Di Antonio Rossetti
La frase “non sono più i tempi nostri” , oppure “erano altri tempi”, viene utilizzata spesso per evidenziare differenze che è possibile riscontrare nella vita un po' convulsa, anche troppo, di oggi.
La fretta, non solo la fretta, si riscontra in episodi che richiederebbero ben altra riflessione e sopratutto conseguenze diverse in relazione alla gravità di un atteggiamento o di un comportamento.
Prendo come riferimento la “richiesta di scuse”.
Negli anni della mia gioventù era normale chiedere scusa quando per errore si urtava in un braccio al bar, si pestava inavvertitamente un piede in presenza di molta gente, o in qualche altra circostanza nella quale la frase era segno di cortesia per una leggera disattenzione e di solito la risposta era un sorriso e li finiva.
Oggi la richiesta di essere scusati riguarda atteggiamenti e comportamenti di una gravità elevatissima e quasi sempre sono tardivi ed in presenza di reazioni all'accaduto.
Prendo in considerazione 3 casi, pur sapendo che ve ne sono di più gravi, ad esempio quando si uccidono per errore persone in guerra o per incidenti stradali o per altre situazioni più o meno legate alla volontà di chi compie l'atto. mi riferisco alle dichiarazioni del Ministro del lavoro Poletti, della capogruppo del Pd in Regione Veneto Moretti e al Sindaco di Roma Raggi.
La richiesta di scuse è del tutto inaccettabile in quanto non si tratta di situazioni causate da disattenzione, comunque non volute, ma di scelte chiare e volontarie.
Se Poletti ha detto quella frase sui giovani che sono costretti ad andare all'estero per lavorare ( alcuni meglio non averli tra i piedi, così è stata riportata nella sostanza) le ipotesi sono due ho la frase è sfuggita, quindi è inaffidabile e non si trova a suo agio nella carica che ricopre, oppure ci ha pensato bene e quindi è inadatto a fare il Ministro del lavoro dove, guarda caso, il problema dell'occupazione per i giovani, nel nostro paese, è al primo, o comunque tra i primissimi argomenti da affrontare per ridurre il numero dei senza lavoro. Se la pensa così il Ministero del lavoro non è nelle mani giuste, o nella testa giusta.
Non basta chiedere scusa, non ha pestato un piede al bar, deve essere conseguente al suo pensiero e lasciare il posto di Ministro del lavoro essendo inadatto.
La signora Moretti era in vacanza in India con tanto di foto, dice “ho fatto la cosa sbagliata”, figuriamoci, se l'ha fatta non è perché ha urtato un braccio facendo versare il caffè ad un cliente al bar, in questo caso la scusa era possibile, ma lo ha deciso fregandosene di tutto e di tutti.
La decisione di rinunciare alla carica di capogruppo del PD è poca cosa, mi auguro che vi siano provvedimenti adeguati come avviene, in casi analoghi, per coloro che hanno un rapporto di lavoro, ovviamente il Caso Moretti è molto più grave ed è assimilabile a quello delle spese pazze nelle tante regioni d'Italia.
Infine il sindaco di Roma Raggi, chiede scusa per nomine sbagliate. Anche in questo caso non si tratta di un episodio di disattenzione da “ scuse, in francese o in inglese fa lo stesso.
Le nomine dei componenti la Giunta, di un qualsiasi comune, sono responsabilità del sindaco, e nel comune di Roma si è svolta una selezione sulla base di titoli e competenze, capacità e onestà di tante persone, almeno così è stato comunicato, per una carica di assessore, altri li ha scelti senza “concorso”, ritenendoli all'altezza, si presume.
I consigli non li ha ascoltati, spesso è così chi ha il cappello decide come vuole, ma poi non si può chiedere scusa. Gli errori di valutazione si possono commettere, ma la responsabilità non si può nascondere.
La sig.a Raggi, forse, si trova di fronte ad un compito che aveva sottovalutato, ma per gli errori non si può chiedere scusa continuamente, o dire che altri li hanno fatti prima di lei, questo è certamente vero per Roma, ma arriva il momento che non è più nemmeno proponibile come dichiarazione di scuse.
Ho considerato questi casi senza avere per niente una posizione pregiudiziale verso le tre persone, al contrario questi casi rendono ancora più complicato il percorso di un rinnovamento della politica e la fanno assomigliare al vecchio che tutti chiedono di superare ma che è sempre presente e vegeto.
Ci sono altri casi?
Si e ne parleremo senz'altro, ma finiamola con la richiesta di scuse quando c'è la volontà piena nel compiere quegli atti nel sostenere posizioni in modo esplicito. Se sono errori si paga in proporzione alla gravità dell'errore, punto.
Lucca, 21 dicembre 2016