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Se decide lo 0,12% dei cittadini europei

di Alberto Quadrio Curzio

Brexit passerà alla storia come una scelta sbagliata e molto costosa legittimata dalla volontà popolare di circa 650mila persone, cioè dello 0,12% dei 500 milioni di cittadini della Ue. Questo è infatti il numero di voti che, spostato dai pro-uscita ai pro-Europa, avrebbe fatto prevalere questi ultimi. Celebrare questo evento come il trionfo della democrazia è molto arduo. Ma è anche difficile spiegare perché la Ue arriva qui del tutto impreparata. Adesso si pongono tanti problemi che ridurremo a quattro: 1 giorno=40 anni; tempistica Brexit; motivazioni e azioni;investimenti immateriali.

1 giorno=40 anni.

Il primo ministro Cameron nel suo “resignation speech” del 24 giugno ha messo tanta retorica e autostima così confermando la sua “lungimiranza” di aver promesso prima un referendum per vincere le elezioni nazionali e poi per non averlo regolato legislativamente con delle maggioranze proporzionate all’importanza del tema che mette a rischio anche l’unità della Gran Bretagna. Intaccare con un referendum consultivo la Ue e il Regno Unito sarebbe un vero record!
Secondo l’Ocse la Gran Bretagna avrà da Brexit una perdita di Pil superiore al 3% entro il 2020 e una (più pessimistica) fino a quasi l’8% entro il 2030. L’elenco dei danni è impressionante e va dal crollo degli investimenti esteri in Uk, a quello delle esportazioni, a quello dell’accesso ai finanziamenti europei per la ricerca. Se Cameron avesse piena contezza del danno che ha prodotto con il referendum, dovrebbe uscire di scena immediatamente invece di auto-fissare ad ottobre il suo “exit” facendo adesso discorsi ispirati dalla democrazia referendaria e dalla libertà dei popoli. Appare perciò strano che i commenti di altri capi di stato o di governo europei inizino quasi tutti con grandi dichiarazioni di deferenza verso la “volontà popolare britannica dello 0,12%” ma anche con certo risentimento verso Londra piuttosto che verso l’artefice dell’errore: David Cameron.

Tempistica Brexit.

In base all’articolo 50 del Trattato di Lisbona tocca allo Stato che recede dare comunicazione formale della decisione. Da quel momento decorrono due anni per regolare i nuovi rapporti tra la Ue e lo stato “secessionista”. Se dopo due anni, durante i quali la Gran Bretagna non cambia il suo status di membro della Ue, gli accordi non sono stati conclusi, c’è la separazione totale che imporrà ad Uk di rinegoziare ogni rapporto con la Ue (verso la quale esporta più del 40% dei suoi beni e servizi) commerciale, finanziario e regolamentare.
Sulla modalità del Brexit ci sono tante tesi differenziate. La prima è quella che emerge dal comunicato ufficiale dei presidenti delle istituzioni europee che, pur con diplomazia, chiedono che la Gran Bretagna avvii subito la procedura. Successivamente Juncker ha usato espressioni più dure verso Uk parlando di “divorzio non consensuale” e quindi prefigurando un contrasto marcato. La seconda è quella del cancelliere Merkel che ha auspicato un clima «buono ed obiettivo [senza ]cattiveria» nelle trattative per l’uscita. La terza è quella del Parlamento europeo che ha espresso un voto per una sollecita uscita. Infine vi è la più sorprendente: quella di Cameron che vuole dilazionare l’innesco dell’art. 50 quando il Governo britannico(quale?) avrà le idee chiare sul piano di exit! E che, nel frattempo, accusa la Ue di aver causato Brexit per l’incapacità di gestire le migrazioni. Urge un nuovo primo ministro britannico che porti subito il Paese alle elezioni. Ed allora avrebbe anche senso rinviare l’innesco dell’art. 50 e dare spazio alla posizione della Merkel. Si potrebbe così evitare una trattativa astiosa che sarebbe negativa sia per la Ue che per Uk in quanto tanti sono i legami,visibili e invisibili, tra queste due entità. Il tempo serve per non commettere troppi errori in un percorso inesplorato dove non bisognerà rallegrarsi per quella delle parti che avrà più danni. Né sarebbe da rammaricarsi se passando il tempo intervenisse qualche evento nuovo che consentisse ai britannici di ripensarci senza perdere la credibilità ed alla Ue di non perdere la dignità. La calma non significa dare ragione a Farage e ad altri euro-distruttori.

Motivazioni e azioni.

Anche la Ue deve però fare un esame di coscienza su come è arrivata impreparata a questa situazione lasciando che la crisi economica diffondesse un grande senso di sfiducia sulle istituzioni europee e sulla loro capacità di coordinare 28 Paesi con 500 milioni di abitanti. Il modello europeo è quello della cooperazione tra popoli e Stati con l’opzione delle cooperazioni rafforzate tipo eurozona purché dotate di strumenti adeguati. Affidare una crisi come quella iniziata nel 2008 alla sola logica tedesca di “risanare” i conti pubblici dei Paesi “devianti” mediante il rigore fiscale lasciando crollare gli investimenti e quindi la crescita e l’occupazione ha danneggiato l’identità europea presso i popoli della Ue e della eurozona. L’euroscetticismo si è così diffuso anche in quei Paesi come Uk che data la loro situazione economico-istituzionale stavano gestendo la crisi in piena autonomia. Non c’è stato un minimo tentativo di intervento pubblico comunitario o coordinato per contrastare una potente crisi, per rassicurare i risparmiatori e gli investitori, per dare ai disoccupati una prospettiva di ripresa. Sono invece cresciute norme più complesse e più rigide affidate alla tecnocrazia con la Bce che puntellava l’eurozona ma non con l’improvvido “bail in” bancario. Tra le innovazioni prioritarie vi è per noi quella del rilancio degli investimenti e delle infrastrutture dove mancano all’appello rispetto ai trend storici circa 300 miliardi nel 2015. Si faccia a tal fine una fusione tra il Fondo Esm e lo Efsi (Fondo europeo per gli investimenti strategici) creando un potente strumento finanziario europeo che emetta Eurobond acquistabili dalla Bce e che in collaborazione con la National Promotional Banks (magari potenziate con i finanziamenti o con la partecipazione di Esm) abbia la più ampia discrezionalità di intervento. Se necessario anche con qualche Fondo satellite per contenere aggressioni speculative sui mercati.

Investimenti immateriali.

La Ue e la Uem devono potenziare il partenariato pubblico-privato che esprime al meglio il modello europeo della solidarietà creativa e della sussidiarietà nei livelli di governo.Non è retorica sostenere che gli investimenti immateriali in scienza, istruzione e cultura creano convinzioni e competenze europee. Lo dimostra il successo del progetto Erasmus di cui hanno fruito milioni di giovani dal 1987 e il fatto che da scienziati, universitari, intellettuali dentro e fuori la Gran Bretagna cresce la preoccupazione di separare due parti essenziali e complementari della cultura mondiale.

(dal Sole 24 Ore - 30 giugno 2016)

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