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Perchè l'Italia non cresce?
Lettera aperta al Presidente del Consiglio

di Paolo Razzuoli

Caro Presidente,

i dati Istat RESI NOTI L'1 DICEMBRE sulla crescita sono una doccia fredda sull'ottimismo di questi mesi.
Il nostro istituto di statistica, nelle sue stime preliminari sul prodotto interno lordo per il 2015 ci aveva un po' illuso, prevedendo una crescita dello 0,9. Ora, invece, ci dice che con ogni probabilita' ci fermeremo allo 0.8%.

Sono tra coloro che non amano piangersi addosso. Una carica di ottimismo fa bene ad un Paese che si conpiange un po' dei suoi mali.
Non sono nemmeno ANNOVERABILE FRA I "gufI": spero vivamente che l'Italia possa riprendere il percorso della crescita e auguro il piu' vivo successo alla tua azione di governo.
Aggiungo che non e' lo scostamento di uno 0,1 in piu' o in meno rispetto agli obiettivi a decidere l'esito di una politica.
Comunque vadano le cose, stiamo parlando di cifre modeste, anche se non sottovaluto certo il significato dell'inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni.
Qualche domanda quindi dobbiamo porcela sulle cause per cui non riusciamo a compiere quel salto di crescita di cui c'e' bisogno, anzitutto per invertire il trend negativo sull'occupazione giovanile, ancora una volta sottolineato dall'Istat.

Giacche' abbiamo la tendenza a scaricare sempre sugli altri le cause dei nostri mali, si chiameranno in causa i paesi emergenti, i contraccolpi del terrorismo, la frenata generale dell'economia mondiale.
Tutto certamente vero, ma si tratta di concause che non ci debbono autorizzare allo spostamento del focus sui nostri problemi, quelli che ostacolano veramente la possibilita' di imboccare nuovamente la strada di una crescita sicura, solida, capace anche di incidere sul parametro maggiormente rilevante per la coesione sociale: quello dell'occupazione.

Il tema vero e' che l'Italia non funziona. L'inefficienza della Pubblica Amministrazione ed il peso della burocrazia sono freni formidabili per lo sviluppo e costituiscono, oggettivamente, un deterrente per chiunque abbia l'ardimento di fare impresa nel nostro Paese.

Quando il 4% circa dei ricavi di una piccola e media impresa (e tutto il tempo che c'e' attorno a queste risorse) va a finire in burocrazia, c'e' qualcosa che non gira nel verso giusto. Quando un giovane coraggioso che vuole creare un'impresa deve passare tempi interminabili dall'avvocato e dal commercialista per cercare di districarsi in una selva di norme, anziche' concentrarsi sul come far partire e far crescere la sua idea imprenditoriale, ebbene, in questo modo non si puo' crescere. Quando per ottenere i permessi necessari occorre passare intere mattinate a far code in uffici spesso inefficienti (solo parzialmente alleviate dall'introduzione di spesso complicate procedure informatiche), e riempire pagine e pagine di moduli e di domande (poco importa se cartacee od elettroniche) prima di poter avviare la propria attivita', (ammesso che non intervenga la rinuncia per sfinimento), e' di tutta evidenza che qualcosa non funziona.

Per questo non bastano le grandi riforme. VA dato atto a Renzi di essere riuscito, dopo decenni di immobilismo, a impegnare il Parlamento in riforme che, se pur non ottimali, hanno finalmente rotto quel tabu' che ha impedito, per decenni, qualsiasi serio processo di riforma.
Ma il processo di crescita presuppone che si abbia la capacita' di metter mano al funzionamento dei meccanismi dello Stato, entrando con il cacciavite negli ingranaggi piu' minuti per farli funzionare a dovere. Bisogno impedire che la burocrazia freni le imprese; bisogna impedire che la burocrazia freni i cittadini. Bisogna che nella Pubblica Amministrazione venga ripristinato il principio della responsabilita' che deve sentire dal piu' umile impiegato al piu' alto dirigente.
So bene quanto tutto cio' sia difficile, poiche' si tratta di rompere quel patto scellerato fra politica e burocrazia sotto il quale l'una e l'altra si sono protette per decenni.
Ma il rilancio del Paese passa da qui: cittadini che siano veramente tali per l'apparato burocratico, e non sudditi da vessare. Burocrazia autorevole ed efficiente, in luogo dell'attuale autoritaria ed inefficiente. Il salto da fare e' questo.

Al coraggio di intervenire sulla burocrazia, e' in gran parte legata anche la questione della riduzione della spesa: tema sempre in primo piano e mai seriamente affrontato, come eloquentemente indica la vicenda della rinuncia dei vari commissari specificatamente nominati.

E' questa la strada che hanno seguito i paesi che in Europa possono vantare i taqssi di disoccupazione piu' bassa. Infatti, se la Germania oggi vive questa condizione, e' perche' ha uno Stato che funziona. Certo ha anche grandi imprese, ma non e' questo il tema centrale. La Germania e' ingrado di attrarre investimenti perche' coloro che vanno ad intraprendere in Germania sanno di aver di fronte un apparato pubblico che funziona e che - pur nella doverosa tutela degli interessi della collettivita' - non frena imprese e cittadini.
L'Italia non e' certo priva di risorse imprenditoriali, a partire da quelle dell'innovazione (cosiddette start-up). Ma per tradurre queste risorse in vera ripresa l'intervento sulla burocrazia non potra' essere eluso.

Caro Renzi, so bene di quanto sia difficile e politicamente rischioso mettere le mani in certi apparati.
Non mi iscrivo certo al partito di coloro che grideranno al fallimento per uno 0,1 in meno rispetto alle previsioni. Mi piacerebbe (non so se e quando sara' possibile) iscrivermi a quello di chi avra' il coraggio di prendere "il toro per le corna" dei problemi italiani, per affrontarli in profondita', senza finzioni, senza il consueto vezzo di scaricare su altri le cause di guai che noi stessi ci provochiamo.
SE tu Renzi avrai questa capacita' e questa onesta' intellettuale, non ti manchera' il consenso di tutti coloro che sperano in un futuro di crescita per la nostra splendida nazione.

Lucca, 2 dicembre 2015

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