stelle. Per coprire queste maggiori uscite il governo ha fatto crescere il rapporto tra deficit-Pil portandolo dall’1,6% al 2%. Un aumento che, tuttavia, prevede che il Pil cresca dell’1% il prossimo anno. Primo problema: il Pil crescerà solo dello 0,6%, quindi. se le previsioni fossero confermate, mancheranno poco meno di 5 miliardi, da trovare.

Non finisce qua, però: perché per il 2020 e il 2021 sono previsti due aumenti dell’Iva, a salvaguardia delle maggiori spese di quest’anno. Se non si troveranno risorse altrove, il gettito sul valore aggiunto dovrà aumentare di 23,1 miliardi nel 2020 e di 28,7 miliardi nel 2021. Tradotto, vorrebbe dire portare l’Iva al 25,2% nel 2020 e al 26% nel 2021. Di fatto, al prossimo giro, il governo dovrà sputare lacrime e sangue, se vorrà mantenere reddito di cittadinanza e quota 100 tali e quali a oggi.

Che problema c’è? Faremo più deficit ancora, per pagare questo salasso, penserete voi. Soprattutto, se cambierà il vento in Europa. Ecco: forse sarebbe il caso di non illudersi. Innanzitutto, perché la Commissione passerà la mano a novembre e quindi con ogni probabilità la manovra sarà valutata ancora da Jean Claude Juncker e Pierre Moscovici. Cambierebbe poco anche in caso di cataclisma elettorale, con un trionfo dei sovranisti dell’est: i Paesi di Visegrad, dall’Austria all’Ungheria, dalla Polonia alla Romania sono tra i primi che avevano votato a favore di una nostra procedura d’infrazione nello scorso autunno. Senza dimenticare poi che il vero potere in Europa ce l’ha il Consiglio Europeo, dove siedono presidenti e premier. Un potere che rimarrà tale e quale, anche dopo le elezioni europee.

Poche illusioni, quindi. Comunque vadano le europee, in autunno i gialloverdi si troveranno di fronte a un rompicapo difficilissimo da risolvere, roba che lo psicodramma degli ultimi mesi per la manovra 2019 vi sembrerà una passeggiata di salute: tagliare la spesa o aumentare le tasse? Cancellare il reddito o quota 100? Andare allo scontro totale con l’Europa o tenere lo spread e il rating sotto controllo? Dubitiamo Di Maio e Salvini ci stiano pensando, così come dubitiamo ci penseranno fino al prossimo 26 maggio. Ma è lì che si deciderà davvero il destino di questa legislatura. Ed è lì che si misurerà la reale consistenza del grande cambiamento di Lega e Cinque Stelle. Se sarà il bipolarismo di un prossimo lungo ciclo politico, o una parabola effimera come quella renziana.
Si accettano scommesse.

(da www.linchiesta.it - 27 gennaio 2019)

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