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Pensioni, è allarme vero: i sistemi previdenziali crolleranno in pochi anni

di Lidia Baratta

Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, i disoccupati nel mondo continuano a crescere. Nel 2018 se ne contano oltre 192 milioni. Ma quello che preoccupa è l‘invecchiamento della forza lavoro, che ricadrà sui già malandati conti pubblici di molti governi

Il mercato del lavoro globale sarà sempre più debole, precario e sbilanciato a favore degli anziani. Le previsioni si trovano nel World Employment and Social Outlook: Trends 2018 dell’ Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo). Secondo il report, i disoccupati nel mondo continuano a crescere: nel 2018 se ne contano oltre 192 milioni, nel 2019 ce ne saranno 1,3 milioni in più. Ma non è solo un problema di scarsità di lavoro. L’Ilo mette in guardia anche sulla qualità in discesa dell’occupazione, con la crescita dei lavori vulnerabili, e lancia l’allarme sull’invecchiamento della forza lavoro globale. A questi ritmi e senza ulteriori investimenti, dicono gli esperti di Ginevra, i sistemi pensionistici attuali non reggeranno più nel giro di pochi anni.

Nel 2018, in realtà, la previsione è che il tasso di disoccupazione globale scenderà al 5,5% (dal 5,6% del 2017). Ma con un numero crescente di persone che entrano nel mercato alla ricerca di un lavoro, il numero totale dei disoccupati arriverà a superare i 192 milioni. Vale a dire 12 milioni in più rispetto al 2005. I disoccupati sono concentrati nei Paesi emergenti. Ma in Europa, anche se i disoccupati continuano a calare, se ne contano ancora 17,7 milioni, di cui oltre la metà a lungo termine (che cercano lavoro da più di due anni) e quasi 3 milioni in Italia.
E nonostante nel vecchio continente il tasso di occupazione sia in crescita, lo stesso non accade per gli stipendi e la qualità del lavoro. I nuovi contratti full time non hanno rimpiazzato quelli persi tra il 2008 e il 2013, con una impennata dei part time, che ormai sono un quarto del totale (+18,7% dal 2008!). E molti, neanche a dirlo, sono involontari: in Spagna, Italia e Grecia coloro che sono costretti a lavorare mezza giornata per mancanza di alternative sono il 60 per cento. La percentuale dei contratti a tempo indeterminato si restringe, mentre quelli temporanei nell’Europa a 28 hanno raggiunto quasi la soglia del 15 per cento. Soprattutto nel settore dei servizi, dove si concentreranno sempre di più eccessivi orari di lavoro e sottoccupazione insieme.
Per scarsità nell’offerta lavoro, legata anche all’automatizzazione di molte mansioni, si lavorerà un numero di ore minore di quanto si vorrebbe. Guadagnando anche meno, ovviamente. «Il sottoutilizzo della forza lavoro», si legge nel report, «è costantemente sopra il tasso di disoccupazione, soprattutto in Croazia e Italia».

Una forza lavoro sottoutilizzata, ma anche sempre più anziana. Con l’aumento globale dell’aspettativa di vita e il calo dei tassi di natalità, la crescita della popolazione mondiale ha tirato il freno. Una conseguenza immediata di questo rallentamento – spiegano dall’Ilo – è che l’aumento della forza lavoro globale non sarà sufficiente a compensare i pensionamenti, con ricadute sia sui sistemi pensionistici che sul mercato del lavoro nel suo complesso.

«Oltre alla sfida che un numero crescente di pensionati crea per i sistemi pensionistici attuali, una forza lavoro sempre più anziana avrà anche un impatto diretto sul mercato del lavoro», spiega Sangheon Lee, direttore del dipartimento ricerche dell’Ilo. «L’invecchiamento potrebbe portare a una riduzione della produttività e a un rallentamento degli adeguamenti del mercato del lavoro in seguito agli shock economici».

Nei Paesi sviluppati come l’Italia, dove l’invecchiamento è più rapido, la stima è che ci saranno cinque lavoratori over 65 ogni dieci entro il 2030 (il 55%). La crescita della popolazione anziana tra i lavoratori, in realtà, interessa anche i mercati emergenti, soprattutto Cina e Russia. Ed entro il 2030, l’età media dei lavoratori salirà a 41 anni. Facendo emergere anche la difficoltà per i senior di tenere il passo con l’innovazione e le nuove sfide tecnologiche.

Non solo. A risentirne saranno anche i conti pubblici. Molti sistemi pensionistici si trovano ad affrontare la sfida di riformare e mantenere livelli adeguati e sostenibili per coprire sia i pensionati attuali sia quelli futuri, spiegano dall’Ilo. «Garantire un accesso adeguato alla copertura pensionistica rappresenta oggi una sfida seria, aggravata dall’invecchiamento della popolazione... I governi dovranno affrontare un peso economico elevato per sostenere la popolazione anziana». Un compito, questo, che «molti Stati sono attualmente impreparati a svolgere a causa dell’ampio deficit nei sistemi pensionistici e dei vincoli fiscali esistenti». Le cifre necessarie, spiegano, «sono allarmanti, data l’attuale crisi del debito pubblico e la sfida crescente di ridurre il rapporto debito/Pil».

Da qui l’aumento dell’età pensionabile decisa da molti governi. Anche se, sottolineano, «in molti Paesi in via di sviluppo continuare a lavorare dopo l’età pensionabile non è una scelta, ma piuttosto l’unico modo per sfuggire alla povertà». Nel mondo, quasi un terzo delle persone in età pensionabile non ha accesso a una pensione. E tra chi ce l’ha, nel 52% non riceve cifre adeguate. Soprattutto negli stati arabi e nell’Africa sub-sahariana, solo la metà degli anziani ha una pensione. E più si hanno lavori di basso profilo, con carriere a singhiozzo, più aumenta la probabilità di avere assegni da fame.
Cosa che vale soprattutto per le donne, più soggette a interruzioni di carriera.

Da qui arrivano le proposte dell’Ilo. «Garantire condizioni lavorative dignitose oggi aumenterà le condizioni di vita decenti in età avanzata», scrivono.
Tra le soluzioni avanzate, ci sono la riduzione delle disparità di genere, le retribuzioni più alte e l’uscita dei lavoratori dal sommerso.
«Le politiche sul salario minimo, ad esempio, avranno effetti a lungo termine nel ridurre la povertà e la disuguaglianza nella vecchiaia», si legge. O ancora: «Le politiche che accreditano i conti pensionistici durante il congedo parentale, e che facilitano una più equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra uomini e donne, avranno benefici a lungo termine, riducendo le lacune nel mercato del lavoro e nella protezione sociale».
Infine, aggiungono, «dotare la forza lavoro che invecchia delle capacità di stare al passo con il ritmo dell’innovazione e della trasformazione nel mercato del lavoro costituirà un’importante sfida e un’opportunità per il futuro del lavoro».

(da www.linchiesta.it)

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