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Dieci domande e dieci risposte.

Tante buone ragioni per votare "SI'" al referendum.

 

 

Di Paolo Razzuoli

 

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     1. Da decenni è ampiamente condivisa la necessità di snellire il nostro Parlamento, superando il doppione di due Camere aventi gli stessi poteri. La riforma va incontro a questa esigenza?

     Si', con la riforma Viene superato il vecchio bicameralismo paritario (due Camere con gli stessi poteri) con la previsione di un rapporto fiduciario esclusivo fra Camera dei deputati e Governo. In poche parole, la fiducia al Governo sarà data dalla sola Camera dei Deputati. Il Senato è pensato  quale organo di rappresentanza delle istituzioni locali.

Dalla riforma ne trarrà vantaggio sia il rapporto fiduciario fra Governo e Parlamento, che rimane in capo alla sola Camera dei deputati, superando così i problemi derivanti da sistemi elettorali diversi, sia l'iter di approvazione delle leggi.

 

     2. Si sa che in Italia l'approvazione delle leggi è molto lenta e complicata: situazione che spesso porta anche alla stesura di leggi confuse che contengono un po' di tutto. La riforma migliora questa situazione?

     Si', il percorso di approvazione delle leggi viene semplificato e migliorato. I percorsi di approvazione delle leggi vengono articolati in due modelli principali: 1) con l'approvazione delle due Camere, quando si tratta di revisione costituzionale o di leggi di attuazione dei congegni di raccordo fra Stato e autonomie; 2) con l'approvazione della sola Camera dei Deputati, in tutti gli altri casi.

 

     3. Soprattutto dopo la riforma del 2001, si è creata una gran confusione fra poteri dello Stato e poteri delle Regioni. La riforma affronta questo problema?

     Si', con la riforma del Titolo V della Costituzione. Sono infatti ridefiniti i rapporti fra lo Stato e Regioni nel solco della giurisprudenza costituzionale successiva alla riforma del 2001, con conseguente incremento delle materie di competenza statale. Nello stesso tempo la riforma definisce meglio  materie proprie di competenza regionale, cui corrispondono in gran parte leggi statali limitate alla fissazione di “disposizioni generali e comuni”.

Con la riforma, il rapporto Stato-Regioni risulta molto più chiaro.

 

     4. I contrari alla riforma parlano di aumento dei poteri del Governo con conseguente minaccia per la democrazia. Cosa c'e' di vero?

     Assolutamente niente. Anzi, i poteri normativi del governo vengono riequilibrati, con una serie di più stringenti limiti alla decretazione d’urgenza introdotti direttamente nell’articolo 77 della Costituzione. I contrari alla riforma non possono far finta di dimenticare l'impiego elevato della decretazione d'urgenza a cui i governi, di ogni colore, hanno fatto ricorso  nel corso degli ultimi anni. 

  Per evitare poi che le proposte del Governo vengano insabbiate dagli ostruzionismi, viene loro riconosciuta una corsia preferenziale e la fissazione di un periodo massimo di settanta giorni entro cui il procedimento deve concludersi.

Il Parlamento potrà anche rigettare la proposta del Governo; dovrà comunque votarla. 

 

     5. Si sente parlare di svolta autoritaria. Ha fondamento questa preoccupazione?

     Assolutamente no. Si tratta di una menzogna messa in giro per spaventare l’opinione pubblica.   Il sistema delle garanzie viene anzi significativamente potenziato: il rilancio degli istituti di democrazia diretta, con l’iniziativa popolare delle leggi e il referendum abrogativo rafforzati, con l’introduzione di quello propositivo e d’indirizzo per la prima volta in Costituzione;un quorum più alto per eleggere il Presidente della Repubblica.

Del resto i contrappesi al binomio maggioranza-governo sono forti e solidi nel nostro paese: dal ruolo della magistratura, a quelli parimenti incisivi della Corte costituzionale e del capo dello Stato, a un mondo associativo attivo e dinamico, a un’informazione pluralista.

 

     6. Sono ormai decenni che si sente parlare di enti inutili. La riforma affronta questo tema?

     Si’, è prevista una decisa semplificazione istituzionale, attraverso l’abolizione del Cnel e la soppressione di qualsiasi riferimento alle province quali enti costitutivi della Repubblica.

 

     7. Sul versante della riduzione dei costi della politica incide la riforma?

     Si’ incide, anche se non è questo l’aspetto prevalente di essa, né potrebbe esserlo.     Comunque, lo sforzo per ridurre o contenere alcuni costi della politica è significativo: 220 parlamentari in meno (i senatori sono anche consiglieri regionali o sindaci, per cui la loro indennità resta quella dell’ente che rappresentano); un tetto all’indennità dei consiglieri regionali, parametrata a quello dei sindaci delle città grandi; il divieto per i consigli regionali di continuare a distribuire soldi ai gruppi consiliari; e, da subito,  la fusione degli uffici delle due Camere e il ruolo unico del loro personale.

 

     8. Si sentono molte critiche alla nuova legge elettorale. Quale rapporto c’e’ fra la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale?

     Tecnicamente nessuno. La Camera dei Deputati, con il nuovo ruolo previsto dalla riforma, potrebbe essere eletta con qualsiasi sistema elettorale. Il Senato non sarà più eletto direttamente perche’ espressione delle Regioni, che potranno pero’ prevedere dei meccanismi di indicazione dei senatori nelle loro leggi elettorali.

 Diverso è il discorso sulla governabilità e sulla costituzione di una maggioranza politica, rispetto al quale il tema della legge elettorale e’ rilevante.

 

     9. Si sente dire che questo Parlamento non è legittimato ad intervenire sulla Costituzione. E’ vero?

     Si tratta di un argomento del fronte del no, che dimostra la loro incapacità di misurarsi con il merito della riforma. E’ vero che la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la Legge Elettorale del 2005, ma parlare di delegittimazione per questo del Parlamento è fuori luogo. Naturalmente è legittimo interrogarsi ed esprimersi sulla qualità della classe politica, ma penso che spostare l’attenzione su questo tema nasconda l’assenza di argomenti per contestare la riforma che, diciamolo con chiarezza, affronta temi ampiamente dibattuti in Italia, sin dai tempi della Costituente, che fece certe scelte più per ragioni di quadro politico che per convinzioni tecniche.
Comunque il ricorso al referendum chiude la questione, spostando sul corpo elettorale e non sul Parlamento la responsabilità finale della decisione.

 

     10. Qual è l’argomento più importante su cui gli elettori debbono riflettere prima di dare il loro voto?

     L’argomento di riflessione più importante è la risposta a questa domanda: “la riforma migliora le istituzioni di governo italiane, consentendo al Paese di riprendere un percorso di sviluppo nel contesto attuale?” La risposta è decisamente si’, al di là di questo o quel dettaglio, su cui si può non essere d’accordo.

  Al di fuori di ogni catastrofismo, la vittoria del no aprirebbe una nuova stagione di instabilità politica che l’Italia non può permettersi. E’ proprio questa instabilità che vogliono i sostenitori del no, (siano essi nel Pd o nei partiti di opposizione), per potersi rimettere in gioco attraverso le logiche di interdizione tipiche delle mancanze di maggioranze chiare.

 Attorno al no, si sono ritrovati tutti coloro che – a vario titolo – sperano di bloccare qualsiasi cambiamento del Paese.

Su questo i giovani sono chiamati a riflettere con attenzione, perché il futuro appartiene soprattutto a loro.

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Lucca, 22 settembre 2016

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