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Le illusioni dei regali elettorali

di Angelo Panebianco

Le convulsioni del Partito democratico, testimoniate ora dallo scontro fra Renzi e Gentiloni sul caso Visco, sono un effetto ritardato della sconfitta di Renzi nel referendum costituzionale dello scorso anno e della conseguente impossibilità di fare convivere una forte leadership come la sua e un assetto istituzionale — confermato dall’esito referendario — adatto solo per una «democrazia senza leader». Quelle convulsioni sono però ora aggravate dall’avvicinarsi delle elezioni. Se la frattura fra Renzi e Gentiloni non verrà ricomposta il Pd andrà probabilmente incontro a un disastro elettorale. Anche perché, come è già chiaro da molti segnali, il principale partito che sorregge il governo è fortemente tentato di smarcarsi in vista della campagna elettorale. Promettendo regali, che non può permettersi, agli elettori, correndo il rischio di essere confuso con le forze che hanno fatto una bandiera dell’irresponsabilità finanziaria.

Nessuno è mai riuscito a fare il conto esatto. Il partito di governo che, all’avvicinarsi delle elezioni, distribuisce brioches al popolo, getta i soldi dalla finestra, si mette a fare regalie elettorali che comprometteranno (e tutti lo sanno benissimo) lo stato futuro delle finanze pubbliche, guadagnerà più voti di quelli che perderà? Saranno di più gli elettori che verranno attirati dal profumo delle brioches o quelli che, disgustati dallo spettacolo, resteranno a casa o se ne andranno da un’altra parte?
Si noti il fatto che fra le due categorie di elettori c’è una asimmetria: i primi , come mostrano sia le finte piazze dei talk show televisivi sia i social networks, sono molto più rumorosi e visibili dei secondi. Se questi ultimi, incapaci di trovare nel menu elettorale qualcosa che li convinca, sceglieranno l’astensione, subiranno poi anche l’affronto di essere fraintesi. I commentatori non riusciranno a distinguere le loro motivazioni da quelle di altri elettori, insoddisfatti per tutt’altre ragioni.

Il dilemma non si pone per le opposizioni irresponsabili, quelle che campano promettendo di cercare la luna nel pozzo o di distribuire l’elisir di lunga vita. Dal loro punto di vista- e anche dal punto di vista dei loro elettori potenziali- tenere conto dei vincoli imposti dalla realtà è un peccato mortale.
Il dilemma si pone invece per le forze di governo, nonché per quelle di opposizione che aspirano a diventare forze di governo. A queste forze, anche a ridosso delle elezioni, conviene oppure no essere guidate dal principio di realtà, fare quadrare i conti, fare o proporre solo riforme che possano avere successo, e che tengano conto dei vincoli (finanziari, giuridici, burocratici, eccetera) esistenti?
La maldestra uscita sulle pensioni di una parte del Partito democratico, il tentativo di accontentare i sindacati (che sono ormai soprattutto organizzazioni al servizio degli interessi di pensionati e pensionandi) mandando in cavalleria gli adeguamenti automatici dell’età pensionabile e ponendo così un’ipoteca sulla sostenibilità futura dei conti pubblici , è una «buona mossa elettorale»?
Potrà far guadagnare al Pd più voti di quelli che gliene farà perdere?
Insomma, saranno di più gli elettori che attratti dal miele divoreranno il frutto velenoso su cui il miele è spalmato o saranno di più quelli che, avendo capito il trucco, se ne andranno indignati, sbattendo la porta?

Non è certo che risulti vera la prima ipotesi. Ad esempio, molti studi sui cicli politico- elettorali, condotti in vari Paesi, mostrano che i partiti di governo che spendono e spandono in vista delle elezioni non sempre sono premiati dal voto. Capita che vengano puniti. Gli elettori non sono uguali, alcuni possono essere abbindolati ma altri no. Si tratta di scommettere sugli orientamenti prevalenti nel Paese. Se si pensa che siano molti di più gli elettori i quali , incapaci di guardare al di là del proprio naso, rispondono positivamente alle regalie elettorali, allora — dal punto di vista di chi va a caccia di voti — ogni possibile mossa demagogica diventa allettante. Se invece si pensa che la quota di elettori che non voterebbero per degli irresponsabili, per gente che si occupa solo del presente a scapito del futuro, sono di più, e potrebbero essere decisivi, allora si deve cambiare musica. Nessuno è in grado di sapere in anticipo chi vincerebbe la scommessa.
C’è però un particolare. Di forze irresponsabili ce ne sono già molte in giro. E’ difficile batterle nella gara a chi le spara più grosse, a chi è più credibile nel promettere la luna. Invece, una proposta rigorosa fatta da politici che si vogliano fare scegliere per la loro affidabilità, potrebbe convincere gli elettori che chiedono serietà, migliorie possibili e a portata di mano, non rivoluzioni. Il grande problema delle democrazie occidentali in questa fase storica è costruire argini contro gli assalti alla diligenza da parte di coloro che si fanno beffe della competenza, di coloro che contrappongono la forza del numero di quelli che non sanno alla (declinante) autorità di chi sa. Il problema delle democrazie, insomma, è trovare nuove soluzioni per fare convivere rappresentanza e buon governo. La demagogia elettorale non è fra quelle.

(dal Corriere della Sera - 28 ottobre 2017)

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