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Commento introduttivo

Le riflessioni che Marco Moussanet ci propone nel suo pezzo, smentiscono coloro che pensano che "Il giardino del vicino è sempre più verde".
Le parole che l'autore dedica all'analisi della politica e dei politici francesi, si attagliano benissimo alla nostra situazione. Una circostanza che non deve certamente farci piacere.
Marco Moussanet ci parla della Francia ma - come tante vicende stanno a testimoniare, gli orizzonti del tema sono ben piuù ampi ed investono la classe politica europea (e non solo quella), nel suo complesso. Un dato che viene attestato dalla incapacita' di visione di lungo respiro rispetto alle numerose criticita' del nostro tempo: Ucraina, Daesh, immigrazione e via dicendo.
Una situazione che non lascia certo tranquilli....

Dalla situazione francese dovremmo trarre lezione anche sulla questione della gestione dell'immigrazione.
La situazione italiana non ha ancora la complessità di quella francese ma, se si continuerà a gestirla con lo stato di confusione che troppe volte mettiamo in campo e senza dare risposte chiare ai tanti interrogativi posti dal problema, gli scenari futuri non saranno certo rassicuranti e anche da noi potranno verificarsi gli esiti elettorali francesi.

Paolo Razzuoli

Shock prevedibile e annunciato

di Marco Moussanet

Molti osservatori si sono chiesti ieri «com’è potuto accadere». Com’è potuto accadere che il Front National sia diventato il primo partito di Francia, superando l’ennesimo ostacolo di una corsa inarrestabile?

In realtà la domanda che sarebbe stato giusto porsi è un'altra: perché mai non avrebbe dovuto accadere? Perché mai l'ex movimento di fascisti e nostalgici duri e puri che Marine Le Pen ha saputo così abilmente trasformare in partito di raccolta di ogni malumore e malessere, di ogni rabbia e paura - fino a farlo diventare protagonista di uno scenario politico ormai tripolare con ambizioni di Governo - non avrebbe dovuto trionfare? In un Paese che ha miseramente fallito i suoi obiettivi di integrazione degli immigrati. Che si è svegliato un mattino scoprendo attonito che nelle sue periferie-ghetto era in corso una rivolta che non aveva visto arrivare.

Periferie che a distanza di dieci anni rimangono le polveriere di allora, se non peggio. Paese che in nome di un irrisolto senso di colpa per il proprio passato coloniale e la violenza cieca dei suoi celerini (pensiamo alla repressione del 1961, con i manifestanti algerini annegati nella Senna) non ha saputo arginare l'islamizzazione di interi quartieri. Che ha cinque milioni di musulmani e 2.500 moschee. Che ancora tentenna sulla legittimità o meno del niqab e del burqa. Che si divide sull'opportunità di realizzare i presepi nei municipi e nelle scuole. Che oscilla tra inni al multiculturalismo e isteriche reazioni poliziesche. A suo tempo, Marine Le Pen ha parlato di “occupazione” a proposito delle preghiere di strada del venerdì e ha dovuto difendersi – davanti a un Tribunale che ovviamente non poteva fare altro che assolverla – dalla stupida accusa di negazionismo e incitazione all'odio razziale.

Perché gli elettori della Francia profonda, della Francia dimenticata, della Francia impaurita non avrebbero dovuto votarla? Ma non è solo l'immigrazione – che il Front National ha cinicamente collegato alle stragi del terrorismo islamico compiute dai vari Mohamed, Brahim, Said, Chérif, peraltro diventati eroi e modelli per alcuni ragazzi senza prospettiva di tante banlieue – ad aver gonfiato le vele dell'estrema destra. Perché mai il Front National non avrebbe dovuto crescere, fino a vincere, in un Paese dove ogni mese i politici al potere promettono il calo della disoccupazione mentre il numero di senza lavoro ha raggiunto livelli record, soprattutto tra i giovani? Dove in televisione si vedono sempre le stesse facce che dicono sempre le stesse cose? Ancora domenica sera e ieri i dirigenti dei partiti sconfitti hanno detto ai francesi “abbiamo capito il messaggio”.

Ma quante volte lo hanno già detto? Dimenticandoselo un minuto dopo? Il capolista socialista in Alsazia e Lorena, che pur non avendo alcuna possibilità di vincere ha deciso di mantenere la propria lista, ha 71 anni, è senatore da 32 e presidente del consiglio regionale da 11. E davanti alle telecamere, per spiegare la sua scelta, ha citato Jean Jaurès e Léon Bloum. Un pacifista morto nel 1914 e l'uomo del Fronte Popolare del 1936! E poi ci si stupisce se i giovani non votano o votano (al 35%) per la Le Pen. Perché mai il Front National – fino a oggi tenuto ai margini della rappresentatività dagli accordi sottobanco di una classe politica mediocre, pavida e furbetta – non avrebbe dovuto ottenere questo successo? Sarebbe stato sorprendente il contrario.

(dal Sole 24 Ore - 8 dicembre 2015)

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