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Capodanno 2016: alcuni pensieri in libertà

di Paolo Razzuoli

(in allegato contributi di Lina Palmerini, Luca ricolfi, Dario di Vico, Lucrezia Reichlin.)

Il 2016 non si apre certo sotto una buona stella. Tutti lo avvertiamo ed i motivi sono sotto gli occhi di tutti.
Sono motivi forti, complessi, per certi versi nuovi. Le situazioni di criticita' riguardano molteplici scacchieri sparsi in ogni continente, ivi compreso il nostro che non sembra certo adeguatamente attrezzato per affrontarle.
Molte di queste criticita' sono il risultato di eventi assolutamente nuovi, anche se le analisi piu' serie delle societa' contemporanee le avevano in qualche modo previste.
Viviamo sotto l'incubo del terrorismo islamico che - dopo aver insanguinato il Medio Oriente - tanto duramente ha colpito l'Europa nel corso del 2015, portando anche da noi la sua logica di destabilizzazione e di morte.

Ormai tutto ha una dimensione globale. Non e' questa un'opzione, e' la conseguenza di un mondo reso sempre piu' piccolo da una tecnologia che ha abbattuto ogni distanza. Mai come ora le persone possono muoversi con tanta facilita'; mai come ora le comunicazioni mettono in reciproca relazione ogni parte del mondo. Mai come ora si e' creata una cosi' fitta ragnatela di correlazioni fra interessi solo apparentemente lontani.
Quando con un semplice clic del mouse si puo' aprire un sito alloggiato su un Pc della stanza accanto oppure un'altro che si trova a Tokio, e' chiaro che ci troviamo di fronte a qualcosa di profondamente nuovo: un nuovo che, mi pare superfluo dirlo, non e' riduttivamente tecnologico poiche' investe ogni sfera dell'agire umano.

Ebbene, mi pare evidente che uno scenario cosi' nuovo non possa essere capito e gestito con strumenti vecchi. Una sfida che chiama in causa la qualita' della leadership mondiale, che deve dotarsi di adeguati strumenti per trovare le risposte a sfide certamente nuove ed impegnative.
Da questa capacita' di risposta globale non si potra' prescindere se, in concreto, si vorra' assicurare un futuro di progresso e di pace per l'umanita'.

Nel tradizionale messaggio natalizio Urbi et Orbi, il Papa ha elencato le situazioni di conflitto: un elenco impressionante, che sembra dare ragione a chi dice che stiamo vivendo una "terza guerra mondiale combattuta a pezzi". Un complesso di pericolosi inneschi che, se non disinnescati, potrebbero dare la stura ad un incendio non piu' controllabile.

Spostando il focus sulla nostra Europa, mi pare che il 2015 sia stato una sorta di "Annus orribilis", in cui sono vacillati i principi ed i valori basilari della sua vicenda storica recente. Sotto i colpi delle due crisi, quella Greca e quella dell'immigrazione, sono stati messi a rischio cancellazione fondamentali conquiste quali l'Euro e la libera circolazione delle persone. Crisi che hanno trovato le societa' europee e le loro classi dirigenti assolutamente impreparate. Al di la' di ogni infingimento, ogni governo si e' mosso per proprio conto, guardando alle specifiche dinamiche elettorali, con il conseguente risultato del disastro che tutti abbiamo potuto constatare.
Un'Europa che e' solerte nel regolare, sin nei piu' piccoli dettagli, questioni marginali per la vita dei cittadini, mentre appare incapace di darsi una prospettiva condivisa sui grandi temi, quali la politica estera ed in genere le politiche per affrontare le sfide della modernita'.
Purtroppo, mentre l'Europa avrebbe bisogno di veri statisti, ci propone solo politicanti. Anche Angela Merkel, forse il leader che piu' assomiglia ad uno statista, non riesce a sottrarsi ai richiami delle proprie istanze elettorali. Sembrano lontani anni luce i tempi di statisti quali De Gasperi, Adenauer, Schumann, ma anhche figure come Fanfani, Kohl, Delors o Chirac.
Un quadro assai desolante, ben dipinto nel contributo di Adriana Cerretelli allegato a questi miei pensieri.

Ma veniamo al nostro Paese. Lo faccio partendo dalla ormai tradizionale conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio, tenutasi il 29 Dicembre 2015 presso la nuova Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati. E' questo un appuntamento nel quale l'inquilino pro-tempore di Palazzo Chigi presenta un consuntivo dell'attivita' del suo governo e si sottopone al fuoco di fila dei molti giornalisti accreditati. E' un evento utile per avere il polso del Paese.

Renzi ha affrontato l'appuntamento con lo stile che ben conosciamo: una bella grinta, una buona dose di ottimismo un po' sopra le righe, il solito esorcismo per i "gufi", un linguaggio chiaro e diretto.
Ovviamente ampia e forte e' stata la sottolineatura degli obiettivi raggiunti, ampiamente elencati ed illustrati come si potra' vedere dall'allegato. Cosi' come non e' stata altrettanto chiara l'indicazione dei modi e tantomeno di una timeline rispetto ai tanti nodi che ancora rimangono da sciogliere per cercare di rimettere veramente il Paese sulla strada della ripresa, al di la' di facili ottimismi e di un po' di retorica.

Io penso che Renzi, e con lui la maggioranza che lo sostiene, qualche buon risultato nel 2015 lo abbiano conseguito. Non riconoscerlo sarebbe sciocco, oltre che ingeneroso. Il problema complicato e' pero' che per creare solide e durature condizioni per la ripresa, occorre metter seriamente le mani nel funzionamento del complesso dello Stato ad ogni livello, andando a colpire i molteplici privilegi e le numerose storture che si sono moltiplicate in decenni di scellerato patto fra politica, burocrazia e sindacati. Un terreno in cui e' difficilissimo entrare e, anche quando si riuscisse ad entrarci, risulta pericolosissimo per gli esiti elettorali.
I risultati di cui puo' al momento vantarsi Renzi, al di la' della riforma elettorale ed istituzionale (importantissime ma che interessano pochi milioni di cittadini politicizzati), sono stati ispirati alla logica di dare qualcosa (gli 80 Euro, i 500 Euro ai diciottenni, riduzione delle tasse vera o presunta vedremo, e via dicendo). Ma per creare condizioni strutturali per la ripresa c'e' bisogno di ben altro, proprio a partire dalla ridefinizione del rapporto fra cittadini e burocrazia, riducendo l'invasivita' di questa, ed introducendo nel suo funzionamento seri criteri di efficienza e responsabilita'. Avviare un processo riformatore che trasformi l'apparato pubblico da un sistema sostanzialmente autoritario ed arrogante, in un sistema autorevole ed efficiente. Un sistema in cui i fruitori dei servizi siano considerati cittadini e non sudditi: cittadini titolari di diritti certi, cittadini che abbiano diritto a risposte chiare ed in tempi ben definiti, cittadini che trovino nella Pubblica Amministrazione uno strumento che, pur nella tutela degli interessi della collettivita', sia un motore e non un freno per gli attori dello sviluppo.

Sono certamente cose molto difficili ma ineludibili. Chi dovesse trovare il coraggio di addentrarsi su queste sabbie mobili, sa che, con ogni probabilita', perdera' le elezioni. Ma con la prospettiva delle prossime elezioni non si va molto lontano.
Renzi ha detto che se perdera' il referendum sulla riforma istituzionale avra' fallito e si dimettera'. L'affermazione sembra voler spostare la vera sfida dalle amministrative, per Renzi molto insidiose, ad un evento elettorale che egli meglio potra' controllare e, a mio modo di vedere, dall'esito piu' scontato.
Io penso che dopo il referendum, che per Renzi ritengo sara' favorevole, si aprira' uno scenario nel quale i nodi verranno al pettine. SE egli avra' stoffa da vero leader, si presentera' al corpo elettorale per ottenere il mandato su un serio disegno riformatore. Credo che gli italiani glielo daranno, e sara' un mandato chiaro posto il meccanismo del cosiddetto Italicum. Sara' per Renzi "il di' del vero", una prova senza appello. Se vincera' la sfida probabilmente entrera' nei libri di storia; se la perdera' sara' dimenticato. Ma non basteranno frasi ad effetto o slide ben fatte; la sfida potra' essere vinta entrando con forza nei meccanismi dello Stato per rimetterne gli ingranaggi al posto giusto.

Solo cosi' si potra' uscire dalla logica della crescita dello zero virgola qualcosa ; solo cosi' si potra' imboccare la strada di una ripresa non effimera. Solo cosi' si potra' ridare speranza e futuro alle nuove generazioni.
E' una strada in salita, ma ne' impossibile ne' sconosciuta. La classe politica ha a disposizione fior di analisi e di proposte. Proposte che andranno certo trasformate in scelte politiche, ma non e' proprio questo il compito della classe di governo?

Occorre essere consapevoli che senza crescita e' a rischio la tenuta degli stessi ordinamenti democratici. Un noto politologo tedesco ci insegna "che la crescita e' necessaria al capitalismo democratico quanto la polizia e' necessaria al socialismo reale".

Tema di grande interesse e' quello dell'evoluzione del quadro politico in Italia ed in Europa. Gia' in altre occasioni ho avuto modo di soffermarmi sulla crisi del tradizionale bipolarismo Popolari-Socialdemocratici. Una crisi ampiamente confermata dagli esiti elettorali in vari paesi dell'Unione Europea.
In Italia il contesto e' ancor piu' complesso, considerato che da noi il bipolarismo non e' mai partito, nonostante i vari tentativi per realizzarlo.
Ci vorrebbe la sfera di cristallo per sapere come il quadro politico si evolvera'. Posto che saranno sempre piu' forti le implicazioni fra contesti nazionali e contesto europeo, e' probabile, a mio modo di vedere, che i prossimi decenni sanciranno il tramonto di un bipolarismo frutto del contesto novecentesco, ormai superato. L'Italia e' sicuramente un Paese particolare, con molti difetti, ma anche fornita di uno straordinario patrimonio di cultura, di storia, di intuitivita' e genialita'. Doti che potrebbero fare di questo Paese un laboratorio politico capace di offrire una risposta alle nuove sfide europee.

Conclusione

Il 2016 sara' per l'Italia, l'Europa ed il mondo intero, un anno di grande impegno e di grandi sfide. Vedremo come la classe dirigente sapra' affrontarle. La storia ci insegna che in molte occasioni l'uomo e' precipitato in abissi pur conoscendoli ma non trovando la capacita' di evitarli. Sono emblematici a tal proposito le vicende che hanno preceduto lo scoppio dei due conflitti mondiali novecenteschi.
Di fronte ai numerosi teatri di guerra e alle altre sfide quali il terrorismo, l'immigrazione ed i mutamenti climatici, servono scelte impegnative e vincolanti. La peggior strada praticabile e' quella dell'indifferenza o del rinvio. Un inerte torpore dal quale potremmo svegliarci troppo tardi.

Credo sia difficilmente confutabile parlare di un forte deficit di capacita' progettuale.
Oggi si tende a diffidare delle previsioni a lungo raggio: l’atteggiamento generale è quello di concentrarsi sulla soluzione dei problemi immediati. Ma in questo modo il pericolo non è risolto; viene solo allontanato, differito di poco. In nome della concretezza alla quale si ispira anche il discorso politico, ci limitiamo a previsioni a breve che assomigliano sempre piu' a pannicelli caldi, quando invece occorrono cure impegnative che richiedono forti assunzioni di responsabilita'.

Uno scenario complesso che si dipana sullo sfondo delle inquietudini della societa' occidentale sulla propria identita', messa in discussione dal diffondersi di visioni sempre piu' relativiste. E' diffuso un palpabile disorientamento che investe i vari comparti dei sistemi sociali, a partire dal mondo della scuola, di cui in Italia abbiamo avuto anche esempi balzati agli onori della cronaca.
Credo tuttavia che il seme gettato dalla millenaria nostra storia germogliera' anche nei nuovi orizzonti della modernita', per mantenere vive ed attuali le nostre conquiste di civilta' e la nostra identita', in un quadro di reciproco rispetto e feconda interazione con altre culture ed altre identita'.

L'augurio piu' bello ed importante che possiamo farci per il 2016, e' che almeno rispetto ai temi lasciati aperti dal 2015 si possa aver compiuto qualche significativo passettino in avanti...

Per approfondire

Lucca, 2 gennaio 2016

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