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Primarie Pd e libro dei sogni

di Paolo Razzuoli

Siamo ai blocchi di partenza della campagna congressuale dei tre candidati per la segreteria del Partito Democratico.
Nello scorso fine settimana i contendenti la segreteria hanno scaldato i motori. Renzi ha aperto la sua corsa a Torino, al Lingotto: una scelta simbolicamente significativa giacché è proprio in quella sede che nacque il Pd, a guida Veltroni.
Entra quindi nel vivo la gara con Emiliano e Orlando e sapremo quindi come articolerà il suo programma alla guida del partito e del Governo. Di entrambi, visto che - per quanto si sa - vuole mantenere nello Statuto la regola del doppio ruolo – segretario e premier.

Ma anche Emiliano ed Orlando non sono stati a guardare: Emiliano è andato a Firenze, la città di Renzi, per dire che con l'ex segretario-premier il Pd non vincerà sicuramente le elezioni; Orlando, a Roma, ha prospettato una traiettoria politica chiaramente divergente da quella renziana, auspicando un accordo coinvolgente l'intero campo della sinistra, quindi anche con i cosiddetti "scissionisti": strategia in rotta di collisione con la prospettiva politica di Renzi.

Al di là della traiettoria politica, vi sono differenze anche nelle indicazioni di contenuto. I tre aspiranti leader stanno mettendo sul tavolo e proponendo differenti ricette. L’ex premier punta su una piattaforma riformista in linea con la sua azione di governo, Emiliano rilancia il taglio del cuneo fiscale e dell’aliquota Irpef dal 23 al 20%, Andrea Orlando si concentra su diseguaglianze e povertà.
all’Irpef pensava pure Renzi per l’ultima manovra del suo Governo: la sconfitta al referendum gli ha impedito di poterci mettere le mani.
Insomma ci sono tutti i presupposti per un grande match, che ciascun candidato giocherà con impegno sino alla Zona Cesarini, per attrarre gli elettori Pd che il prossimo 30 aprile si recheranno al voto per le primarie di quel partito.
Un match che non riguarderà solo il Pd ma che è destinato a pesare sui prossimi sviluppi della vicenda politica italiana. Il Pd è al momento il partito di maggioranza relativa e, comunque vadano le prossime elezioni, nell'immediato futuro è agevolmente ipotizzabile che continuerà ad esercitare un forte peso sulla politica nazionale.
Una competizione, quella interna al Pd, che al di là di brutali calcoli di liste elettorali sottintende l'eterno conflitto nella sinistra, fra l'anima liberal-riformista da una parte, e quella giacobina e massimalista (figli e nipoti della democrazia progressiva) dall'altra. Chi vincerà le primarie, non solo farà le liste per le prossime elezioni politiche, ma potrà imprimere al Pd una svolta, o in un senso o nell'altro, con evidenti ripercussioni sull'assetto dell'intero scenario politico italiano.
La vicenda quindi interessa tutti gli italiani, a prescindere da come vedono il partito.

L'Italia si riformerà solo sbarazzandosi del suo retaggio politico e culturale. Il riformismo ha sempre avuto da noi una vita grama: la vicenda del referendum sulla riforma costituzionale ne costituisce una cartina di tornasole.
Nell'interesse di una prospettiva liberal-riformista, che sarebbe un bene per il Paese potesse avere un impulso, sarebbe auspicabile la vittoria di Renzi.

Ma a prescindere da chi vincerà la competizione per la segreteria Pd, c'e' una variabile che nessuno dei tre concorrenti ha finora avuto il coraggio di dire: quella che il programma presentato per la conquista degli elettori potrebbe essere un bluff.
Quello che infatti i tre avversari non dicono, è che con l'attuale situazione di bicameralismo paritario e con l’attuale legge proporzionale uscita dalle sentenze della Consulta, all’indomani del voto per il rinnovo del Parlamento, (poco importa se alla scadenza naturale o anticipato) il rischio sarà quello di non avere maggioranze chiare e solide. E dunque che lo scenario più probabile è l’impasse istituzionale, forse meglio dire l'inciucio (espressione meno nobile ma più realistica), cioè la difficoltà di trovare i numeri in Parlamento per formare un Governo, o se si troveranno,non potranno essere che governi di basso profilo riformatore. In pratica, si stanno raccontando misure che non saranno mai attuate in assenza di una prospettiva di vera governabilità.

Di questo i tre candidati non parlano. Propongono programmi come se fosse quasi scontato il presupposto delle condizioni di fattibilità politica. Credo sia invece opportuno spiegare agli elettori, quindi anche a coloro che si recheranno alle urne delle primarie Pd, che tra un anno ci si potrebbe trovare in una condizione peggiore di quella del 2013 che portò al Governo delle larghe intese con Berlusconi. Peggiore perché quattro anni fa c’era ancora un premio di maggioranza che veniva attribuito senza una soglia, adesso per farlo scattare serve conquistare il 40% dei consensi. Un traguardo che, stando ai sondaggi di oggi, è inarrivabile per tutti i partiti e anche per i 5 Stelle.
Tema sicuramente delicato nell'attuale situazione del Pd, dove toccare questo argomento vuol dire mettere il dito nella piaga del 4 dicembre che ha archiviato le riforme istituzionali.

Quindi la prospettiva più realistica è quella di un periodo di fragile governabilità e di conseguente arretramento di qualsiasi seria ipotesi riformista: un danno per il Paese, con buona pace per i vari Zagrebelsky, Rodotà e seguaci vari.

Nell'interesse del Paese, interesse quindi di spessore che va ben oltre il recinto del Pd, sarebbe importante che i tre aspiranti leader ci indicassero la loro proposta per garantire una vera governabilità, presupposto per conferire credibilità alle proposte di contenuto politico.
Per il momento nessuno si vuole assumere la responsabilità di fare una battaglia vera, e non di testimonianza, per correggere le regole elettorali uscite dalla Consulta e riparare in parte ai danni. Così si condanna la prossima legislatura, e probabilmente una fase politica assai più lunga, ad una condizione di instabilità e ingovernabilità, quindi all'impossibilità di dare concretezza a qualsiasi promessa politica. Promesse quindi che alimenteranno il "libro dei sogni", quella voluminosa raccolta di buoni propositi regolarmente smentiti dai fatti, che ha scandito il tempo della politica italiana ormai da troppo tempo.

Ingovernabilità che porterà acqua al mulino della conservazione, di qualsiasi colore si ammanti.
Questo Paese è straordinario anche nei paradossi: nessuno ha il coraggio di dichiararsi conservatore, ma nei momenti cruciali la conservazione ha sempre il sopravvento sul riformismo....

Lucca, 13 marzo 2017

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