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Esito del voto del 4 marzo: la tempesta perfetta

di Paolo Razzuoli

Il 4 marzo si è votato ed il responso delle urne è chiarissimo: quello che si temeva, ovvero la vittoria dei sovranisti e populisti, si è puntualmente avverato.
E credo che le ragioni siano assai chiare: precarietà economica, paure identitarie,e desiderio di punire l'arroganza della politica con cui si è abbarbicata ai suoi privilegi.
Sono questi i fattori dietro il successo del Movimento grillino e della Lega.
Fattori che fanno sì che l’Italia, seppure su scala maggiore, non sia un caso isolato rispetto ad altri paesi europei. Quasi dovunque in occidente le inquietudini prodotte dai processi di trasformazione economici e sociali degli ultimi anni hanno alimentato il successo di partiti anti-establishment. In altri paesi tuttavia sono stati tenuti ai margini del governo (ad esempio in Olanda o in Germania) o integrati in coalizioni più moderate con partiti tradizionali (come in Austria). L’unicità dell’Italia sta nel fatto che queste strategie non sembrano disponibili.

I vincitori di questa tornata elettorale sono due: Movimento 5 Stelle e Lega. Assieme si attestano attorno al 50% dei consensi totali seppure la Lega, lasciandosi alle spalle Forza Italia, guidi la coalizione di centrodestra (quella che ha conquistato più voti) alternativa al Movimento. Ma si tratta di una vittoria parallela, con i tratti tipici di una scossa tellurica con forti tonalità anti-sistema e euroscettiche.

Il M5S

Lo straordinario risultato del movimento di Luigi Di Maio è netto. Ha preso una percentuale più alta di circa sette punti rispetto al suo esordio nel 2013. Caso unico a livello europeo. Infatti, gli analoghi movimenti sorti in vari Paesi, hanno perso voti nelle elezioni successive al loro debutto. Non il M5s. Anzi, ha addirittura preso più voti di allora, 10,668 milioni contro 8,691. Soprattutto ha conquistato una posizione assolutamente egemonica nelle regioni meridionali, cosa non vera nel 2013. I dati (Senato) sono straordinari. Complessivamente la sua percentuale di voti al Sud è pari al 43,4% con punte del 48,7% in Campania. Il doppio rispetto al Nord. Insomma, un plebiscito al Sud, dove si è consumata una sorta di Brexit all’italiana, frutto di anni e anni di abbandono e dove la promessa di un reddito di cittadinanza ha attecchito nel deserto di programmi credibili.

La Lega

La Lega Nord, il partito creato da Bossi nel 1991, non esiste più. Di quel partito è rimasto per il momento lo statuto. Con queste elezioni è nato definitivamente un nuovo soggetto, la Lega di Salvini. Da quando è diventato segretario Salvini ha puntato a fare del suo partito una forza nazionale. Ci sta riuscendo ora con la nuova Lega, quella che ha messo da parte secessione e devolution. È così che la Lega nazionale è diventata la prima forza del centro-destra a spese di Forza Italia. Ha rafforzato la sua presenza al Nord e ha accelerato la sua penetrazione in zone che una volta le erano precluse. Nelle regioni del Nord è il primo partito con il 27,3% contro il 12,7% di Forza Italia. Ma soprattutto è diventata una presenza importante nelle quattro regioni dell’ex zona rossa, dove è arrivata al 18,7%, e ha creato per la prima volta una testa di ponte rilevante nel Sud dove ha preso mediamente l’8% con una punta del 13,9% nel Lazio. Il tema immigrazione ha pagato. Il suo voto è più alto nelle province dove è più alta la percentuale di stranieri.

Forza Italia

Per il partito di Berlusconi è la fine di un’epoca. Non solo ha toccato il suo minimo storico, ma soprattutto ha perso la leadership del centrodestra, quello schieramento che il Cavaliere si era inventato nel 1994. Al Nord, dove è nata, è diventata il quarto partito. In Lombardia ha preso solo il 14% (Senato) contro il 28% della Lega. Nel centrodestra italiano inizia una nuova epoca poiché uno schieramento a trazione leghista è cosa deltutto diversa da quello delle origini a guida Forza Italia: un profilo ancor più accentuato dalla profonda diversità dei tratti della Lega di Salvini rispetto a quella di Bossi.

Partito Democratico

Per il Partito Democratico si apre una fase molto delicata. La sconfitta è netta. Il 26,7% ottenuto in quella che era una volta la sua roccaforte è un minimo storico. Ma soprattutto il Pd ha perso il Sud. Lo si era già visto ai tempi del referendum. Il 14,3% in questa zona è anche esso un minimo storico.
Un dato che emerge, al di là di ogni dubbio, dalle elezioni italiane è che anche da noi sta scomparendo la sinistra storica: anche in questo l'Italia si incammina su un percorso già vissuto da altri paesi europei. La classe operaia non esiste più anche se, ovviamente esistono gli operai, anche se in numero minore rispetto al passato, in ragione delle modifiche dell'apparato produttivo. Operai che votano in prevalenza Lega e/o M5S.
Esiste invece un'ampia fascia di elettorato moderato che si è diviso fra vari partiti, in attesa che sulle ceneri di schieramenti ormai defunti possa risorgere qualche proposta che possa degnamente rappresentarne le istanze in ambito politico.
L'indebolimento di Forza Italia potrà spingere molti suoi elettori verso altri approdi, legati al mondo liberal-riformista, ovvero quello che ha cercato di rappresentare Renzi.
Il partito di Renzi è stato sconfitto ma cosa potrà essere il Pd senza Renzi?

Il Governo

L'eventualità che con questa sciagurata legge elettorale dalle urne non uscisse una maggioranza in grado di consentire la formazione di un governo stabile è stata puntualmente confermata. E' un dato preoccupante, giacché la stabilità è il presupposto di qualsiasi incisiva azione di governo: azione di cui l'Italia ha urgente bisogno.

Se l'aritmetica può offrire alcune soluzioni, queste non appaiono praticabili sul versante politico, naturalmente salvo ammucchiate trasformistiche e/o formule di sola sopravvivenza.
La coalizione di centrodestra, pur avendo più seggi della coalizione del Pd e del M5S non ha i voti sufficienti per votare la fiducia ad un governo. Nemmeno i grillini da soli hanno i numeri. La "grande coalizione" Pd-Fi-e alleati" che sarebbe stata l'esito auspicabile in questo contesto disastroso, nemmeno è praticabile.
Restano sul tappeto solo alcune opzioni, sconcertanti sotto il profilo politico: il governo di minoranza dei cinquestelle (appoggiato da chi?), un governo Forza Italia Pd-Lega (difficile vedere insieme Lega e Pd) oppure un governo del M5S con il Pd o la Lega. Dalla lotteria delle urne sono, come si vede, uscite due maggioranze favorevoli a Di Maio. Maggioranze numericamente possibili ma, ripeto, politicamente sconcertanti.
Vedremo se il M5S passerà il rubicone, come qualche segnale lascia intravvedere, abbandonando la tradizionale posizione di sdegnoso rifiuto di qualsiasi alleanza, in favore di una più realistica e governativa capacità di dialogo e confronto con altri.

Con l'avvio della legislatura che si aprirà con l'elezione dei presidenti di Camera e Senato, vedremo le prime mosse sulla scacchiera. Dopo la palla passerà al Capo dello Stato, che si troverà una bella patata bollente fra le mani.
Forse una qualche formula di maggioranza si troverà, e forse non proprio per senso di responsabilità ma per motivi di convenienza (a pensar male si andrà forse all'inferno ma di solito ci si indovina). Sono infatti molti i parlamentari che per la prima volta respirano il clima di Montecitorio e di Palazzo Madama; un clima che evidentemente piace molto, vista la pervicacia con cui i più ci restano abbarbicati. Prima di rischiare di perderlo con nuove elezioni, cercheranno di fare di tutto per restare al loro posto.

Italia ed Europa

L'Italia avrebbe bisogno però di un governo vero, che riuscisse ad affrontare i molteplici nodi interni e a dare risposte chiare sul posizionamento europeo del Paese.
Nel frattempo è quasi banale ricordare che i mercati finanziari non dormono e che l’attenzione sul caso Italia, in Europa e nel mondo, è destinata a salire, non a scendere. Inevitabile: la stabilità del Paese detentore del terzo debito pubblico del mondo e seconda potenza manifatturiera d’Europa è un dato politicamente e economicamente sensibile, tanto più ora che la Germania ha risolto il suo rebus di governo e mentre la Francia di Macron la incalza sul terreno della riforma dell’Eurozona.
Posizioni sovraniste sarebbero un problema per l'Europa quindi attesa preoccupata nelle cancellerie europee e a Bruxelles. Chiusa una campagna elettorale tutta giocata all'insegna di promesse mirabolanti e irrealizzabili, ora si comincia a fare sul serio e i nodi verranno presto al pettine. Con il debito che se pure in leggero calo supera il 130% del pil non ci sono grandi margini di manovra. si potranno forse negoziare nuovi margini di flessibilità ma per questo il governo che verrà dovrà non discostarsi dalla linea seguita sinora: confronto acceso sì, rispetto delle regole. non vi è spazio per finanziamenti in deficit di quanto promesso in campagna elettorale per non parlare dell'abolizione della legge Fornero sulle pensioni che è una delle principali garanzie di sostenibilità del nostro debito pubblico. le regole in tema di conti pubblici si possono e forse si debbono cambiare in Europa, ma lo si fa attraverso la lenta e faticosa trattativa con i partner e con la Commissione Europea. Non con avventurose fughe in avanti.

Alcune considerazioni conclusive

Già è preoccupante la tendenza controriformista, già in atto anche se in modo un po' sottotraccia. Sarebbe un disastro se un governo di impronta populista si lasciasse andare a mosse improvvisate, che potrebbero vanificare quei se pur timidi segnali di ripresa che ha fatto registrare l'economia italiana.
E' inutile nascondercelo: il tema più urgente è quello della competitività del sistema Italia nel suo complesso, una cifra che parte proprio dalla qualità delle politiche pubbliche. Non credo di lasciarmi sovrastare da alcun pessimismo, affermando che i tempi che ci attendono non sono certo incoraggianti.

Ma come si è visto, in politica ormai si fa presto a passare "dalle stelle alle stalle". Renzi docet: nel 2014 circa il 40%, ora al di sotto del 19%.
Questo tempo passerà, così come sono passate altre stagioni complicate della nostra storia.
Ma questo tempo chiama all'appello quella parte della società italiana che non intende piegarsi alla irrazionalità ed alle nostalgie di un passato che mai potrà tornare, così come non intende rassegnarsi all'arroganza di una classe politica che ha fatto di tutto per allontanarsi dal Paese.
Va seriamente ripensato il paradigma valoriale della politica: presupposto per cercare di dar vita all'alba di una nuova stagione di speranza.
Può suonare come una utopia: ebbene, l'utopia è uno dei più formidabili motori della storia dell'umanità.

Ma riportando il focus sulle elezioni, ormai si sente un coro unanime di stroncature di una legge elettorale che ho giudicato pessima tempestivamente e senza appello. i fatti mi hanno dato ragione. Mi permetto ora di aggiungere sommessamente una considerazione paradossale: la bocciatura dell’Italicum per paura di una vittoria del M5S non è bastata a impedirla, così come non è bastata questa pessima legge elettorale, fatta in buona sostanza proprio per impedire ciò che puntualmente si è verificato. Anche questo, uno schiaffo meritato ad una classe politica che nel pensare l'architettura istituzionale e le leggi per l'elezione degli organi di governo ha sempre tenuto in primo piano gli interessi politico-elettorali, anziché affidarsi alla più saggia bussola di una oggettiva e prospettica capacità di valutazione del corretto funzionamento del quadro istituzionale. Senza entrare ora nel dettaglio del tema (già l'ho ripetutamente fatto ed avrò certamente modo di farlo nuovamente), mi pare difficile pensare di poter tornare (presto o tardi che sia) al voto con questa legge elettorale. Ma c'è qualcuno che può ritenere che questo Parlamento sia in grado di approvare una legge elettorale all'altezza della situazione?

E' anche questo, assieme a tanti altri, un interrogativo da porsi all'avvio della XVIII legislatura repubblicana.
Al di là di ogni cedimento allo sconforto, dobbiamo essere consapevoli che essa nasce sotto il segno dell'incertezza e di incognite che potrebbero scatenare una "tempesta perfetta", nello scenario interno ed in quello del posizionamento del nostro Paese nello scacchiere europeo.
Ma, chiudendo con una nota di ottimismo, sappiamo che il popolo italiano è dotato di tante risorse: riuscirà a superare anche questa!!!

Lucca, 6 marzo 2018

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