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Istat: Gelata sulle aspettative di crescita
Nel secondo trimestre del 2016 il Pil è fermo a zero.
Il nodo centrale sono le riforme.

di Paolo Razzuoli

I dati resi noti dall'Istat il 12 agosto hanno gelato le aspettative di crescita dell'economia italiana che, nel secondo quadrimestre del 2016, ha fatto registrare una battuta di arresto con il Pil (prodotto interno lordo) fermo a zero.
Non va meglio sul versante del debito pubblico. Bankitalia ne ha comunicato il suo nuovo record: 2.248 miliardi a giugno. E cio' nonostante l'incremento degli introiti fiscali: infatti Bankitalia rende noto, relativamente alle somme che affluiscono nelle casse dello Stato, che a giugno le entrate tributarie contabilizzate sono state pari a 45,1 miliardi (41 mld nello stesso mese del 2015). Nei primi sei mesi del 2016, questa voce è stata pari a 197,4 miliardi, in crescita del 5,5% rispetto al corrispondente periodo del 2015.

Il dato va sicuramente contestualizzato in uno scenario di crescita debole soprattutto in Europa. Anche questa volta pero' il confronto risulta perdente per il nostro Paese, come emerge anche dal comunicato Istat che integralmente riporto:

"Nel secondo trimestre del 2016 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,7% nei confronti del secondo trimestre del 2015.
Il secondo trimestre del 2016 ha avuto una giornata lavorativa in più del trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al secondo trimestre del 2015.
La variazione congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell'agricoltura e dei servizi e di una diminuzione in quello dell'industria.
Dal lato della domanda, vi è un lieve contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte), compensato da un apporto positivo della componente estera netta.
Nello stesso periodo il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% nel Regno Unito e dello 0,3% negli Stati Uniti, mentre ha segnato una variazione nulla in Francia. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,2% nel Regno Unito, dell'1,4% in Francia e dell'1,2% negli Stati Uniti. Nel complesso, secondo la stima diffusa il 29 luglio scorso, il PIL dei paesi dell'area Euro è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell'1,6% nel confronto con lo stesso trimestre del 2015.
La variazione acquisita per il 2016 è pari a +0,6%."

Sin qui l'Istat.
Alcuni dati emergono con chiarezza dal testo: il comparto agricolo e dei servizi va meglio dell'industria, l'export va meglio della domanda interna, il nostro Paese cresce meno dell'area Euro, che a sua volta cresce meno del Regno Unito o degli Stati Uniti.
Sono dati importanti, non incoraggianti, destinati a farsi sentire nella messa a punto della prossima Legge di stabilita'. Il testo, secondo le promesse, dovrebbe contenere provvedimenti da tempo attesi dal settore produttivo: riduzione del cuneo fiscale, riduzione dell'Ires, risorse per gli investimenti infrastrutturali e cosi' via. Obiettivi resi difficilmente raggiungibili in un contesto di crescita cosi' debole.
Gia' si parla della richiesta di maggior flessibilita' alle autorita' europee di Bruxelles. Puo' anche darsi che la richiesta venga soddisfatta; non e' tuttavia immaginabile che si possa agire sempre con l'accrescimento del debito pubblico che, come emerge dal dato di Bankitalia sopra riportato, in giugno ha raggiunto un nuovo record.

Il ragionamento sulla crescita del nostro Paese ci porta dritto al tema delle riforme strutturali, senza le quali qualsiasi serio ragionamento sul tema risulta effimero e portatore di nuove illusioni. Certo il contesto globale non aiuta ma, senza girarci intorno, le due direttrici su cui agire per la crescita sono quella della produttivita' e quella della competitivita' del sistema Italia. Due temi da decenni nell'agenda della politica, ma che per il momento, nonostante i proclami, hanno visto interventi certamente utili, ma ben lontani dalle necessita'.
Dal 2014 in poi il Governo ha sicuramente operato nella direzione giusta, anche se per ora in modo assai timido. Provvedimenti come la riforma del mercato del lavoro e/o la riforma della Pubblica Amministrazione vanno nella direzione giusta. Per onesta' intellettuale, penso che stante le sabbie mobili della politica italiana, alcune scelte del governo e del Parlamento possano risultare assai coraggiose, se pur, come dicevo sopra, sono assai timide rispetto al bisogno.
I temi primari sono quelli della riduzione della spesa pubblica e di una profonda revisione del rapporto fra cittadini e Pubblica Amministrazione. Un rapporto che consideri gli italiani veri "cittadini" e non "sudditi". Una riforma quindi che inverta una condizione che, sostanzialmente, ha caratterizzato l'intera storia italiana dal tempo della sua unita'.

L'intreccio scellerato fra politica e burocrazia, che si sono reciprocamente sostenute e garantite, ha portato ad un sistema di ingerenza e pesantezza dell'apparato pubblico abnorme rispetto al contesto dei paesi con cui l'Italia deve misurarsi. La catena di adempimenti e di scartofie richiesta agli italiani e di gran lunga superiore a quella richiesta ai cittadini degli altri stati europei e non. Mi ha colpito quanto ho recentemente appreso da un mio conoscente di assoluta fiducia che mi ha detto che nell'Indiana, stato degli USA in cui risiede, ha attivato una ditta artigianale con 17 Dollari. Gli adempimenti ed i lacci e lacciuoli imposti a chi da noi vuole aprire un'attivita' sono tali da scoraggiare anche i piu' tenaci: nuove attivita' sorgono ovviamente anche da noi, ma non raramente solo grazie al sostegno pubblico.
Qualcuno obiettera' che gli adempimenti sono necessari per garantire il rispetto degli interessi della collettivita'. Anche da questo punto di osservazione, il fallimento e' sotto gli occhi di tutti: fra i Paesi evoluti, il nostro non ha concorrenti quanto a dissesto idrogeologico provoccato da interventi umani, abusivismo edilizio, corruzione e cosi' via.

Da noi c'e' bisogno di entrare in profondita' nei meccanismi del rapporto fra apparato burocratico e cittadini; occorre entrarvi dentro, diciamo mettendo mano a "cacciavite e chiave inglese", per smontarne ogni parte logora per sostituirla con qualcosa di nuovo e di adeguato al tempo che viviamo.

Un lavoro ciclopico, soprattutto se immaginato nel nostro consolidato scenario politico. Il ragionamento quindi non puo' che approdare al tema della politica e della sua capacita' di affrontare le riforme.
In questa prospettiva, il referendum costituzionale del prossimo autunno e' di vitale importanza.
Chi segue questo sito, sa bene che io reputo il quadro istituzionale della riforma complessivamente molto migliore di quello attuale. Ci sono alcuni aspetti che avrebbero potuto essere sistemati meglio ma, diciamolo senza infingimenti, quasi sempre si tratta del risultato di concessioni fatte alle minoranze, che ora sono coalizzate per il "no", in una strana alleanza che va dalla Lega, passa per Forza Italia per approdare a SEL e pentastellati.

La verita' e' che il fronte del no, per ragioni varie, e' unito dal denominatore comune di ostacolare una riforma che, se sara' confermata, potra' costituire il punto di partenza del dispiegarsi del necessario piu' ampio disegno di cambiamento del Paese.
Qualora dovesse prevalere il no, cio' sarebbe la vittoria delle conservazioni, (nel Paese ve ne sono molte) ed il conseguente blocco per vari lustri di qualsiasi respiro riformatore.

Di questo blocco il Paese non ha certo bisogno, se vuole stare al passo con i suoi competitor. Un messaggio che spero venga capito soprattutto dalle nuove generazioni, a cui appartiene maggiormente il futuro.
Speriamo che non si lascino incantare da certe sirene ingannatrici che, dietro la fedelta' ai valori costituzionali (sacrosanta e che la riforma ovviamente non scalfisce), e con una narrazione punteggiata da un "dettaglismo" con cui si cerca di nascondere la valutazione complessiva della riforma, sono in realta' funzionali all'ampio e variegato ventaglio delle forze che si muovono affinche' nella societa' italiana nulla cambi.

MI si perdoni la franchezza.....

Per approfondire

Produttività, la chiave per sbloccare il Paese
di Guido Gentili

Lucca, 16 agosto 2016

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