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2019: tre profezie facili facili

di Paolo Razzuoli

Fare previsioni sull'evoluzione politica è veramente arduo. Non è mai stato facile, e tantopiù non lo è oggi, epoca in cui tutto cambia con estrema rapidità, quindi compresi gli scenari politici che, lo abbiamo ampiamente sperimentato, in pochi mesi possono arrivare ad esiti deltutto imprevisti. Oggi, tempo di Internet e dei social, in pochi mesi forze politiche o singole figure possono salire all'Olimpo o cadere nelle più terribili bolge infernali. E' - ad esempio - ciò che in questi giorni sta accadendo al presidente francese Macron.
Mutamenti che rispondono ad una molteplicità di fattori, ai quali non sono estranei dati riconducibili alla psicologia di massa, alimentati dalla straordinaria forza dei social, che relegano in secondo piano la razionalità dell'analisi politica: quindi fortemente imprevedibili.

Conseguenza, Per formulare ipotesi sulla politica del 2019 ci vorrebbe la sfera di cristallo. Tuttavia provo ad azzardare alcune semplici profezie. Potrete rileggerle fra un anno, magari per irridermi nel caso in cui le abbia completamente sbagliate O, banalmente, come testimonianza del fatto che la Storia prende vie imponderabili a priori, e che difficilmente basta l’esperienza di ciò che è stato per definire ciò che sarà.
Comunque, soprattutto un po' per gioco, ci provo!

Profezia n.1: l'austerità non sarà abbandonata dalla governance europea.

Il 26 maggio si voterà per il rinnovo del Parlamento Europeo: un appuntamento importante che potrebbe cambiare profondamente i tradizionali assetti politici dell'assise di Strasburgo, mandando in soffitta la grande coalizione fra Popolari e Socialdemocratici, che in questi anni ha governato l'Europa.
Salvini e Di Maio hanno ripetuto il mantra che con le elezioni del 26 maggio gli elettori scateneranno un terremoto politico in Europa, capace di cambiar tutto, ovviamente a partire dal principio che debito pubblico e deficit debbano essere ridotti di anno in anno.
E' altamente probabile che il terremoto politico ci sarà, ma difficilmente produrrà gli effetti sperati dai due vicepremier. Infatti, nel probabile caso di un avanzamento delle forze sovraniste, il risultato sarà che si rafforzeranno gli "egoismi nazionali", con conseguente penalizzazione di coloro, come noi, che hanno un sistema economico fragile. Una logica che inevitabilmente porterà le aree economicamente più forti all'accentuazione della tutela dei loro interessi, a scapito di forme di solidarietà ed integrazione con le aree più deboli.
qualche segnale di ciò che potrà accadere già lo abbiamo visto. Basta guardare ciò che è successo durante l’ultima trattativa sulla legge di bilancio italiana: chi spingeva per sanzionare l’Italia e per respingere ogni trattativa? Proprio le forze emergenti delle destre europee, da Kurz a Orban, che con ogni probabilità trionferanno tra qualche mese. E chi, invece, ci ha aiutato a portare a casa il 2,04%? Quell’Emmanuel Macron in crisi di popolarità, con la sua manovra iper-espansiva, necessaria ad arginare le violenze dei gilet gialli.
Paradossalmente, se Di Maio e Salvini vogliono sperare in un ammorbidimento della logica dell'austerità, potranno averla solo se l'ondata montante dei sovranisti non sarà dirompente come loro continuamente ripetono.

Profezia n.2: le elezioni regionali saranno il nuovo 4 marzo della sinistra italiana

Anche il 2019 sarà un anno di elezioni: si voterà in capoluoghi importanti come Firenze e Bologna, ma soprattutto in sei regioni del calibro di Emilia - Romagna, Piemonte, Abruzzo, Sardegna, Calabria e Basilicata. Elezioni che non saranno contemporanee perché la legislatura di Calabria ed Emilia-Romagna terminerà in autunno.
Vi è una linea che unisce questi appuntamenti elettorali, molto diversi fra loro e distribuiti lungo tutto lo stivale: tutte queste realtà sono attualmente governate dal Partito Democratico, uscito massacrato alle ultime elezioni politiche.
Questi appuntamenti elettorali, in considerazione dei disastri combinati dall'attuale governo giallo-verde, dovrebbero essere l'occasione per il riscatto di un'alternativa incentrata sul Pd, posto che altrove non esiste al momento niente di concreto. Ma per questo pare proprio che non sussistano le necessarie condizioni. Al di là della assai sorprendente luna di miele degli italiani con il governo al momento in carica, la condizione veramente assente è la capacità della sinistra di sapersi proporre quale alternativa portatrice di un vero progetto credibile. Una difficoltà frutto della crisi di identità da cui non sembra in grado di sfilarsi.
Anche i sondaggi, per quel che possono valere soprattutto a distanza di molti mesi dagli appuntamenti con le urne, vedono il Pd costretto alla difesa, anche in regioni come l'Emilia, da sempre governata dalla sinistra. A oggi, non scommetterei un caffè sulla vittoria del centro sinistra nelle sei regioni che andranno al voto, con la sola eccezione, forse, dell'Emilia-Romagna. Una situazione incerta mi pare di vedere anche per i sindaci di Firenze e Bologna. Se sarà debacle, come mi pare possa accadere, per il Pd sarà un trauma più devastante di quello del 4 di marzo scorso. Difficilmente il futuro leader democratico, sia esso Zingaretti o Martina, potrebbe sopravvivere all'eventuale perdita dell’Emilia. Difficilmente potrebbe sopravvivere il partito stesso. E allora sì, sarebbe veramente anno zero.

Profezia n.3: non sarà il governo Conte a presentare la prossima legge di bilancio (e forse nemmeno questa maggioranza)

Non serve rivolgersi ad una cartomante per proporre questa previsione. Bastano i 23 miliardi di clausole di salvaguardia che il governo dovrà trovare il prossimo autunno per disinnescare un aumento dell’Iva al 26,5%. Si tratta, evidentemente, di una clausola capestro imposta dalla Commissione Europea che il governo Conte ha dovuto accettare per portare a casa misure come quota 100 e reddito di cittadinanza. Condizione quindi accettata con la pistola alla tempia, e senza pensare troppo al domani. Di fatto, però, è una specie di data di scadenza appiccicata sulla giacca, per una maggioranza così sensibile al consenso popolare come quella formata da Lega e Cinque Stelle. Aumentare l’Iva vuol dire deprimere una crescita che già si annuncia debole per il prossimo anno. E disinnescarla significa tagliare le spese o aumentare le tasse, indipendentemente da tutte le altre misure da finanziare.
Un tempo, queste patate bollenti toccavano ai governi tecnici. Chissà, magari il 2019 si concluderà con uno di questi nuovamente in carica.

Lucca, 7 gennaio 2019

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