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Guardare lontano per decidere bene e subito

di Alberto Quadrio Curzio

La Commissione europea ha pubblicato il Rapporto «Previsioni economiche invernali» atteso in Italia per trovare indicazioni sulla nostra situazione economica e su quella europea. E magari qualche spunto polemico che andava invece escluso a priori per chi conosce la tonalità di questi Rapporti. Si tratta infatti di documenti piuttosto tecnici di ottimo livello dove naturalmente non mancano giudizi di valore, più o meno espliciti. Qui possono emergere le diversità valutative che anche noi faremo con riferimento alla Eurozona.

Guardare lontano

Leggendo il Rapporto si pensa che abbia una visione troppo di breve-medio termine, anche se imposta dalle esigenze analitico-procedurali, e decisionale legata al “semestre europeo”. Questo rende difficile individuare le dinamiche di medio-lungo termine e la messa a punto di strategie. Sappiamo che c'è il grande progetto «Europa 2020» ma constatiamo che poi prevalgono le scelte annuali incapaci di cogliere la forza di lungo periodo delle dinamiche economiche mondiali verso le quali l'Europa appare spesso un soggetto sorpreso dagli eventi. Così nella grande crisi, l'Europa sembra essersi accorta solo ex post di quanto fosse lunga. Adesso viene sorpresa dalla deflazione che danneggia le sue esportazioni e dai movimenti migratori che cambieranno la sua società ed economia.

Tecnici e politici

Spesso si dice che la colpa è dei tecnici ma sarebbe bene ricordare che le gabbie deflazionistiche come il fiscal compact o il non uso per fare investimenti del Fondo Esm o il tentativo di scardinare Schengen sono scelte politiche. Il fatto che il Rapporto sia in prevalenza sul breve termine non è una scelta tecnica anche se poi questa fornisce ai politici elementi per le loro decisioni e per confermare o per rivedere le loro convinzioni. Il dualismo tra tecnica e politica è molto delicato e spesso solo l'intelligenza delle parti lo rende creativo.
Prendiamo il caso della lenta crescita in Europa con un incremento del Pil all'1,7% nel 2016 (a fronte dell'1,6% del 2015) con una previsione dell'1,9% nel 2017. È opinione diffusa che la crescita sia sostenuta adesso prevalentemente dai consumi interni spinti dagli aumenti dei redditi reali favoriti dai bassi prezzi dell'energia e dalla bassa inflazione. A questa spinta si associa adesso quella dalle spese pubbliche connesse alla immigrazione.
Che tutto ciò non basti trova concordi tecnici e politici anche se con diverse intonazioni.

Nella Prefazione al Rapporto del Direttore Generale agli Affari Economici e Monetari della Commissione Europea, Marco Buti dice in modo netto che vanno spinti gli investimenti per ricollocare la Ue e la Uem su un trend di crescita. Più sfumato ed ottimistico ci sembra invece essere il commento del Commissario europeo Pierre Moscovici.

(dal Sole 24 Ore - 7 febbraio 2016)

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