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Dei giorni di Guido Piovène

 

Di Federico Bini

 

27 luglio 1907 ­ 12 novembre 1974 Della nascita e della morte, e poi quell'intermezzo di tempo, la vita, incerta e crudele, scrutata dai gelidi occhi di angelo e insospettabile killer. In quel nomignolo breve, fanciullesco, fragile e timido, quasi sfuggente, alla cui pronuncia si dissolve e disperde nell'aria, lasciando sul volto un leggero sorriso, si nasconde tutto il segreto di un personaggio insolito e ineffabile prima che scrittore, che potremmo incontrare casualmente come passante nel Pinocchio di Collodi o in qualche bottega descritta da Flaubert. La fragilità in Guido Piovene, che la malattia `' misteriosa e tremenda'' cit. Enzo Bettiza, renderà ancora più esile e tormenterà un'esistenza iniziata in un agio disperso tra il gioco paterno e la mondanità, e condizionata dalla mancanza di amore materno, rimpiazzato ­ nel senso letterale del termine dall'educazione rigida e fortemente cattolica del nonno paterno:<< l'uomo che ho amato di più nella vita>>. E Guido, dei Conti Piovene Porto Godi, nobile stirpe veneta, luogo di nascita fu

Vicenza, giocò - termine che più gli si addice - con le parole ( e non solo ) modellandole e ricomponendole come un puzzle. Un gioco da ragazzi per chi fu allievo di Antonio Borgese, docente e gran penna del Corriere borelliano, temuto persino da Benito Mussolini, al tempo in cui l'odg Grandi era solo un lontanissimo presagio di una pazza Cassandra. Piovene, come molti dei giovani promettenti giornalisti e scrittori si consacrò nel tempio del giornalismo, il Corriere della Sera, in Via Solferino, su intercessione di Ugo Ojetti, dominus incontrastato della pagina letteraria. Attraversò il Fascismo, stando dentro e fuori, soprannominato dai maligni il `Conte rosso', fu giornalista, ma soprattutto scrittore, saggista e narratore, nonché gran viveur. Lettere di una Novizia ( 1941), I falsi redentori ( 1943), Pietà contro Pietà ( 1944), Viaggio in Italia ( 1957), La Coda di Paglia ( 1962), Le Furie ( 1963) ed Europa Semiliberata ( 1974). Sullo sfondo i grandi classici amati fin dall'infanzia: il Tasso, Tolstoj ma soprattutto Dostoevskij:<< Piovene, scrittore di forma francese, ma d'ambiguità dostoevskiana >> cit. Enzo Bettiza. In Piovene coesistono due forme, distanti ma nello

stesso tempo pronte a sovrapporsi. Uno sfondo nero, inesplorabile, pauroso e quasi criminale, tanto che un giorno Adolfo Franci disse a Montanelli tra il vero e il faceto:<< Oh, bambino (...) Ma te convivi con due criminali, che se gli salta in testa di vedere come vai all'altro mondo, ti fanno secco senza alcuna esitazione: Buzzati per vedere come ti trasformi in angelo, Piovene per guardare la tua smorfia mentre muori>>. E uno sfondo bucolico, dolce, divino in cui emerge il fresco profumo della rugiada mattutina sparsa tra le campagne venete, laddove si andavano nascondendo magnifiche ville rurali e signorili, lasciate all'incuria e sommerse di edera, in cui la notte, calando, avvolge in un manto di terribile oscurità, dove solo il rumore degli animali e il fruscio del vento che muove le foglie, cadute e accartocciate, rompe il silenzio, assordante. << L'autodefinizione che egli dette una volta della sua arte, << irrazionalismo critico >> ne rispecchia l'intima drammaticità >>, così scrisse Geno Pampaloni, celebre critico letterario, dalle colonne de Il Giornale Nuovo, Una lucida disperata unità, nel salutare Piovene che passava a miglior vita, senza fare in tempo, e Dio sa se veramente ce l'avesse fatta, a realizzare

quel << romanzo totale >>, summa capolavori di pioveniana memoria. Legatissimo a Montanelli da immutata stima e leale amicizia, messa tuttavia a dura prova la domenica, quando era costretto ad attendere la puntuale chiamata da San Siro, dove Piovene, amante del gioco, rimasto senza un centesimo, chiamava Indro se poteva andare a prenderlo. Al Giornale si dedicò alla `' terza pagina'', fiore all'occhiello del neo nato quotidiano. Ascoltatissimo, sempre In servizio, lettore dalla prima all'ultima pagina del suo Giornale, Presidente della Società Europea, fumatore incallito, amante dell'arte e dei libri, condivise questa avventura con Mimy che gli fu vicino fino all'ultimo. Quando la morte, da tempo avvicinatasi al suo corpo, lo portò via con se il 12 novembre del 1974, in quella Londra che definì la `' una metropoli vestita di nero '', una città funerea, in cui tutti gli abitanti avevano `' il loro cravattino a lutto ''.

 

Lucca, 12 novembre 2016

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