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Far sognare per il futuro e rassicurare sul presente: ecco la vera sfida della politica
Lettera aperta alla Befana 2019

di Paolo Razzuoli

Cara Befana,

anche quest'anno, come altre volte, consentimi di disturbarti con alcuni pensieri e con alcune richieste sulla politica. So di chiederti molto; ma visto come vanno le cose qui fra noi umani, l'unica alternativa sembra proprio essere quella di rivolgerci a te, che sei dodata di poteri magici.

Chissà come appare il mondo da lassù, dal tuo punto di osservazione. Muovendoti con straordinaria velocità a cavallo della tua scopa, fra un paese e l'altro, forse anche fra un continente e l'altro, hai la possibilità di osservare - senza essere vista - tante cose liete e tristi, di sentire tante persone alcune che vivono agiatamente mentre altre sono alle prese con le difficoltà più crude; forse, grazie ai tuoi poteri magici, puoi anche indagare i loro pensieri più reconditi.

Dal nostro punto di osservazione il mondo appare assai rovesciato. Forse dal tuo punto di osservazione le cose non stanno proprio così; non ci farebbe male un po' di ottimismo, ma non un ottimismo sciocco o scaramantico, bensì un ottimismo basato su elementi concreti e razionali, attestanti una presa di coscienza della complessità delle situazioni.

Il 2018 non è certo stato un anno particolarmente positivo. Nessuno dei temi lasciati in eredità dal 2017 è venuto a soluzione.
Sono continuate le situazioni di conflitto (latente o dichiarato), fra Israele e palestinesi, in Siria, in Yemen, in varie parti del continente Africano; così come non si possono dimenticare l'Afghanistan, o la situazione sempre incandescente fra russia e ucraina, o altri teatri di crisi quali il Venezuela o la Corea. Così come non si può dimenticare il terrorismo, che ha continuato a colpire in varie parti del mondo.
Anche per l'Italia non è andata certo bene. IL crollo del ponte a Genova, che ha fatto 42 morti e ha portato al nostro Paese vergogna in tutto il mondo, o altri eventi naturali, quali la tempesta che ha distrutto le foreste venete, fanno emergere quel senso di deresponsabilizzazione, di pressappochismo e dilettantismo così diffusi, da rappresentare uno dei peggiori tarli capace di erodere i fondamenti della nostra società.

Ma al di là delle varie situazioni di crisi, su un dato vorrei attrarre la tua attenzione: quello della sensazione che manchi una governance complessiva capace di affrontare le sfide poste da un mondo sempre più globalizzato ed interconnesso. Un contesto irreversibile, frutto dei processi di trasformazione ed innovazione che abbiamo costruiti negli ultimi decenni, e che richiede strumenti di analisi e di visione sicuramente diversi da quelli di un passato anche recente. Ma andando oltre certe retoriche, non sembra che di questo sforzo di governance complessiva vi siano tracce credibili; gli attori dello scenario politico sono condizionati dallo sguardo corto della tutela degli interessi immediati, che fanno perdere di vista gli orizzonti ampi, ovvero quelli di cui oggi il mondo avrebbe assoluta necessità.
Orizzonti ampi, che costituiscono l'unica seria risposta per dare spessore concreto a quel patto intergenerazionale da molte parti retoricamente sbandierato e, contestualmente, smentito nei fatti.

Infatti, di fronte alle complessità e sfide del nostro tempo, anziché imboccare la strada (certo impervia ma necessaria) di guardare in avanti, si tende a guardare indietro, immaginando soluzioni nel recupero di strumenti del passato che, come sa chiunque abbia un minimo di conoscenze storiche, hanno creato disastri. Una tendenza che si sta affermando in varie parti del mondo, con l'affermazione di movimenti di impronta nazionalista-sovranista. Una tendenza pericolosa, che va ben compresa per essere combattuta, e che è anche il frutto dell'incapacità complessiva della politica di saper leggere le trasformazioni del tempo che viviamo.

Restringendo il campo di riflessione all'Europa, questa è la lettura dell'esito del referendum che sta portando alla brexit, che sta minando la coesione sociale in Francia con la protesta dei Gilet Gialli, che ha visto in Germania l'avanzata dell'AFD, che ha visto in Italia l'affermazione della Lega e del M5S.

Un presupposto tutt'altro che rassicurante in vista delle elezioni per il Parlamento Europeo, fissate per il prossimo 26 maggio.
Sarà quella una tappa fondamentale per l'Europa: dal suo esito dipenderà il destino del nostro continente, chiamato a scegliere fra la prosecuzione del cammino di integrazione, imboccato dagli inizi degli anni '50, o un nostalgico ritorno indietro, basato sulla centralità dei singoli interessi nazionali.
Sarebbe quest'ultimo uno scenario inquietante, che segnerebbe un profondo iato con la recente storia europea. Una storia fatta certo anche di errori, ma dove i saldi positivi superano di gran lunga quelli negativi: e questo dovrebbero aver presente soprattutto i giovani, che invito a non farsi ipnotizzare dalle sirene ingannatrici della retorica sovranista.

Debbono ovviamente averlo ben presente le grandi forze politiche che in questi decenni sono state il perno del cammino europeista, chiamate a proporre un progetto di Europa capace di interpellare i sussulti della contemporaneità; un progetto chiaro e senza ammiccamenti confusi, magari dettati dalla speranza di qualche manciata di voti in più. In questo senso condivido completamente quanto ha detto Juncker: "E' un grave errore" che in seno ai partiti tradizionali "si moltiplichino le persone che si fanno sconsideratamente eco dei populisti".

Cara Befana, spero che anche tu voglia aiutare il nostro vecchio e caro continente: questa è la prima richiesta che ti faccio.

Ed ora vengo ad un altro tema: quello della crisi della politica che, in Italia ma non solo, sta allontanando fasce sempre più ampie dalla partecipazione al voto.
Una tendenza pericolosa, anche in considerazione dei risvolti legati all'avanzare di populismi insofferenti verso le istituzioni della democrazia rappresentativa, in favore di forme di cosiddetta "democrazia diretta" stimolate anche dai nuovi strumenti tecnologici, che contengono il seme di involuzioni antidemocratiche.

Ma il recupero della passione politica presuppone - a mio modo di vedere - alcune condizioni. In tutto il mondo vigono due radicali bisogni collettivi: poter credere in una prospettiva di ulteriore sviluppo e avere sicurezza nella vita quotidiana.
Solo se la politica saprà dare risposte a queste categorie di bisogni, si potrà ragionevolmente sperare nel ritorno della passione politica. Si illudono coloro che pensano che i problemi siano solo di natura organizzativa: i problemi risiedono nell'essenza della capacità di interpellare i bisogni dei cittadini: solo lì si potrà trovare la risposta.

Forse al proposito può aiutare un po’ di memoria storica, rammentando che il massimo di partecipazione elettorale noi l’abbiamo avuto nell’immediato dopoguerra, dal 1945 al 1953, quando la proposta politica dominante, quella della Democrazia Cristiana, portava avanti sia una forte visione di futuro (una Italia dentro il mondo occidentale con una scelta liberale e cattolica insieme), sia una forte garanzia di coesione sociale, con un determinatissimo controllo dell’ordine pubblico in risposta ai grandi conflitti di piazza. Insomma, scelta atlantica e filoamericana da un lato, che segnava una chiara visione identitaria del Paese, e tutela della sicurezza dei cittadini mediante un uso adeguato degli strumenti di tutela dell'ordine pubblico.

Naturalmente oggi il contesto è totalmente diverso; cosa significhi rispondere alla richiesta di sicurezza quotidiana e bisogno di un orizzonte di futuro, tutti lo sappiamo benissimo: non serve quindi indugiare in elencazioni pleonastiche.
Ma un filo rosso lega l'uscita dalla seconda guerra mondiale al presente. Oggi come allora, l'umanità è in cerca di risposte a domande deltutto nuove: allora, per ricostruire un mondo che si era fermato a pochi passi dall'abisso dell'autodistruzione; oggi per ritrovarsi in un contesto così radicalmente cambiato, che quasi non si riconosce, agitato da una vorticosa trasformazione come mai sinora eraaccaduto, che fa svanire in un attimo ogni punto di riferimento acquisito.

Un mondo in cui sono venute meno le certezze del presente e, nel contempo, non si vedono orizzonti futuri capaci di far sognare.
Ecco, la politica deve anzitutto riuscire a "Far nuovamente sognare"; ma lo deve fare anche rassicurando sul presente, su quella quotidianità che oggi viene sempre più vissuta con angoscia ed insicurezza.

Cara Befana, purtroppo i segnali provenienti dalla politica non vanno in questa direzione.
Solo per limitarmi all'Italia, ad un governo i cui limiti sono sotto gli occhi di tutti fa eco un'opposizione balbettante, ripetitiva, a volte anche autolesionista.
Un'opposizione che sembra ben distante dalla consapevolezza dei contenuti politici necessari per potersi nuovamente accreditare quale alternativa credibile.
Un'opposizione rinchiusa nella logica del presente, incapace di guardare in avanti, di gettare il cuore oltre l'ostacolo, di immaginare un orizzonte nel quale soprattutto i giovani possano riconoscere l'opportunità di soddisfare le proprie aspirazioni.

Cara Befana,

come vedi non entro nelle singole criticità della nostra situazione; delresto, una diversa qualità della politica ci aiuterebbe a risolverle.
E' proprio questo quindi che ti chiedo: di aiutarci a costruire una proposta politica credibile, che sappia rassicurare sul presente e sappia far sognare per il futuro.
Sono certo che gli italiani, che hanno ancora tante risorse, se qualcuno saprà proporla, non la faranno cadere nel vuoto.

Sarebbe questo il più bel regalo che potresti farci per il 2019!

Lucca, 1 gennaio 2019

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