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l'evasione è colpa del limite dei contanti o no?

Inventare un argomento, altrismo,

 

per distogliere l'attenzione da situazioni o argomenti maggiormente rilevanti.

 

Antonio Rossetti

 

 

Non per distrazione o per errore, ma per calcolo.

Ci sono continuamente esempi, dai casi di omicidi non risolti, che vengono presentati in tutte le trasmissioni Tv, al caso della vicenda relativa alla salute dell'attuale Pontefice, alla vicenda degli 82 milioni di emendamenti al senato da parte della Lega e se ne potrebbero aggiungere molte sia in dimensione nazionale che internazionale.

Esaurita la fase di “distrazione” poi si dimentica tutto, per dire in modo corretto, si addormentano fino a nuova utilizzazione manovrata.

Delle situazioni relative al costo delle Regioni, dell'uso del danaro pubblico, dei tagli richiesti a gran voce dai cittadini non si sa più nulla, almeno fino alla prossima occasione utilizzabile per altri scopi.

Dopo il caso di Milano dell'ingresso e dell'uccisione di due persone si disse di tutto e di più sulla sicurezza, quali sono state le azioni per garantire la sicurezza all'interno dei palazzi di giustizia, si potrà sapere qualcosa?

La vicenda del comune di S.Remo e i casi di circa 200 persone che si comportavano irregolarmente, possibile nessun responsabile si sia reso conto di cosa avveniva quotidianamente? Erano conniventi? Eppure non sarebbe stato difficile accorgersi di questi casi e rimediare. Vedremo gli sviluppi.

Altre vicende più gravi riguardano la corruzione, non solo nella città di Roma. Anche in questo caso grandi polveroni, poi piano piano la polvere va a terra e si torna al punto di partenza.

 

Questa premessa, seppure parziale, per affrontare un nuovo argomento utilizzato per distrarre”.

L'argomento è la proposta di elevare a 3 mila euro il limite dell'uso del contante, rispetto all'attuale quota mille.

Giù gli altristi, compreso Cantone, tutti a dire a dire che questo porterà evasione.

Immagino che siano convinti che quota mille sia uno strumento per la lotta all'evasione.

Se questo è il problema non ci sarebbe bisogno di altri strumenti per la lotta all'evasione, basterebbe scendere a quote più basse e tutto torna a posto. L'evasione scompare.

 

Chi sostiene che tutto dipende dalla quota di pagamenti in liquido non pensa che invece i meccanismi e le scelte per la lotta all'evasione siano altri, davvero utili alla lotta all'evasione.

Ma distraendo tutti sulla proposta del presidente del Consiglio, poi si metteranno a dire: visto che c'è evasione in Italia la colpa è dei 3 mila euro di liquidità, altrimenti saremmo a posto. Improvvisamente scoppierebbe il virtuosismo.

 

Su questo argomento ho cercato alcuni dati sulla evasione in anni precedenti, in Italia, e li ho confrontati con altri relativi ai Pesi Europei( all.1 e 2) , mettendo a confronto le soglie di pagamenti con danaro liquido nei Paesi ad evasione più bassa ( all.3), per sostenere che sono altri i provvedimenti da prendere per la tracciabilità e per la lotta all'evasione, anche con meccanismi che incentivano la correttezza, non solo con la caccia a posteriori agli evasori.

Quindi gli altristi spostano la discussione per non affrontare i veri problemi della evasione e della corruzione.

La scelta della quota mille euro come limite dei contanti in Italia fu introdotta dal presidente Monti, ma non si può dire che sia stato un successo, anzi, la situazione è ancora più grave, certo per altre ragioni, ma è proprio sulle altre ragioni che si dovrebbe intervenire.

 

Se fosse vera la relazione liquidità uguale evasione, la Danimarca sarebbe in prima fila per l'evasione, avendo stabilito il limite dei contanti a quota 13.400 euro; ma anche in altri paesi più virtuosi vi sono quote che sono superiori, agli attuali mille euro in Italia. (all.3)

A proposito, con la fascia mille, quali sono stati i miglioramenti sulla lotta all'evasione?

Ci aiuterebbero a capire.

Per non aggiungere altro vi riporto le tabelle di evasione in Italia e in altri Paesi.

Difficile immaginare una evasione superiore con qualsiasi quota di liquidità di spesa.

Bene perché non provare a cogliere esperienze di altri Paesi, anche con sistemi di controlli veri, per scoraggiare e per intervenire sui casi reali?

 

Allegato 1)

I NUMERI DELL’EVASIONE FISCALE IN ITALIA E IN EUROPA

L’evasione ed elusione fiscale europea è stimata in almeno 1.000 miliardi di euro annui; l’Italia è il grande paese con maggior percentuale di frodi fiscali rispetto al Pil. La distribuzione territoriale fa ritenere che l’economia meridionale riesce a sopravvivere solo perché  non paga le imposte.
Nel settembre 2012 il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, in audizione alla commissione Finanze della Camera, confermava l’azione di contrasto all’evasione fiscale in corso in Italia: a poco più di due mesi dalla fine dell’anno Befera forniva l’obiettivo del recupero fiscale per il 2012 a circa 13 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 12,7 del 2011.
In realtà l’ultima parte dell’anno non ha portato i risultati sperati, tanto che l’evasione accertata nel 2012 sembra si sia attestata sui 12,5 miliardi (il dato non è ancora ufficiale). Il calo è sicuramente dovuto alla crisi economica e forse ad un allentamento dell’attività di accertamento (anche a causa del minore impulso fornito da un governo dimissionario), ma anche al fatto che il 2011 è stato l’anno dei grandi patteggiamenti: Bosch aveva patteggiato un versamento di 300 milioni di euro (evasione contestata 1,5 miliardi), Monte dei Paschi aveva versato 260 milioni (cartella di 1,08 miliardi), Banca Intesa 250 milioni, Banca Popolare di Milano 186 milioni, Unicredit 99 milioni. I casi più eclatanti, che sembrano non essersi ripetuti nel 2012 e che avevano portato almeno 1,5 miliardi di euro nelle casse dello Stato come sanatoria per gli anni precedenti, sono la palese dimostrazione che l’evasione va ricercata a tutti i livelli, ma i numeri veri si nascondono dietro le grandi società, piuttosto che nelle pur molto numerose attività di piccolo cabotaggio. Se i dati ufficiali confermassero che nel 2012 le cifre recuperate dai grandi patteggiamenti risultano inferiori a quelle del 2011, sarebbe chiaro che  l’attività di contrasto si è concentrata maggiormente sul territorio (risultando più efficace nell’anno precedente) e non sulle imprese di grandi dimensioni e con propaggini operative all’estero. Sarebbe questa politica, probabilmente, la causa vera del minor gettito prodotto.


LA DISTRIBUZIONE DELL’EVASIONE IN ITALIA
A quanto ammonta il giro d’affari delle frodi fiscali in Italia? Nei post “Economia sommersa e Pil: i dati dell’Istat” e “Alcune stime sul sommerso in Italia” sono riportate le valutazioni più accreditate oggi circolanti in Italia. Il presidente della Corte dei Conti, nello scorso ottobre in audizione alla commissione Finanze del Senato, indicava la cifra di 180 miliardi di euro annui, citando dati Ocse. La stima fornita dalla Corte dei Conti è quella che di solito viene attribuita all’Italia a livello internazionale.
E’ interessante osservare la distribuzione territoriale dell’evasione: nell’aprile 2012 l’Uif (Unità di Informazione Finanziaria) ha pubblicato un documento a proposito, che riportiamo nella seguente tabella.
Evasione media ogni 100 euro di imposta versata

REGIONE

EURO EVASI OGNI 100 VERSATI

REGIONE

EURO EVASI OGNI 100 VERSATI

MOLISE

64,47

V. D’AOSTA

34,15

BASILICATA

64,47

MARCHE

34,15

PUGLIA

60,71

UMBRIA

34,15

CAMPANIA

59,77

PIEMONTE

29,52

SICILIA

56,86

LOMBARDIA

27,99

CALABRIA

52,7

TOSCANA

27,76

SARDEGNA

47,81

EMILIA R.

27,73

ABRUZZO

41,73

VENETO

24,26

FRIULI V.G.

37,4

LIGURIA

23,05

LAZIO

36,36

TRENTINO A.A.

20,31

Fonte: Uif

La media italiana, secondo l’Uif, è di 38,19 euro dovuti all’Erario e non versati ogni 100 euro di imposte pagate.
L’Uif (che fa capo a Bankitalia) ha il compito istituzionale di controllare e contrastare il riciclaggio di denaro, approcciandosi al fenomeno sostanzialmente monitorando i flussi che transitano attraverso gli intermediari finanziari. L’impostazione da cui parte l’organismo nell’attività antiriciclaggio è che l’evasione fiscale è il presupposto del riciclaggio di denaro sporco: i due fenomeni (entrambi reati) sono in sostanza aspetti della stessa medaglia, come riconosciuto ufficialmente dal Gafi (Gruppo di Azione Antiriciclaggio dell’Ocse) all’inizio del 2012 a livello mondiale.
L’evasione fiscale, quindi, contribuisce in misura essenziale a creare masse consistenti di denaro sporco (come e forse in misura maggiore di attività criminali socialmente considerate più gravi) ed è la fonte con cui vengono finanziate attività criminali, in particolare di tipo organizzato, o acquisite attività economiche apparentemente legali (che rappresentano la faccia presentabile delle organizzazioni criminali).


L’EVASIONE FISCALE IN EUROPA
Secondo la Corte dei Conti il nostro paese al primo posto in assoluto nella Ue e ai primissimi posti della graduatoria internazionale (secondo Giampaolino alle spalle solo di Turchia e Messico) quanto a frodi fiscali.
Poiché l’evasione fiscale è un’attività illecita, a livello europeo non esistono studi statistici ufficiali: nelle istituzioni Ue si fa di solito riferimento ad uno studio realizzato dall’autorevole organizzazione Tax Research di Londra sulla base del Pil europeo 2009 (lo studio è stato commissionato dal gruppo socialista-democratico dell’Europarlamento), pubblicato nel marzo 2012. Le risultanze dell’analisi, oggi prese per buone a tutti i livelli Ue, indicano che l’evasione fiscale complessiva si attestava poco più di tre anni fa a più di 860 miliardi di euro annui, ripartiti come riportato in tabella:
L’evasione fiscale in Europa (su dati 2009)

PAESE

SOMMERSO % PIL

TASSE PERSE

(MILIARDI DI EURO)

PAESE

SOMMERSO % PIL

TASSE PERSE

(MILIARDI DI EURO)

ITALIA

27,0

180,257

BELGIO

21,9

33,629

GERMANIA

16,0

158,736

OLANDA

13,2

29,801

FRANCIA

15,0

120,619

 

 

 

REGNO UNITO

12,5

74,032

 

 

 

SPAGNA

22,5

72,709

TOTALE

 

864,282

Fonte: Tax Research LLP
Ogni anno, poi, vanno aggiunti circa 150 miliardi di elusione fiscale: il totale europeo delle frodi fiscali, pertanto, si aggira almeno a  1.000 miliardi di euro.
In questa graduatoria l’Italia, con il suo 27%, è superata da nove paesi, che tuttavia hanno economie per dimensioni e grado di sviluppo non paragonabili a quella della Penisola. Il primato negativo è della Bulgaria (evasione al 35,3% del Pil), seguita da Romania (32,6), Lituania (32), Estonia (31,2), Lettonia (29,2), Cipro (28), Grecia (27,5), Malta e Polonia (27,2). Tax Research ha tentato di fornire un parametro più oggettivo di valutazione della dimensione relativa dell’evasione fiscale confrontando il livello dell’economia sommersa in rapporto con la spesa per l’assistenza sanitaria: su questo fronte il 228,2% italiano è superato solo dal 260,5% dell’Estonia.
CONCLUSIONI
Dalla tabella risulta evidente che l’Italia (come anche Spagna e Belgio) ha ancora molto da recuperare rispetto alle percentuali di evasione fiscale degli altri maggiori paesi europei, soglia che possiamo definire fisiologica.
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale fornita dall’Uif, è evidente che molti sforzi dovranno essere compiuti per portare la legalità fiscale nel Meridione, dove è radicata una forte cultura della frode fiscale (largamente percepita neanche come reato minore) e dove agisce la principale causa dell’evasione stessa, la criminalità organizzata. L’impressione è che l’economia meridionale si regge proprio grazie alle frodi fiscali, per cui la semplice azione di contrasto all’evasione rischierebbe di desertificare l’intero Sud Italia da qualsivoglia attività economica: il problema è a nostro giudizio molto complesso e richiede la valutazione di aliquote ufficiali compatibili con l’esistenza di un’economia che possa non solo sopravvivere, ma anche svilupparsi senza assistenzialismo. Il tema non è facile da affrontare, visto che non è possibile, anche a causa dell’impostazione fiscale europea, prevedere aliquote strutturalmente differenziate fra le differenti aree geografiche ed economiche italiane (si configurerebbe un aiuto di Stato al sistema produttivo meridionale).
Impressiona, infine, che su un fenomeno così pervasivo e destabilizzante per l’intera economia (nel senso di alterazione della concorrenza e del cospicuo danno erariale) non esistono cifre aggiornate e strutture di indagine e analisi dedicate, sia in Europa che in Italia (dal post “Alcune stime sull’economia sommersa in Italia” si comprende che le stime italiane sono piuttosto approssimative e comunque datate). Noi di Economy2050 ci chiediamo come sia possibile impostare una efficace strategia di contrasto all’evasione fiscale, come sembra la Ue si sia decisa finalmente a fare (post “L’Europa muove contro l’evasione fiscale internazionale” e “Lotta all’evasione fiscale: Lussemburgo, Austria e Svizzera cedono sul segreto bancario”), se non si ha una percezione sufficientemente corretta delle frodi fiscali e, soprattutto, dei dati per valutare se le politiche di contrasto adottate tempo per tempo stiano portando risultati concreti. Ma forse i governi europei non hanno come obiettivo primario quello di eliminare (o ridurre strutturalmente) l’evasione, quanto quello di incrementare il gettito fiscale: se l’obiettivo è questo, in effetti non interessa a nessuno conoscere la dimensione reale delle frodi fiscali, poiché il contrasto all’evasione si fermerà nel momento in cui i governi avranno raggiunto i target di incassi fiscali prefissati. Una logica poco convincente dal punto di vista generale, ma comprensibile in ottica di interesse di casta particolare: nell’economia in nero rientrano anche le tangenti e i beneficiari delle tangenti, naturalmente, non possono che essere quegli stessi esponenti politici che dovrebbero combattere l’evasione…


Allegato 2)

 

Fisco, l’Italia regina dell’evasione dell’Iva.

Nel 2013 perso un terzo del gettito

di F. Q. | 5 settembre 2015


La Commissione Ue aggiorna i calcoli sul gap tra quanto si incassa effettivamente e quanto si potrebbe raccogliere senza evasione. In Italia l'ammanco maggiore del Vecchio continente, in valore assoluto: 47,5 miliardi di euro. Entrate che potrebbero sciogliere la diatriba tra governo e Europa sulla politica fiscale. Nel complesso dell'Europa mancano all'appello 168 miliardi. Solo la Lituania fa peggio di noi

di F. Q. | 5 settembre 2015




Con 47,5 miliardi di euro l’Italia si conferma campione europeo dell’evasione. Solo la Lituania fa peggio di noi. Il dato emerge da uno studio della Commissione europea sull’evasione dell’Iva che circola in queste ore e farà discutere soprattutto in Italia, regina nella maglia nera degli evasori e al tempo stesso alle prese con un doppio braccio di ferro che ha al centro governo e tasse. L’Europa chiede di spostare la tassazione dal lavoro al patrimonio e ai consumi. Renzi va nella direzione contraria, perseguendo la strada dell’abolizione dell’imposta sugli immobili per tutti, sfidando anche chi – nello stesso Pd – ritiene tale misura socialmente ingiusta. Nella diatriba si sono infilati di recente anche la Corte dei Conti e Bankitalia che hanno rimarcato la necessità di abbattere il prelievo sui redditi da lavoro e sull’impresa, che in Italia pesano più che in altro Stato Ue. E ora si certifica che anche l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto pesa da noi più che su 25 Paesi della Ue (vedi tabella in fondo).
E dire che basterebbe far emergere quanto si evade in Italia di Iva (frodi, evasioni, aggiramenti fiscali, bancarotte, insolvenze finanziarie…)  per sciogliere tutti i nodi e consentire anche l’abolizione delle imposte sulla casa, fornendo all’Erario il gettito necessario.  Secondo i calcoli di Eurostat, infatti, la differenza tra quanto lo Stato italiano incassa dall’Iva e quanto in linea teorica dovrebbe incassare sulla base delle regole esistenti nel 2013 è stata di 47,5 miliardi. Nel 2012 era stata di 45 miliardi. Il gap viene calcolato dalla Commissione europea ed è a quota 33,6% nel 2013, dopo il 32% dell’anno precedente. In termini assoluti è il più elevato della Ue, in termini percentuali no: la Lituania ha un differenziale del 37,7%, la Romania del 41%, la Slovacchia del 34,9%. I Paesi più virtuosi sono invece Finlandia, Olanda, Svezia, Lussemburgo e Slovenia con un gap, rispettivamente del 4,1, 4,2, 4,3, 5,1 e 5,8%, poi, leggermente staccata, la Francia che si ferma all’8,9%. Nel complesso la differenza è diminuita in 15 Paesi membri, con i più grandi miglioramenti riscontrati in Lettonia, Malta e Slovacchia.
Complessivamente, la raccolta dell’Iva da parte degli Stati non migliora nell’Unione europea. Nel rapporto il totale degli incassi Iva persi nella Ue viene stimato a quota 168 miliardi: ciò equivale a una perdita di gettito del 15,2% a causa di frodi, evasioni, aggiramenti fiscali, bancarotte, insolvenze finanziarie e calcoli sbagliati in 26 Stati. Per il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, questo studio “mette in evidenza ancora una volta la necessità di un’ulteriore riforma dei sistemi di riscossione dell’Iva in tutta l’Unione europea”. Moscovici ha esortato i Paesi membri “ad adottare le misure necessarie per combattere l’evasione fiscale e la frode fiscale a tutti i livelli”. “Questo – ha concluso – rimane un tema scottante ed è tra i principali obiettivi di questa Commissione”.

Il gap sull’incasso Iva (stime in milioni di euro, 2012-2013)

 

2012

2013

Paese

Incassi Iva

Incassi teorici

VAT Gap

Incassi Iva

Incassi teorici

VAT Gap

Austria

24,563

27,629

3,066

24,953

28,17

3,217

Belgio

26,896

30,272

3,376

27,226

30,412

3,186

Bulgaria

3,828

4,697

869

3,775

4,56

785

Rep Ceca

11,377

14,883

3,506

11,694

15,07

3,375

Danimarca

24,296

26,563

2,267

24,36

26,85

2,489

Estonia

1,508

1,74

232

1,558

1,873

315

Finlandia

17,987

18,524

537

18,848

19,66

812

Francia

142,526

157,36

14,834

144,414

158,51

14,096

Germania

194,034

216,984

22,95

197,005

221,878

24,873

Grecia

13,712

20,595

6,883

12,593

19,09

6,497

Ungheria

9,084

11,963

2,879

9,073

12,003

2,93

Irlanda

10,219

11,508

1,289

10,371

11,596

1,225

ITALIA

96,17

141,332

45,162

93,921

141,437

47,516

Lettonia

1,583

2,391

808

1,693

2,414

721

Lituania

2,521

3,971

1,45

2,611

4,192

1,58

Lussemburgo

3,093

3,269

176

3,485

3,672

187

Malta

536

777

241

586

796

210

Olanda

41,699

43,598

1,899

42,424

44,276

1,852

Polonia

27,783

37,175

9,391

27,78

37,911

10,131

Portogallo

13,995

15,33

1,335

13,71

15,068

1,358

Romania

11,212

19,634

8,422

11,913

20,209

8,296

Slovacchia

4,328

7,054

2,726

4,696

7,209

2,513

Slovenia

2,889

3,18

291

3,045

3,232

186

Spagna

56,652

68,262

11,61

61,35

73,444

12,094

Svezia

37,834

39,762

1,928

39,091

40,867

1,776

Uk

142,943

159,695

16,752

141,668

157,099

15,431

 

 

 

 

 

 

 

Ue-26

923,269

1,088,147

164,879

933,843

1,101,498

167,654

 

di F. Q. | 5 settembre 2015

 

 

 

 

 

Allegato 3)

 



Limiti contanti in Italia e nel resto d’Europa, info paese per paese

Per i residenti nei Paesi Ue o dello Spazio economico europeo si applicano le norme del Paese d’origine; di seguito tutte le info

Monete europee
Le vacanze sono già iniziate da qualche settimana e l’economia si adegua: con il decreto competitività sono cambiate alcune misure che regolano l’utilizzo del contante per gli stranieri che fanno acquisti in Italia. Cosa stabilisce questo decreto? Semplice: le persone fisiche aventi cittadinanza e residenza in un Paese Ue o appartenente allo Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), possono applicare agli acquisti effettuati in Italia il limite al contante che vige nel loro Paese.

LA MISURA NEL DL COMPETITIVITA’ – Il maxi emendamento al decreto competitività porta anche aspetti positivi, come quello che regola il limite dei contanti per acquisti effettuati in Italia da parte di stranieri.
– Se prima la regola prevedeva un limite al contante per gli stranieri di 15.000,00 euro, ora il tetto è stato reso variabile in base a ciò che si applica nel Paese d’origine per tutte quelle persone fisiche che hanno cittadinanza e residenza in uno dei Paesi appartenenti all’Unione Europea o allo Spazio economico europeo, come Islanda, Liechtenstein e Norvegia.
– Questa nuova regola si applica a tutte le spese sostenute presso esercizi di commercio al minuto, esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, per prestazioni di trasporto persone e per prestazioni alberghiere.
– Per la certezza sarà necessario attendere la definitiva approvazione alla Camera dopo il passaggio finale in Senato.

TUTTI I PRINCIPALI LIMITI ALL’UTILIZZO DEL CONTANTE – Stato che vai, limite al contante che trovi. E’ proprio il caso di dirlo: ogni Paese europeo ha delle proprie regole, propri limiti e proprie modalità di applicazione. In Italia è stato il governo Monti, con il decreto legge n° 201/2011, a modificare radicalmente l’utilizzo del contante per dar seguito alle disposizioni europee sull’anti-riciclaggio riducendo la soglia massima per l’utilizzo del denaro contante e dei titoli al portatore da 2.500,00 a 999,99 euro.
– Con il Dl. 16/2012, però, si era previsto che gli operatori del settore del commercio al minuto e agenzie di viaggio e turismo avrebbero potuto vendere beni e servizi ai cittadini stranieri non residenti in Italia, con un limite di pagamento in contante pari a 15.000,00 euro.
– Ma cosa avviene negli altri Paesi appartenenti all’Ue? Ecco la panoramica. Spagna e Francia hanno limiti meno netti: 2.500 euro nella penisola iberica e 3.000 euro tra i nostri cugini, che però riducono l’uso a 1.500 euro per gli stipendi e a 500 euro per l’acquisto di metalli.
– Limite più drastico, ma non come in Italia, in Grecia dove dal 1° aprile del 2011 tutti gli acquisti effettuati da privati possono essere pagati in contanti purché non superino i 1.500 euro di importo.
Discorso molto diverso per Germania ed Olanda che, invece, non hanno alcuna limitazione all’uso del contante. I cittadini residenti in questi Stati, nei loro acquisti in Italia, non dovrebbero sottostare ad alcuna limitazione secondo l’articolo del maxi-emendamento al Dl competitività.
– E poi ci sono altri Paesi dove la soglia è molto alta: 13.400 in Danimarca e 15.000 euro in Belgio e Slovenia.

E GLI EXTRACOMUNITARI? – Nella primavera del 2012 è stata prevista una deroga alla soglia dei 999,99 euro di pagamento in contante per i cittadini stranieri ed extracomunitari che nei commercianti, negli esercenti e nelle agenzie di viaggio possono effettuare pagamenti in contanti fino a 15.000,00 euro.
– Per farlo, però, è necessario effettuare una comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate, fare una fotocopia del passaporto del cliente, richiedere un’autocertificazione in cui l’acquirente attesta che non è cittadino italiano o di altri Paesi Ue o dello Spazio economico europeo.
– Infine, entro il primo giorno feriale successivo a quello dell’operazione, è necessario versare il denaro contante che si è incassato sul proprio conto corrente e consegnare all’operatore finanziario la copia della comunicazione che è stata inviata all’Agenzia delle Entrate.

IL COMMENTO, FAVOREVOLE, DI CONFCOMMERCIO – “È una misura che va nella giusta direzione – commentano da Confcommercio – perché consente alle imprese di operare con maggiore concorrenzialità. Occorre però evitare di creare confusione tra gli operatori che dovranno essere adeguatamente informati sui limiti vigenti negli altri Paesi europei“.
– Quindi: misura utile per spronare e favorire gli investimenti in Italia, a patto che i commercianti siano adeguatamente informati su tutte le diverse soglie di utilizzo dei contanti presenti nei Paesi di riferimento.
– Confcommercio, però, precisa che “sarebbe stata preferibile una soluzione più lineare prevedendo l’individuazione di una soglia senza distinzioni di cittadinanza, come avviene negli altri Paesi europei”.
 (Matteo Torti)

 

Lucca, 28 ottobre 2015



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