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Immigrazione ed Europa a cerchi concentrici. Il Consiglio Europeo di Malta

di Paolo Razzuoli

Il 25 marzo 2017 ricorre il sessantesimo anniversario della firma dei Patti di Roma, con i quali iniziò il cammino dell'Unione Europea.
Un sessantesimo anniversario che non cade in un momento particolarmente felice delle istituzioni europee e della storia del nostro continente.
Una crisi che sta alimentando populismi ed euroscetticismi che, se non adeguatamente affrontata, rischia di compromettere un processo (quello dell'integrazione europea) che, a mio modo di vedere, è essenziale per immaginare un futuro dignitoso.
Una crisi che non deve farci dimenticare (o peggio sottovalutare) lo spessore e l'importanza del percorso fatto dal secondo dopoguerra ad oggi; un percorso la cui importanza e grandezza si comprenderà a pieno pensando, anche solo per un attimo, a cosa era l'Europa alla fine degli anni '40.

In questo contesto, la ricorrenza del sessantesimo anniversario della firma dei Patti di Roma rischia di trasformarsi in un vuoto rituale. IL rilancio dell'Europa non ha certo bisogno di rituali: ha bisogno di politiche lungimiranti, attraverso cui recuperare i valori fondanti del suo percorso di integrazione, che con non comune lucidità dettarono i suoi "Padri fondatori", quali De Gasperi, Adenhauer, Schumann e Spinelli. Valori che debbono costituire un forte richiamo a non farsi ingannare dalle illusorie sirene di una politica appiattita su interessi immediati, ma debbono rappresentare una sicura guida per saper guardare in avanti, per saper anche sacrificare interessi immediati quando questi pregiudichino un disegno di prospettiva.
Purtroppo, diciamolo senza infingimenti, non è stato sempre così; anche la storia recente (vedi vicenda libica), attesta il fallimento di avventure motivate da interessi immediati (nello specifico il petrolio), i cui esiti destabilizzanti non sono stati però adeguatamente calcolati. Errore con cui ora dobbiamo drammaticamente fare i conti.

In vista del vertice romano della fine di marzo, che speriamo possa rappresentare un momento utile per il rilancio dell'integrazione europea e del ruolo del vecchio continente nel mondo, lo scorso 3 febbraio si è svolto - a Malta - un incontro (definito informale) del Consiglio Europeo: un incontro a 27, giacché l'Inghilterra non era presente.
Un summit caduto in un momento in cui l'Europa è stretta tra una politica americana sempre più isolazionista e la clamorosa scelta della Gran Bretagna di abbandonare il progetto comunitario.

I lavori del vertice sono stati in gran parte dedicati al tema dell'immigrazione e ad una preliminare discussione delle linee generali della dichiarazione che dovrà simboleggiare i festeggiamenti previsti a Roma il 25 marzo.

Circa l'immigrazione, è stato approvato un piano che prevede una nuova collaborazione con la Libia. Piano che recepisce i principi dell'accordo firmato il giorno precedente a Palazzo Chigi fra il nostro presidente del Consiglio Gentiloni, e quello del governo libico internazionalmente riconosciuto, Al-Serraj.
Per la dichiarazione del sessantesimo, La diplomazia italiana ha fatto circolare un rapporto con gli obiettivi che il testo dovrebbe prefiggersi: ribadire l’unità dei paesi membri; promuovere la prosperità economica; difendere la libera circolazione; e assicurare all’Europa un ruolo globale.
Belgio, Olanda e Lussemburgo hanno trasmesso una relazione contraddistinta dai principi: la sussidiarietà, la proporzionalità, il rispetto dell’acquis communautaire, ovvero "(diritto) acquisito comunitario"). Vi si legge, tra le altre cose: «Diversi percorsi di integrazione e una migliore cooperazione potrebbero portare risposte efficaci alle sfide che riguardano gli Stati a diversi livelli».

Si torna quindi a discutere di Europe a cerchi concentrici.
La cancelliera Angela Merkel non ha escluso che questa strada possa in effetti essere percorsa. Dichiarazione che ha suscitato sorpresa e perplessità. A questo proposito mi pare utile proporre ai lettori di Fucinaidee il testo di una nota inviata al direttore del Corriere della Sera dal Ministro degli Esteri, Angelino Alfano, con cui di fatto si dice che l'Europa a più velocità già esiste.

Il rapido allargamento dell'Unione Europea, se da un lato ha rappresentato un dato di ritrovata coesione del continente fra ovest ed est dopo la caduta del muro di Berlino, dall'altro ha reso molto più complesso il processo di integrazione, poste le diversità di Paesi aventi alle spalle esperienze estremamente divaricate.

Capisco le difficoltà ad accettare un cambiamento di rotta che va a minare un principio avente un forte significato ideale. Tuttavia, giacché "l'ottimo è nemico del buono", se ciò risultasse utile per uscire dall'Impasse in cui ci dibattiamo, ben venga.
Delresto il principio della doppia velocità già lo abbiamo adottato con l'Euro, con l'Area Schengen e con altre politiche europee.
Il tema vero è quindi quello di come tale scelta potrebbe essere gestita: tema non certo secondario, su cui la governance europea dovrebbe dimostrare di essere all'altezza del compito.

Per approfondire

Lucca, 5 febbraio 2017

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