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Commento introduttivo

Confalonieri interpreta nell'intervista rilasciata al Corriere - a mio modo di vedere - una posizione coerente con il sentire del blocco sociale di riferimento del progetto berlusconiano. Progetto nato nel 1994, nel contesto di profonda crisi del sistema politico, che già da allora ha posto la riforma istituzionale come uno dei suoi punti prioritari.
Delresto Berlusconi ci ha anche provato, nel 2005, con una riforma che venne approvata dal Parlamento e che, con il referendum del 2006, è stata bocciata.

Quella riforma non era uguale a quella attuale, ma ne condivideva numerosi obiettivi e, su vari versanti, andava oltre, ad esempio ipotizzando un ampliamento dei poteri dell'esecutivo non contemplati dalla riforma Renzi-Boschi.
La riforma Berlusconi, concepita da un gruppetto di saggi riuniti in una baita dolomitica, era in efetti un pasticcio, al di là di obiettivi condivisibili. La sua bocciatura non ha lasciato particolari rimpianti.

Oggi lo scenario è ben diverso. La riforma, certamente non perfetta, è sicuramente migliorativa rispetto all'esistente. L'interrogativo a cui penso si debba rispondere con la scelta referendaria è apunto questo: questa riforma è utile o no per il Paese? La mia risposta è sicuramente che sì, è utile, anzi, è necessaria.

E' necessaria ed è nelle corde del progetto berlusconiano: progetto che, a chi lo esamini con serietà, risulta ben altra cosa rispetto alle posizioni oggi espresse dal cosiddetto centrodestra.
Ce lo insegnano delresto anche figure di primo piano di quel progetto, quali l'ex Presidente del Senato Marcello Pera e l'ex Ministro Urbani, che hanno dato vita ad un comitato di sostegno al Sì.
Se il blocco sociale di riferimento del berlusconismo voterà nel merito, non potrà che schierarsi con il Sì. Se invece seguirà gli obiettivi politici dei vari Brunetta, Romani ecc., farà un'altra scelta ma ciò significherà la sconfessione di una parte rilevante di quel disegno.

Ma Berlusconi, al di là di qualche presa di posizione più o meno formale, cosa pensa veramente? Lui che ha creato (e poi rotto) le condizioni per un ampio consenso parlamentare della riforma, è mai possibile che possa condividere una posizione tanto miope?
Ebbene, il "controcanto" di Confalonieri potrebbe essere un segnale interessante. Appare difficile immaginare che un'intervista al Corriere del Presidente Mediaset non possa aver avuto una qualche benedizione da parte di berlusconi.
Le osservazioni al riguardo di Lina Palmerini mi sembrano interessanti. Le propongo all'attenzione dei lettori di Fucinaidee.

Paolo Razzuoli

Il controcanto di Confalonieri

di Lina Palmerini

Nell’assenza - temporanea - di Berlusconi e in attesa che faccia campagna contro il referendum, Confalonieri ha detto la sua. «Penso che oggi faccia fino dire no». Uno schiaffo a Forza Italia che l’ha bollata come una posizione «aziendale».Ma al Cavaliere interessano le ragioni dell’azienda?
Quello di Fedele Confalonieri è stato un vero e proprio controcanto fatto allo schieramento di centro-destra. In un colloquio con il Corriere della Sera ha raccontato le sue riflessioni sul referendum che non sono certo di contrarietà. E ha parlato del clima che lo circonda. Ha ricordato che anche ai tempi della Dc nessuno dichiarava di votare per lo Scudo crociato che però puntualmente vinceva le elezioni. E ha messo in guardia dai sondaggi. «Ma quelli che stanno in Parlamento sono davvero convinti che vinca il No al referendum? Sono sicuri dei sondaggi che danno Renzi perdente?».

A chi parlava il presidente di Mediaset? A chi diceva che «oggi fa fino dire No al referendum»?
Certamente è un messaggio “amichevole” al premier. Ma ha soprattutto l’effetto di ri-bilanciare lo schieramento di centro-destra oggi interpretato dai “no” battaglieri di Brunetta e Romani. Che infatti hanno reagito a quelle parole bollandole come la posizione di un uomo d’azienda e non di un politico. Ma il paradosso sta proprio qui. Perché le critiche degli esponenti del centro-destra hanno una premessa implicita. E cioè che a Silvio Berlusconi non interessi l’azienda, che si muova secondo logiche diverse, perfino contrarie e opposte alle imprese che ha fondato proprio insieme a Confalonieri. È qui che ci si perde. Nel credere in un disinteresse del Cavaliere per Mediaset. Ed è un azzardo fare oggi, dopo vent’anni di storia che dimostra il contrario, una cesura netta tra l’uomo politico Berlusconi e l’imprenditore.
Sembra invece più verosimile che questa cesura non ci sia, nemmeno oggi, e che questo spieghi molto della cautela con cui l’ex premier si sta muovendo. È vero che ci sono motivi di salute ma Confalonieri mette sul tavolo argomenti su cui Berlusconi certamente riflette. Per ragioni aziendali ma anche perché una parte del suo elettorato la pensa come il suo braccio destro. In fondo è quello che dice il Governatore della Liguria Toti che ieri replicava al presidente di Mediaset, azienda in cui lui stesso ha lavorato per anni. «È un imprenditore e manager ed è ben noto che propenda per la stabilità. Tutte le imprese e gli uomini d’impresa tendono a evitare le incognite che possono interferire con il business».
Per anni Berlusconi è stato l’interlocutore proprio di questo mondo del business che oggi appare disorientato e calcola gli effetti economici dei due scenari, del sì e del no. E se il presidente di Mediaset si espone per curare gli interessi di Mediaset è però anche vero che finisce per rappresentare quella parte di elettorato di centro-destra che ha gli stessi suoi interessi e gli stessi dubbi sul “no”.

Tutto questo accade mentre Berlusconi non è sulla scena. Durante la sua assenza ha lasciato che nascesse questo doppio registro, del sì e del no, che con molte forzature oggi si attribuisce alla versione politica/azienda. Una versione che il Cavaliere ha sempre saputo riportare a unità. E anche questa volta, a un certo punto, lo farà. Non prima che i sondaggi sull’esito referendario saranno credibili. A loro si affiderà per dosare la sua campagna elettorale e tutelare il politico e l’imprenditore.

(dal Sole 24 Ore - 8 ottobre 2016)

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