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Breve commento introduttivo

Un certo clamore ha fatto il vivace scambio di opinioni in Senato fra l'attuale Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ed il Presidente emerito, Mario Monti.
Un confronto che si e' prodotto su un tema delicato e di estrema importanza per il paese: i rapporti con gli organi comunitari di Bruxelles.
Il tema e' molto complesso e - come ben e' emerso in questi giorni, si presta a strumentalizzazioni e dietrologie.
Personalmente ho qualche perplessita' sul modo con cui Renzi sta gestendo i rapporti con la Commissione Ue. Su molte questioni pero' credo non abbia torto, come detto anche dal Sen. Monti, quindi le mie perplessita' riguardano prevalentemente questioni di metodo.
La vicenda Renzi-Monti mi pare meriti un approfondimento. Gia' Fucinaidee ha pubblicato una riflessione di Marcello Sorgi; ora proponiamo ai nostri lettori un intervento estremamente interessante dello stesso Sen. Mario Monti, con allegati due contributi dallo stesso Monti richiamati nella sua riflessione.

Paolo Razzuoli

Diversi, vicini. Così l'Europa tra me e Renzi.

di Mario Monti

Voglio dare atto al presidente Renzi di essere andato, nella vibrata replica al mio intervento, dritto alla sostanza dei temi oggetto di dissenso. Poiché oggi vedo pericoli di "uso" spregiudicato dell'Europa nelle battaglie interne per il consenso, sto intervenendo nel dibattito in vari Paesi europei per fare quel poco che posso per contrastare questa tendenza. In primo luogo lo faccio, e continuerò a farlo, nel mio Paese. Credo però che il consenso tra me e il premier sia più ampio di quanto egli abbia affermato.

Caro Direttore, la ringrazio per l'attenzione che il Corriere della Sera , in particolare con gli articoli di venerdì a firma di Aldo Cazzullo e di Federico Fubini, ha riservato allo scambio di opinioni che ho avuto mercoledì nell'aula del Senato con il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Spero che quel dibattito schietto abbia contribuito a chiarire meglio agli italiani alcune questioni sull'Italia e l'Europa che troppo spesso vengono affrontate in uno spirito di pura polemica politica, mentre sono essenziali per il ruolo e il destino dell'Italia.

Voglio dare atto al presidente Renzi di essere andato, nella vibrata replica al mio intervento, dritto alla sostanza dei temi oggetto di dissenso, senza che nelle sue parole - ma anche, ne sono convinto, nei suoi pensieri - vi fosse la minima traccia di quell'alone che invece in questi casi sembra appassionare tanto i commentatori politici. Perché Monti avrà sferrato questo "attacco" a Renzi? Che cosa ci sarà sotto e, ancor più, dietro? E i mandanti? Sarà l' establishment italiano, la tecnocrazia europea o qualche potenza straniera?
Credo sia noto che ho idee mie sull'integrazione europea, formatesi nel corso di una vita di studio e di lavoro, sia tecnico sia con responsabilità politiche, nel governo dell'Europa e dell'Italia. Siccome penso che un'Europa integrata sia condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché i Paesi europei vivano in pace tra loro e si sviluppino civilmente ed economicamente; così come penso che senza essere saldamente inserita in un'Europa integrata l'Italia farebbe ancora più fatica ad essere al passo con i tempi, ho sempre considerato mio dovere fare tutto il possibile per evitare che l'Europa diventasse inefficace o si incamminasse verso la disintegrazione e per evitare scollamenti tra l'Italia e l'Europa. Ho cercato di farlo con la parola nelle fasi in cui non ho avuto altri strumenti; con l'azione quando ne ho avuti, come membro della Commissione europea e poi capo del governo italiano, chiamato in un momento in cui rischiava appunto di spezzarsi l'appartenenza del nostro Paese all'eurozona, con la probabilità che anche questa venisse travolta.

Poiché oggi vedo pericoli, di altra natura ma non meno gravi e non solo in Italia, di "uso" spregiudicato dell'Europa nelle battaglie interne per il consenso, sto intervenendo nel dibattito in vari Paesi europei per fare quel poco che posso per contrastare questa tendenza. In primo luogo lo faccio, e continuerò a farlo, nel mio Paese.

Non avendo avuto la possibilità, come è ovvio, di rispondere in Senato alla replica del presidente Renzi, tocco qui brevemente alcuni punti da lui sollevati.
Anzitutto, credo che il consenso tra noi sia più ampio di quanto egli abbia affermato. Per esempio, ritengo anch'io che "l'Europa, ad un certo punto, si è fermata" e che essa oggi purtroppo "vive di tattica più che di disegno strategico". Una delle ragioni principali, ed è apprezzabile che a denunciarla sia uno dei capi di governo maggiormente dotati di capacità mediatiche, è che ai Consigli "le priorità sembrano essere più dettate dall'urgenza di rispondere alle questioni mediatiche, che non da un disegno strategico sul futuro dell'Europa".
Ritengo poi - e mi piace rilevare questa concordanza in un periodo in cui tanti invocano un pieno recupero della sovranità nazionale - che il presidente Renzi e io stiamo dalla stessa parte sulla questione più profonda di tutte - quella appunto della sovranità. "Più si affermano i vincoli internazionali e più vengono limitati i poteri dei singoli Stati; l'orientamento verso la limitazione dei poteri sovrani ha una base etica, in quanto razionale nelle sue premesse universalistiche, contrarie alle teorie delle monarchie assolute dell' ancien régime , ai nazionalismi dell'Ottocento, al nazismo e fascismo dell'anteguerra, che contenevano in sé un virus individualista e statalista con tendenze contrarie alla morale" (Luigi Sturzo, 1938). "Uomini nuovi, forze nuove si sono presentate sulla scena politica. Si sarebbe potuto sperare che le recenti disgrazie avessero loro fatto comprendere l'assurdità di restaurare semplicemente le antiche sovranità nazionali" (Altiero Spinelli, 1947).
Vi è un altro punto di consenso tra noi, e cioè che la crisi economica europea di questi anni abbia avuto cause europee e internazionali, indipendenti dall'Italia. Se il presidente Renzi, come ha fatto al Senato, mi attribuisce un'opinione diversa, devo essermi espresso in modo non chiaro in qualche occasione.
Inoltre riterrei, secondo il presidente Renzi, che l'Italia abbia "una congenita incapacità di rispettare le regole". Non lo penso. Quando ero al governo, con l'appoggio pieno del Parlamento, siamo riusciti anzi a rispettare la più difficile delle regole per quella fase, quella sul disavanzo pubblico. Fu quella la ragione per cui l'Europa, nella primavera del 2013, chiuse per l'Italia la procedura di disavanzo eccessivo. L'Italia acquisì in tal modo, tra l'altro, la facoltà di utilizzare la prima clausola di flessibilità - quella sugli investimenti pubblici, l'unica secondo me che abbia una piena giustificazione economica - accettata dalla Commissione e dal Consiglio qualche mese prima su insistenza del governo italiano, ma fruibile appunto solo dagli Stati membri non sottoposti alla procedura per disavanzo eccessivo.

Ci sono certo delle divergenze tra il presidente Renzi e me. Ci sono state occasioni, sempre pubbliche, per dibatterne. Altre ce ne saranno. Anche presto, stando a preannunci di stampa in merito ai temi che il presidente del Consiglio tratterà oggi all'assemblea del Partito democratico. Ad eventuali futuri dibattiti mi accingerò con la piena consapevolezza che, pur non essendo ignaro d'Europa, non possiedo certo la verità. E mai dirò che "non accetto lezioni".

(dal Corriere della Sera - 21 febbraio 2016)

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