Ne' a sinistra ne' a destra. Guardare in alto.
Idee per un disegno riformista per l'Italia
di Paolo Razzuoli
Qualche giorno fa, anticipando ad un amico il titolo di questo articolo, mi sono sentito chiedere se pensavo ad evocare qualche intervento divino per risolvere i problemi del nostro Paese, visto come stanno andando le cose con il governo degli umani. In verità a questa interpretazione non avevo pensato. Forse però l'amico non ha tutti i torti, visti i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Ma scherzi a parte e restando con i piedi per terra, il focus di questa proposta è appuntato su alcune idee che mi sembrano utili nell'ambito di un disegno riformista per l'Italia, prescindendo dalle tradizionali categorie politico-culturali di destra-sinistra.
Ritengo opportuno far precedere la proposta da una breve premessa in cui esprimo, nella massima sintesi, alcune valutazioni circa l'attualità di tali categorie nei moderni scenari politici nel mondo occidentale, ma puntando prevalentemente l'attenzione sul ruolo e sulle prospettive politiche che hanno in Italia gli schieramenti che a tali categorie più o meno si fregiano di appartenere.
Ormai le prossime elezioni non sono così lontane e le "grandi manovre" sono ampiamente iniziate; a settembre, dopo le ferie, di fatto si entrerà in una campagna elettorale che si preannuncia lunga e dura.
Le categorie di Destra e Sinistra sono comparse nella politica europea sin dalla prima rivoluzione industriale, quindi nella seconda metà del secolo XVIII. Prima in Inghilterra, poi in Francia con la rivoluzione francese, qquindi nelle altre nazioni che hanno ottenuto ordinamenti parlamentari, tali categorie hanno significato, ovviamente tenendo ben presenti i vari contesti storici, la Destra istanze conservatrici e la Sinistra posizioni progressiste-democratiche. Detto così però è troppo riduttivo e non dà conto dell'estrema varietà delle situazioni che a tali categorie sono state riferite.
Sul tema, nel 1994 il celebre filosofo laico Norberto Bobbio pubblicò un fortunatissimo saggio che ha avuto varie ristampe, fra cui una recente con una presentazione di Matteo Renzi.
Destra-Sinistra è anche il titolo di una sagace canzone di Giorgio Gaber, scritta negli anni 1995/1996, quindi poco dopo l'uscita del saggio di Bobbio.
Questo sito si è occupato del tema con due saggi, magistralmente scritti da Andrea Talia, che possono essere letti mediante i link sottostanti:
L’Uguaglianza e il “Mito degli uguali”
Destra e Sinistra (Una rivisitazione).
Molti sono oggi i segnali che mettono in discussione fondamentali categorie che hanno sostanziato l'accezione di Destra e Sinistra: a partire proprio dai concetti di uguaglianza/disuguaglianza e di conservazione/progressismo.
Le straordinarie trasformazioni degli scenari economici, accelerate dalla rivoluzione tecnologica e dalla conseguente globalizzazione, stanno modificando i tradizionali rapporti fra capitale e lavoro in uno scenario di società "liquida" come qualche sociologo ama definirla, in cui i tradizionali blocchi sociali di riferimento sono saltati. Oggi votano a sinistra settori del mondo imprenditoriale, ampi segmenti del ceto medio e dell'alta borghesia delle professioni, esponenti della finanza; a destra votano segmenti della medio-piccola borghesia, ed anche parte del mondo del lavoro e delle fasce deboli, soprattutto in quei settori che stanno pagando il prezzo più salato della globalizzazione.
Sino a qualche decennio fa, soprattutto nelle fasi di espansione economica, il tema di fondo della sinistra era quello della redistribuzione del reddito, fra capitale e lavoro. oggi, nel nuovo scenario di reindustrializzazione e di riorganizzazione dei centri di produzione del reddito, le vecchie cifre interpretative appaiiono "arnesi inservibili". Parametri quali merito, flessibilità, produttività, competitività, sono entrati anche nel lessico e nel patrimonio politico-culturale della sinistra riformista, posto che anche questo versante ha capito che da essi appare realisticamente impossibile prescindere nel mondo globalizzato in cui viviamo.
Passando ora alla dimensione più specificatamente politica,
allo scopo di evitare qualsiasi equivoco indotto dal titolo di questa riflessione, dico subito che non mi accodo a coloro che parlano di fine delle ideologie: affermazione che di per sè è ideologica. Certo, sono finite le ideologie tipiche del Novecento; se per ideologie tuttavia si intendono visioni complessive, ben vengano, oggi ce n'è bisogno più che mai. Sono fra coloro che credono nella necessità della politica, sempre, ma soprattutto nel mondo contemporaneo in cui sembrano saltare tutti i punti di riferimento, con conseguente disgregazione di qualsiasi ordine con esiti di portato imprevedibile. Credo quindi che il mondo contemporaneo abbia bisogno più che mai di politica, ma di una politica aderente ai nuovi orizzonti, quindi non ancorata alle certezze del passato bensì proiettata verso le sfide del futuro.
E' su questa capacità di lettura della contemporaneità e di visione di prospettiva che dovranno riaggregarsi le categorie politico-culturali, che potranno adottare toponomi tradizionali o potranno, forse più utilmente, introdurne di nuovi.
Sono ormai anni che dall'Europa provengono segnali della crisi della diarchia destra-sinistra: l'elezione di Macron all'Eliseo è solo l'ultimo di essi. Ma potrei citare gli altri casi in cui è saltata l'alternatività dei due progetti, in favore di governi di grande coalizione: ne abbiamo avuto esempi anche in Italia, ma cito la Germania e l'Unione Europea. A mio avviso non si tratta di parentesi, bensì di segnali anticipatori del cambiamento degli scenari tradizionali.
Vi è poi il tema della crescita, un po' ovunque, di movimenti nazionalisti (o come si preferisce dire sovranisti) che stanno polarizzando il panorama politico su una diversa e sinora inedita diarchia: internazionalisti-sovranisti. Una diarchia gravida di conseguenze, soprattutto in Europa, per gli esiti che potrebbe avere sul faticoso percorso di integrazione. Le prospettive fra internazionalismo e sovranismo sono tanto diverse e dirompenti, da aver attualmente polarizzato il dibattito politico, ponendo in secondo piano la classica divisione destra-sinistra.
Vengo ora al caso italiano che, neanche dirlo, presenta elementi di specificità. Dopo l'esperienza della cosiddetta prima Repubblica, in cui le ali estreme della destra e della sinistra sono state, se pur per ragioni diametralmente opposte e con pesi di potere decisamente diversi, fuori dell'area del governo nazionale, assistiamo in questi mesi al definitivo fallimento del tentativo di introdurre anche da noi la logica dell'alternanza. E' sotto gli occhi di tutti il fallimento delle aspettative che avevano animato la nascita, negli anni 1993-1994, della cosiddetta Seconda Repubblica: dopo la democrazia bloccata sarebbe arrivata la democrazia dell'alternanza; dopo la democrazia dei partiti, la democrazia dei cittadini. Così non è stato. A oltre vent'anni scopriamo che la democrazia non si è affatto compiuta, che la corruzione non è stata debellata, che la crescita si è rivoltata in recessione
E abbiamo avuto governi di Destra e di Sinistra che, al di là dei proclami elettorali, nulla hanno mostrato di saper fare per affrontare i veri nodi del Paese.
Oggi i due schieramenti, che pur si schermiscono sotto le due tradizionali categorie, ricomprendono tutto ed il contrario di tutto, a partire proprio dal loro biglietto da visita, vale a dire le categorie conservazione/progressismo.
Nell'Italia di oggi nessuno rappresenta a miglior titolo la conservazione di coloro che difendono lo status quo, magari contrabbandandolo per diritti acquisiti. I veri progressisti sono quelli che, prescindendo dalle tradizionali categorie, sapranno scrollarsi dalle spalle i pregiudizi ideologici che hanno bloccato per decenni il Paese, minandone la competitività in ambito europeo e globale.
In modo pragmatico, ho cercato di sintetizzare i punti di un disegno riformista per l'Italia. Un disegno che non saprei se definire di destra o di sinistra, per lo meno rispetto alla condizione degli schieramenti italiani. So invece che è un disegno ambizioso, sicuramente coerente con i bisogni del Paese, non demagogico, quindi realizzabile purché si esca dalla logica della ricerca del mero risultato elettorale immediato.
Si potrà realizzare purché si abbia il coraggio di guardare in alto. Non per evocare un intervento divino che sollevi la classe politica dalle proprie responsabilità, ma assumendo a pieno tali responsabilità quale presupposto irrinunciabile per presentarsi al corpo elettorale con ambizioni di governo.
Immagino che a questo punto mi si chiederà quale schieramento politico italiano ritengo più di altro in linea con il mio disegno. Ebbene, la risposta penso sia implicita nel filo conduttore di questa riflessione. Gli attuali schieramenti non sembrano avere i requisiti per affrontare una situazione di grande complessità.
Occorrerebbe qualcosa di veramente nuovo, non per affollare ulteriormente uno scenario politico sin troppo affollato, bensì per ricondurre ad un progetto di ampia prospettiva e realmente innovativo la miriade di forze, al momento sparpagliate sotto varie sigle, disponibili per un tale disegno.
Un percorso che potrebbe richiamare la vicenda francese di Macron; Ebbene, potrebbe essere una prospettiva interessante
ma, purtroppo, da noi mancano i presupposti istituzionali, oltre che non avere al momento alcun Macron. Infatti è bene ricordare che la vicenda del neopresidente francese ha potuto inverarsi grazie ad un contesto istituzionale (quello della V Repubblica francese) che ha connotati (vedi i poteri del Presidente della Repubblica ed il doppio turno) che da noi farebbero gridare al golpe.
Nell'immediato non è realisticamente immaginabile qualcosa di nuovo all'orizzonte; in prospettiva speriamo che qualcosa possa muoversi: sarebbe un obiettivo su cui impegnarsi concretamente.
Tornando alla proposta programmatica, penso che alcuni punti di essa saranno ricompresi nei programmi elettorali di vari partiti. Quanto a buone intenzioni, la politica italiana non si fa mancare niente.
Le idee per un disegno riformista per l'Italia costituiscono tuttavia un disegno organico ed unitario che non consente amputazioni, salvo minarne l'efficacia. Ritengo altamente improbabile che esso possa rispecchiarsi integralmente in qualche piattaforma politico-programmatica su cui gli elettori saranno chiamati ad esprimersi alle prossime elezioni.
Vi è poi il tema della credibilità: terreno arduo, posto il gap fra chiacchiere e risultati. Comunque, stante l'articolazione dell'offerta politica per le prossime elezioni, (almeno come molto verosimilmente si presenterà), il discrimine sarà in gran parte proprio quello: vale a dire quel residuo di credibilità che i competitori saranno in grado di conquistarsi.
Prima di elencare i punti della proposta, mi piace chiudere con un proverbio orientale: "punta in alto, le stelle non le coglierai ma uscirai dal pantano".
Ebbene, l'Italia ha tanto bisogno di uscire dal pantano in cui si dibatte ormai da troppo tempo... Le risorse certamente non le mancano: è compito della politica saperle esaltare anziché opprimerle, come purtroppo spesso in questi decenni ha fatto.
Idee per un disegno riformatore per l'Italia
- 1. Il Paese non potra' ritrovare una stagione di crescita, anzi non potra' nemmeno salvarsi, senza
l'abbattimento del debito. Unazavorra gonfiata in decenni di scelte scellerate i cui costi sono stati progressivamente scaricati su figli e nipoti. La riduzione del debito non è obiettivo facile, giacché potrà essere ottenuta solo mediante scelte strutturali di grande impatto sul Paese, che solo una politica forte e credibile potrà compiere. Nella breve prospettiva, un po' di ossigeno potrà venire dallo sfruttamento del patrimonio pubblico, che potrà essere alienato stando però ben attenti di non svenderlo.
- 2. L'assenza di lavoro e' la piu' drammatica emergenza del Paese. La riforma del mercato del lavoro varata dal Governo Renzi qualche efetto positivo sembra averlo prodotto: sicuramente non basta. Non si potranno creare nuovi posti
di lavoro senza riduzioni significative del costo del lavoro ed in particolare del cuneo fiscale, unitamente ad una modernizzazione delle regole del sistema.
Vanno ripensate le politiche attive del lavoro e gli ammortizzatori sociali, fra cui la Cassa Integrazione Guadagni che va
riportata alla funzione originaria: quella cioè di sostegno al reddito per aziende momentaneamente in difficoltà, e non per sostenere situazioni decotte che mai potranno recuperare capacità produttive.
Fondamentale è la tutela della dignità del lavoro attraverso: 1) fissazione di parametri che evitino situazioni di sfruttamento incompatibili con la nostra civiltà; 2) individuazione di strumenti repressivi rapidi, semplici ed efficaci, per combattere eventuali abusi.
- 3. Avvio di un vasto programma per l'occupazione femminile attuabile, al di la' delle varie retoriche
sul tema, accrescendo sensibilmente le necessarie strutture sociali, in testa gli asili nido. Andra' poi
disegnata una concreta politica per la famiglia, nel cui seno prevedere i coerenti sgravi fiscali.
- 4. Una incisiva riforma pensionistica che, mentre deve garantire Pensioni decorose per tutti, non
abbia timore nel contempo ad operare tagli più aggressivi alle pensioni d'oro (e ai troppi regali dello
Stato).
- 5. Poiche' l'Italia, coerentemente con la propria tradizione di attenzione ai diritti, deve garantire la
sanità per tutti, non e' piu' eludibile un serio e concreto intervento per riqualificarne, e per quanto
possibile, ridurne i costi. In questa prospettiva, dobbiamo tagliare gli sprechi e togliere molte delle
competenze alle Regioni.
- 6. Creando vere condizioni affinche' Meritocrazia, valutazione e trasparenza totale siano le parole
d'ordine per ridisegnare la pubblica amministrazione. In buona sostanza: "Chi sbaglia paga, e chi e'
bravo viene premiato".
- 7. Incisiva azione di riforma del sistema scolastico e formativo in genere, andando oltre le pur lodevoli direttrici della Legge n.107/2015, PURTROPPO IN PARTE SMONTATE DAL competente miNISTRO DEL GOVERNO Gentiloni.Occorre attivare serie procedure
di valutazione delle performance quindi superando l'attuale autoreferenzialita', introducendo criteri
di premialita' al merito, operando seriamente per un collegamento sempre piu' stretto fra la
formazione e le esigenze dei territori.
- 8. E' ora di stipulare un nuovo patto fiscale fra istituzioni e cittadini, basato su una nuova politica
che impegni tutti a pagare in base alle loro possibilita', e nel contempo lo Stato a render conto con la
massima trasparenza della destinazione del denaro pubblico. Su tale presupposto potrebbe essere ipotizzabile Una
patrimoniale leggera, su grandi patrimoni, ad esempio superiori a due milioni di euro. Credo che nell'ambito di un nuovo patto fondato sulle condizioni indicate, (ovviamente nessuna esclusa), gli italiani sarebbero disposti ad accettarla senza eccessive rimostranze.
- 9. E' indispensabile l'avvio di una vera politica di liberalizzazioni, condizione necessaria per dar
fiato alle energie per fortuna ancora vitali del nostro tessuto sociale. Liberalizzazioni intese anche
come liberazione dai tanti vincoli creati ormai da quasi un cinquantennio di invasione ai danni della societa'
perpretata dal perverso intreccio fra politica e burocrazia. La liberalizzazione non deve essere piu'
vista come qualcosa da temere e da allontanare. Non è un feticcio ma una necessità per la ripresa
del Paese.
- 10. Tenendo ovviamente conto dell'esito del referendum del 4 dicembre 2016, non va abbandonata la necessità di una Profonda revisione del sistema degli strumenti periferici di governo dello Stato e del complesso
delle istituzioni del governo locale, portando avanti le riforme gia' varate, prevedendo altre
razionalizzazioni e accelerando sensibilmente sugli accorpamenti fra Comuni. Tema delicato e
complicato, ma dalla cui soluzione discendono efficacia e efficienza della Pubblica
Amministrazione, slancio alla ripresa, reale diminuzione dei costi della politica. Pur nel contesto costituzionale vigente, sussistono ampi strumenti di intervento la cui attivazione presuppone certo una seria volontà politica.
- 11. Riforma della Giustizia, civile e penale, per rendere il sistema coerente con gli standard piu'
avanzati dell'Unione Europea .
- 12. Seria politica dell'immigrazione, soprattutto con riferimento all'immigrazione per ragioni economiche, distante tanto dagli atteggiamenti muscolari e populisti della destra, quanto dal buonismo franscescano di certo mondo cattolico e della sinistra, entrambi inidonei ad affrontare un fenomeno di estrema complessità e dimensioni. L'immigrazione richiede la messa in campo di grandi capacità di visione politica e di solida credibilità in ambito internazionale. L'Italia ha sicuramente ragione nel chiedere la solidarietà europea ma, nel contempo, deve saper proporre politiche razionali unitamente alla capacità di risultare credibile nel sapersi far carico degli impegni assunti. In questo orizzonte potranno certo essere presi accordi con i paesi di provenienza degli immigrati economici, ed il nostro paese potrà giocare una partita decisiva per l'intera Unione Europea.
- 13. L'immenso patrimonio artistico-culturale e paesaggistico-ambientale italiano potrà, se adeguatamente gestito mediante politiche lungimiranti e non ideologiche, offrire formidabili opportunità di sviluppo in un mondo sempre più globalizzato e interconnesso. Negli ultimi anni qualche segnale nella giusta direzione è arrivato: occorre andare oltre, prendendo a modello esempi virtuosi ampiamente disponibili in molti paesi europei che riescono a trarre profitti da patrimoni ben inferiori quanto a qualità e dimensioni. Da noi il tema risulta particolarmente delicato e di difficile soluzione, sia in ragione della necessità di superare certi tabù ideologici consolidatisi in decenni di supremazia della sinistra nella società politica, sia in ragione della frammentazione e sovrapposizione delle competenze fra i vari livelli di governo. La riforma costituzionale rigettata con il recente referendum conteneva elementi utili; se ci sarà la volontà politica, potranno essere recuperati nell'ambito della ridefinizione dello scenario normativo di settore.
Comunque, anche qui è un problema di qualità e non di quantità. Non è vero che in Italia non si investono risorse nella cultura; il tema vero è che si investono di sovente per alimentare clientele politiche e non per costruire veri progetti di sviluppo del settore. Non raramente le spese culturali assumono in Italia più la connotazione di costi aggiuntivi della politica che non il profilo di veri investimenti di ampio respiro culturale. Occorre quindi un radicale cambio di passo.
- 14. Tema delicatissimo è quello della riforma della burocrazia, di cui tutti parlano, ma in modo sostanzialmente evanescente. La situazione della burocrazia italiana non è frutto del caso, ed affonda le radici nella vicenda unitaria della nazione, a partire dai suoi primi passi. Non a caso già il sessantennio di governo liberale è stato definito "Governo burocratico dello Stato". Burocrazia e politica (e negli ultimi decenni anche sindacato) si sono infatti reciprocamente sostenuti ed alimentati, mediante uno scellerato patto con il quale si sono distribuiti vantaggi reciproci. Mettere le mani in questo vespaio vuole sicuramente dire prendersi tante punture velenose; nel mondo di pavidi ed irresponsabili che affollano la politica italiana, non si vede chi possa avere il coraggio di farlo. Concretamente, un grosso risultato verrebbe sostituendo il silenzio rifiuto, che attualmente vige nel rapporto fra cittadino e burocrazia, con il silenzio assenso. Sarebbe una grande scelta di civiltà giuridica, che potrà dare dignità di cittadini a coloro che oggi la burocrazia considera come sudditi. Sarebbe anche un forte elemento di impulso alla crescita economica, poiché ogni intervento di efficientamento del sistema si traduce in qualche punto di PIL.
- 15. L'esito del referendum sulla riforma costituzionale e gli interventi della Corte Costituzionale sulla Legge Elettorale, lungi dall'aver definito un assetto della materia, lasciano aperte fondamentali questioni su cui dovrà essere riannodato il filo dell'intervento del legislatore. Al di là di come la materia della Legge Elettorale potrà essere definita dall'attuale legislatura (probabilmente nel nulla), nella prossima sarebbe fortemente auspicabile che si creasse un ampio fronte riformista che quanto meno, mediante una legge elettorale di forte connotazione maggioritaria, riuscisse ad assicurar omogeneità politica ai due rami del Parlamento. Sarebbe un modo concreto ed in linea con gli attuali scenari costituzionali (per ora non modificabili), per limitare le complicazioni del bicameralismo paritario. E' un discorso complicato ma io credo che chi avrà il coraggio di riprendere questa bandiera, ora giacente in terra, per issarla su un pennone visibile, farà certamente un servizio importante al Paese e, in prospettiva, potrà anche raccogliere buoni frutti sul versante del consenso elettorale.
- 16. Mettere in campo provvedimenti atti a sconfiggere la diffusa corruzione, in una prospettiva di oggettività e senza ipocrisie e/o presunzioni di superiorità morale, smettendola con la logica del rigore per l'avversario e di indulgenza per l'amico.
- 17. Sviluppare una seria politica estera, con particolare attenzione ai temi europei, contribuendo con decisione allo sviluppo di azioni capaci di imprimere una spinta in avanti al processo di integrazione. Una politica che dovrà essere costruita senza ambiguità e senza ipocrisie. Se infatti appare sicuramente corretta la richiesta di revisione di varie politiche comunitarie, non ci si può nascondere che la politica italiana ha cercato di scaricare sugli organi di Bruxelles proprie inadeguatezze e proprie pavvidità, in tal modo massimizzando i danni: perdita di credibilità nello scenario internazionale e, sul fronte interno, aiuto alla diffusione di mentalità anti-europea che andrà ad ingrossare il bottino elettorale dei partiti sovranisti. L'Italia potrà giocare un ruolo importante nel percorso che l'Europa è chiamata a percorrere; il prresupposto indispensabile sarà quello di recuperare una autentica credibilità internazionale, oggi molto compromessa.
- 18. Infine, ma non certo per ultimo di importanza, una fondamentale questione di metodo. I punti
elencati vanno affrontati globalmente, non solo perche' parziali riforme non sono sufficienti, ma
perche' solo nell'ambito di un complessivo e riconoscibile disegno riformatore, si puo' sperare che la
societa' italiana possa riconoscersi, superando il ben noto e cronico arroccamento alla difesa degli
interessi di parte e/o di corporazione, il piu' tenace ostacolo sul quale si sono sinora infrante anche
le piu' timide aspirazioni riformatrici.
Cliccare qui per scaricare la proposta in formato pdf
Lucca, 30 lugliio 2017
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