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Alcune considerazioni sul dibattito per la fiducia al Governo Gentiloni

di Paolo Razzuoli

IL dibattito parlamentare per la fiducia al Governo Gentiloni non ha certo offerto belle pagine alla politica italiana. Le cose dette, e gli atteggiamenti tenuti da molte forze politiche, non hanno certo dato l'impressione di essere ispirati a rispetto istituzionale e ad ancoraggi politici riconducibili ai problemi del Paese.
E' stata messa in scena una pantomima che ha richiamato i motivi più triti degli interessi di parte, in un contesto in cui le forze che hanno costituito il fronte del non al recente referendum, sperano di poter capitalizzare al massimo il consenso alle elezioni ormai assai vicine.
Per loro, i problemi del Paese sono sembrati come lo sfondo su cui giocare una partita tutta incentrata sulla prospettiva elettorale.

Questo purtroppo - a mio avviso - costituisce il "prologo" della "commedia" (forse sarebbe più appropriato del dramma) che andrà in scena prossimamente nei palazzi della politica italiana che conta.
Un dramma che si svolgerà in barba ai veri problemi del Paese, sia di natura interna che internazionale, e i cui esiti peseranno soprattutto sulle giovani generazioni, che più delle altre hanno bisogno di un Paese moderno e competitivo.
Strano destino, per i giovani di questo Paese che, almeno per quanto si dice, hanno votato in prevalenza no al recente referendum. Un autogol, frutto di un atteggiamento di protesta per certi versi anche giustificato, ma che ha contribuito a bloccare una riforma di cui l'Italia aveva bisogno, ed è servito a rimettere in sella un pezzo di classe dirigente della quale invece non si avverte certo la necessità.

Vediamo ora alcuni singoli temi.
Anzitutto, credo che in un contesto "normale", chi vince dovrebbe anche sentire il dovere di assumersi responsabilità di governo. Qui no, alla proposta di condivisione di responsabilità il fronte del non ha opposto un rifiuto. Allora appare singolare che si critichi chi questa responsabilità se la assume. Gentiloni ha detto "Abbiamo anzi rivolto una proposta all' insieme delle forze parlamentari per individuare una convergenza più larga. C'è stata un'indisponibilità".
Ma chi avrebbe dovuto assicurare il governo del Paese?

Incredibili le parole del capogruppo di FI Brunetta: forse pensa che gli italiani siano tutti sciocchi.
"Il no alla fiducia è un no al renzismo da cui deriva purtroppo il suo gover- no", ha detto rivolgendosi al neo premier Gentiloni. "La ringrazio per il tono e il fair play,cui non era- vamo più abituati, tuttavia sento un grande malessere nel Paese per lo stato della nostra democrazia". E attacca il Pd:"Avete diabolicamente diviso il Paese, non ve lo perdoneremo mai, non ve lo perdoneranno gli italiani".
Ma ricordate la proposta di riforma costituzionale di Berlusconi? Ricordate Brunetta quale Ministro della Pubblica Aministrazione?

Un paragrafo a sè meritano coloro che si sono assentati dall'Aula. Bel rispetto delle prerogative del Parlamento e della Costituzione... Per mesi si urla che si vuole esautorare il Parlamento, poi si abbandona in un passaggio fondamentale quale la fiducia al governo....
Fra questi non potevano certo mancare i grillini. Comunque quando ha preso la parola il loro capogruppo, Giulia Grillo, sono rientrati per sostenerla mentre diceva "Voi siete nessuno, una classe politica già vecchia e destinata a sparire,l'ultimo colpo di coda di un sistema duro a morire". "La sfiducia è stata già vo- tata il 4 dicembre" e "vi presentate con un Renzi-bis, senza rispetto dei cittadini"."Vi lasciamo al vostro patetico teatrino".
Evidentemente si sentono come i grandi eredi del no, di cui pensano di mietere i frutti più dolci ed abbondanti: quelli del prossimo governo del Paese.

Fra gli usciti anche i leghisti il cui capogruppoFedriga ha comunque fatto la dichiarazione di voto per spiegarci che "Questo governo è una fotocopia del governo precedente: sotto la maschera del presidente Gentiloni si nasconde la piovra renziana". "Il suo governo sfida la volontà degli italiani" per questo "la Lega non parteciperà alla votazione".

Prescindendo da qualsivoglia valutazione si dia della qualità del nuovo Governo, credo che la fotografia contornata dalle opposizioni sia preoccupante. Al di là di affermazioni più o meno pesanti, di effetto, a volte anche volgari, mi pare assente qualsiasi idea di prospettiva, esclusi gli orizzonti elettorali e l'illusione di realizzo cavalcando la protesta. Ma la protesta è ben altra cosa rispetto alla proposta, e penso che il primo atto della "commedia" si metterà in scena presto, con l'avvio di un adempimento ineludibile: la nuova legge elettorale, rispetto alla quale gli orizzonti sono profondamente divaricati. Ma la politica non è il teatro, anche se un signore oggi molto di moda, che un tempo faceva il comico, sta cercando di ottenere consensi in politica continuando a fare il suo vecchio mestiere. E' da augurarsi che gli italiani - frequentatori del melodramma e della commedia - non dimentichino che il teatro e la vita non sono la medesima cosa.

Il dibattito, anche se il più acceso, è sicuramente il "sale della democrazia".
Lo è quando è un dibattito su idee, visioni, prospettive socio-culturali; sarebbe estremamente positivo se la politica riuscisse a prospettare vere visioni di governo fra loro alternative, su cui gli elettori potessero scegliere con chiarezza. Purtroppo non sarà così. Dalla contrapposizione referendaria Si-No non discendono certo due proposte di governo alternative. Se è possibile che attorno al Sì possa essere costruita una ipotesi politica, ciò non appare realistico attorno al fronte del No, unito certo nella "pars destruens" ma totalmente diviso nella "pars construens".
Nel contesto che si è creato, si andrà con ogni probabilità verso una legge di impianto proporzionale. I partiti si presenteranno agli elettori senza una proposta di schieramento, che sarà definito in ragione dell'esito elettorale. Insomma come si è fatto sino al 1992, quindi riportando indietro di un quarto di secolo le lancette della storia della Repubblica, ed annullando un dibattito che ha fatto versare un oceano di inchiostro e milioni di ore di chiacchiere radio-televisive.

Questo sicuramente voleva quel pezzo di classe dirigente che con il No ha salvato ruolo e poltrone. Non so se questo volevano molti italiani che hanno votato No, spinti da una voglia di protesta di cui non hanno probabilmente valutato compiutamente gli esiti.
I prossimi mesi potrebbero essere complicati nel Parlamento e nel Paese. Nel Parlamento, che comunque sulla nuova legge elettorale dovrà trovare una qualche via d'uscita; Nel Paese, visto che si annunciano manifestazioni di piazza di vario segno. Un clima capace di accrescere la frammentazione della società italiana, peraltro alimentata un po' da tutti negli ultimi vent'anni, in una fase in cui ci sarebbe invece bisogno di condivisione e di serenità. I problemi non aspettano certo i tempi della politica: la competitività del Paese, le fragilità finanziarie, i delicatissimi problemi dell'immigrazione, la situazione dei terremotati, richiedono risposte celeri e concrete.
Su questi temi ocorrono proposte vere e non ingannevoli proclami. Si può illudere la gente con le promesse, ma non si può ingannare con gli esempi già dati.
Gli italiani sapranno ricordarsene.

Lucca, 15 dicembre 2016

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