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Andava  MEGLIO quando andava peggio, o no?

 

di Antonio Rossetti

 

Siamo in molti, anch'io mi dichiaro tra questi, a ripetere che oggi le “cose” sono cambiate e, di solito,   sottolineiamo in peggio.

Può darsi che ciò corrisponda alla realtà, ma in molte  occasioni trascuriamo il riscontro di dati, di fatti, di informazioni, spesso ci troviamo ad esprimere opinioni pilotate o che appaiono in evidenza, senza dedicare un po' di tempo alla verifica.

So bene che il tempo non basta mai e quindi prendiamo per  buoni commenti ed analisi, talvolta, frettolose.

 

Senza  scomodare studiosi, ricercatori, analisti, statistici, ed altri esperti , possiamo  decidere di dedicare un po di tempo agli argomenti  che ci riguardano in modo diretto e, comunque, sono al centro della vita sociale ed economica.

Sono molti gli argomenti, dalla pace e dal suo contrario, dal terrorismo alla povertà, dalle speculazioni  alle nuove e vecchie forme di colonizzazione, di totalitarismo, situazioni legate alla povertà ed all'uso dell'ambiente ed altre ancora.

In questa mia riflessione mi limiterò ad un argomento che ho trovato all'interno di una pubblicazione del CNEL (*)  (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) relativamente a due  argomenti:

- Rapporto 1996 sul Mercato del lavoro;

- La strategia dell'Ocse( Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) per l'occupazione in Italia. Le raccomandazioni OCSE per l'Italia.

 

I dati sulla disoccupazione in Italia

All'inizio del mese di dicembre 2015 sono stati resi noti, dall'ISTAT, i dati relativi alla disoccupazione in Italia  Ottobre 2015, Il dato è 11,4%.

Nella pubblicazione citata la disoccupazione nel 1996 era al 12,1%, mentre le previsioni per l'anno  successivo erano al 12,1% e per il 1998 al 11,9%.

 

Per evitare qualche considerazione basata su i sistemi di calcolo della disoccupazione, le considerazioni relative a cassa integrazione, mobilità, part- time, o di sostanziali cambiamenti  riguardo alla prevalenza di settori rispetto ad altri ( vedi incremento dell'occupazione nei servizi) e di altri argomenti senz'altro utili alla riflessione è bene sottolineare che anche venti anni fa era  elevata l'evasione contributiva e fiscale, che il lavoro irregolare c'era, che la delocalizzazione era molto presente e tante altre considerazioni su capitoli importanti da migliorare.

Lo dimostra il successivo argomento preso in considerazione , le raccomandazioni OCSE per l'Italia;

Gran parte di queste raccomandazioni sono state disattese nel corso di questi 20 anni.

In sostanza, venti anni fa,  le cifre non erano migliori di oggi. Questo non può essere assunto come  problema risolto perché, per chi è disoccupato involontario, anche se  il dato  fosse al 3 o 4% sarebbe inaccettabile.

 

LE RACCOMANDAZIONI OCSE

Nella stessa pubblicazione sono elencate le 9 azioni proposte per l'Italia dal Comitato Ocse per lo sviluppo economico, in sintesi:

-” la Job Strategy dell'Ocse: una sintesi  di raccomandazioni pubblicate  nel rapporto Italia ( dell'Ocse( 1995-1996).

La Job strategy dell'Ocse  delinea una strategia basata su nove raccomandazioni per migliorare la capacità delle economie dei paesi dell'OCSE ed affrontare il cambiamento strutturale.

Le nove aree di intervento includono la politica macroeconomica e l'insieme di interventi volti alla creazione e alla diffusione del Know how.

In materia di flessibilità dei mercati del lavoro e dei prodotti, lo studio suggerisce interventi nelle seguenti aree:

- Flessibilità dell'orario e dell'organizzazione del lavoro;

- contesto normativo e infrastrutturale  per la creazione e lo sviluppo delle imprese;

- flessibilità dei salari;

- provvedimenti di garanzia del posto di lavoro;

- qualifiche e competenze delle forze di lavoro;

- sistema dei sussidi di disoccupazione e benefici annessi.”

 

Gli interventi necessari possono essere sintetizzati come segue:

 

Vengono  riportati per titoli, (il testo li sviluppa ulteriormente) :

- Ristrutturazione delle aliquote fiscali e  contributive;

- Riduzione delle barriere all'estensione dei contratti di lavoro atipico;

- Apertura degli uffici privati per il collocamento;

- Differenziali salariali e legami di produttività nel meridione;

- Flessibilità nelle mansioni del settore pubblico;

- Migliorare l'efficienza di politiche attive per il lavoro

- Riformare i sussidi di disoccupazione e i benefici connessi;

- Migliorare le qualifiche e le competenze delle forze lavoro;

- Aumentare la concorrenza sul mercato dei prodotti;

- Migliorare le infrastrutture (per ridurre i costi del lavoro),  attuazione delle leggi  in materia di lotta all'evasione fiscale, riassorbire l'economia sommersa, smantellare la criminalità organizzata.

 

Il confronto con  venti anni fa è del tutto casuale, mentre sarebbe molto più utile ed interessante un aggiornamento a scadenza annuale o semestrale  delle rilevazioni con la possibilità di verificare  gli effetti delle politiche e delle leggi  sulle materie  di interesse diffuso.

I dati, che pure ci sono, non forniscono quadri di riferimento tali da favorire un ragionamento sugli effetti determinati da scelte operate a livello nazionale, europeo, mondiale, ma rispondono ad altre logiche, al sensazionalismo, alla pressione politica di governo o di opposizione. Non sono presentati in modo da favorire riflessioni e opinioni  “non viziate” da conclusioni di parte.

Sarebbe utile, a mio avviso, verificare quanto del contenuto delle raccomandazioni OCSE ha trovato riscontro in Italia,  quali effetti, se sono necessari aggiustamenti o modifiche consistenti per migliorare, nel caso specifico, le condizioni di lavoro, di sviluppo economico e sociale.

 

Tornando all'inizio, non sempre quando andava peggio andava meglio, comunque è sempre utile documentare e verificare. L'innovazione per le comunicazioni, per raccolta e diffusione dei dati lo consente, dare  sostanza ad una  politica della informazione corretta e completa è una scelta.

(*) Nota:Rivista Trimestrale Cnel n.1-2 anno 1997

 

Lucca, 4 dicembre 2015

 

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