Antonio Rossetti
Non per distrazione o per errore, ma per calcolo.
Ci sono continuamente esempi, dai casi di omicidi non risolti, che vengono presentati in tutte le trasmissioni Tv, al caso della vicenda relativa alla salute dell'attuale Pontefice, alla vicenda degli 82 milioni di emendamenti al senato da parte della Lega e se ne potrebbero aggiungere molte sia in dimensione nazionale che internazionale.
Esaurita la fase di “distrazione” poi si dimentica tutto, per dire in modo corretto, si addormentano fino a nuova utilizzazione manovrata.
Delle situazioni relative al costo delle Regioni, dell'uso del danaro pubblico, dei tagli richiesti a gran voce dai cittadini non si sa più nulla, almeno fino alla prossima occasione utilizzabile per altri scopi.
Dopo il caso di Milano dell'ingresso e dell'uccisione di due persone si disse di tutto e di più sulla sicurezza, quali sono state le azioni per garantire la sicurezza all'interno dei palazzi di giustizia, si potrà sapere qualcosa?
La vicenda del comune di S.Remo e i casi di circa 200 persone che si comportavano irregolarmente, possibile nessun responsabile si sia reso conto di cosa avveniva quotidianamente? Erano conniventi? Eppure non sarebbe stato difficile accorgersi di questi casi e rimediare. Vedremo gli sviluppi.
Altre vicende più gravi riguardano la corruzione, non solo nella città di Roma. Anche in questo caso grandi polveroni, poi piano piano la polvere va a terra e si torna al punto di partenza.
Questa premessa, seppure parziale, per affrontare un nuovo argomento utilizzato per distrarre”.
L'argomento è la proposta di elevare a 3 mila euro il limite dell'uso del contante, rispetto all'attuale quota mille.
Giù gli altristi, compreso Cantone, tutti a dire a dire che questo porterà evasione.
Immagino che siano convinti che quota mille sia uno strumento per la lotta all'evasione.
Se questo è il problema non ci sarebbe bisogno di altri strumenti per la lotta all'evasione, basterebbe scendere a quote più basse e tutto torna a posto. L'evasione scompare.
Chi sostiene che tutto dipende dalla quota di pagamenti in liquido non pensa che invece i meccanismi e le scelte per la lotta all'evasione siano altri, davvero utili alla lotta all'evasione.
Ma distraendo tutti sulla proposta del presidente del Consiglio, poi si metteranno a dire: visto che c'è evasione in Italia la colpa è dei 3 mila euro di liquidità, altrimenti saremmo a posto. Improvvisamente scoppierebbe il virtuosismo.
Su questo argomento ho cercato alcuni dati sulla evasione in anni precedenti, in Italia, e li ho confrontati con altri relativi ai Pesi Europei( all.1 e 2) , mettendo a confronto le soglie di pagamenti con danaro liquido nei Paesi ad evasione più bassa ( all.3), per sostenere che sono altri i provvedimenti da prendere per la tracciabilità e per la lotta all'evasione, anche con meccanismi che incentivano la correttezza, non solo con la caccia a posteriori agli evasori.
Quindi gli altristi spostano la discussione per non affrontare i veri problemi della evasione e della corruzione.
La scelta della quota mille euro come limite dei contanti in Italia fu introdotta dal presidente Monti, ma non si può dire che sia stato un successo, anzi, la situazione è ancora più grave, certo per altre ragioni, ma è proprio sulle altre ragioni che si dovrebbe intervenire.
Se fosse vera la relazione liquidità uguale evasione, la Danimarca sarebbe in prima fila per l'evasione, avendo stabilito il limite dei contanti a quota 13.400 euro; ma anche in altri paesi più virtuosi vi sono quote che sono superiori, agli attuali mille euro in Italia. (all.3)
A proposito, con la fascia mille, quali sono stati i miglioramenti sulla lotta all'evasione?
Ci aiuterebbero a capire.
Per non aggiungere altro vi riporto le tabelle di evasione in Italia e in altri Paesi.
Difficile immaginare una evasione superiore con qualsiasi quota di liquidità di spesa.
Bene perché non provare a cogliere esperienze di altri Paesi, anche con sistemi di controlli veri, per scoraggiare e per intervenire sui casi reali?
L’evasione
ed elusione
fiscale europea è stimata in almeno 1.000 miliardi di euro annui; l’Italia
è il grande paese con maggior percentuale di frodi fiscali rispetto al Pil. La
distribuzione territoriale fa ritenere che l’economia meridionale riesce a
sopravvivere solo perché non paga le imposte.
Nel settembre 2012 il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera,
in audizione alla commissione Finanze della Camera, confermava l’azione di
contrasto all’evasione
fiscale in corso in Italia: a poco
più di due mesi dalla fine dell’anno Befera forniva l’obiettivo del recupero
fiscale per il 2012 a circa 13 miliardi di euro, in crescita rispetto ai
12,7 del 2011.
In realtà l’ultima parte dell’anno non ha portato i risultati sperati, tanto
che l’evasione accertata nel 2012 sembra si sia attestata sui 12,5 miliardi
(il dato non è ancora ufficiale). Il calo è sicuramente dovuto alla crisi economica e
forse ad un allentamento dell’attività di accertamento (anche a causa del
minore impulso fornito da un governo dimissionario), ma anche al fatto che il
2011 è stato l’anno dei grandi patteggiamenti: Bosch aveva patteggiato un
versamento di 300 milioni di euro (evasione contestata 1,5 miliardi), Monte dei Paschi
aveva versato 260 milioni (cartella di 1,08 miliardi), Banca Intesa 250 milioni,
Banca Popolare di Milano 186 milioni, Unicredit 99 milioni. I casi più
eclatanti, che sembrano non essersi ripetuti nel 2012 e che avevano portato
almeno 1,5 miliardi di euro nelle casse dello Stato come sanatoria per gli anni
precedenti, sono la palese dimostrazione che l’evasione va ricercata a tutti i
livelli, ma i numeri veri si nascondono dietro le grandi società,
piuttosto che nelle pur molto numerose attività di piccolo cabotaggio. Se i
dati ufficiali confermassero che nel 2012 le cifre recuperate dai grandi
patteggiamenti risultano inferiori a quelle del 2011, sarebbe chiaro che
l’attività di contrasto si è concentrata maggiormente sul territorio
(risultando più efficace nell’anno precedente) e non sulle imprese di grandi
dimensioni e con propaggini operative all’estero. Sarebbe questa politica,
probabilmente, la causa vera del minor gettito prodotto.
LA DISTRIBUZIONE DELL’EVASIONE IN ITALIA
A quanto ammonta il giro d’affari delle frodi fiscali in Italia? Nei post “Economia sommersa
e Pil: i dati dell’Istat” e “Alcune stime
sul sommerso in Italia” sono riportate le valutazioni più accreditate oggi
circolanti in Italia. Il presidente della Corte dei Conti, nello scorso
ottobre in audizione alla commissione Finanze del Senato, indicava la cifra di 180
miliardi di euro annui, citando dati Ocse. La stima fornita dalla Corte dei Conti è
quella che di solito viene attribuita all’Italia a livello internazionale.
E’ interessante osservare la distribuzione territoriale dell’evasione:
nell’aprile 2012 l’Uif (Unità di Informazione Finanziaria) ha pubblicato un
documento a proposito, che riportiamo nella seguente tabella.
Evasione media ogni 100 euro di imposta versata
REGIONE |
EURO EVASI OGNI 100 VERSATI |
REGIONE |
EURO EVASI OGNI 100 VERSATI |
MOLISE |
64,47 |
V. D’AOSTA |
34,15 |
BASILICATA |
64,47 |
MARCHE |
34,15 |
PUGLIA |
60,71 |
UMBRIA |
34,15 |
CAMPANIA |
59,77 |
PIEMONTE |
29,52 |
SICILIA |
56,86 |
LOMBARDIA |
27,99 |
CALABRIA |
52,7 |
TOSCANA |
27,76 |
SARDEGNA |
47,81 |
EMILIA R. |
27,73 |
ABRUZZO |
41,73 |
VENETO |
24,26 |
FRIULI V.G. |
37,4 |
LIGURIA |
23,05 |
LAZIO |
36,36 |
TRENTINO A.A. |
20,31 |
Fonte:
Uif
La media italiana, secondo l’Uif, è di 38,19 euro dovuti all’Erario e non
versati ogni 100 euro di imposte pagate.
L’Uif (che fa capo a Bankitalia) ha il compito istituzionale di controllare e
contrastare il riciclaggio di denaro, approcciandosi al fenomeno
sostanzialmente monitorando i flussi che transitano attraverso gli intermediari
finanziari. L’impostazione da cui parte l’organismo nell’attività
antiriciclaggio è che l’evasione
fiscale è il presupposto del riciclaggio di denaro sporco: i
due fenomeni (entrambi reati) sono in sostanza aspetti della stessa medaglia,
come riconosciuto ufficialmente dal Gafi (Gruppo di Azione Antiriciclaggio
dell’Ocse) all’inizio del 2012 a livello mondiale.
L’evasione fiscale, quindi, contribuisce in misura essenziale a creare
masse consistenti di denaro sporco (come e forse in misura maggiore di attività
criminali socialmente considerate più gravi) ed è la fonte con cui vengono
finanziate attività criminali, in particolare di tipo organizzato, o acquisite
attività economiche apparentemente legali (che rappresentano la faccia
presentabile delle organizzazioni criminali).
L’EVASIONE
FISCALE IN EUROPA
Secondo la Corte dei Conti il nostro paese al
primo posto in assoluto nella Ue e ai primissimi posti della graduatoria
internazionale (secondo Giampaolino alle
spalle solo di Turchia e Messico) quanto a frodi fiscali.
Poiché l’evasione fiscale è un’attività illecita, a livello europeo non
esistono studi statistici ufficiali: nelle istituzioni Ue si fa di solito
riferimento ad uno studio realizzato dall’autorevole organizzazione Tax Research di Londra
sulla base del Pil europeo 2009 (lo studio è stato commissionato dal gruppo
socialista-democratico dell’Europarlamento), pubblicato nel marzo 2012. Le
risultanze dell’analisi, oggi prese per buone a tutti i livelli Ue, indicano
che l’evasione fiscale complessiva si attestava poco più di tre anni fa a più
di 860 miliardi di euro annui, ripartiti come riportato in tabella:
L’evasione fiscale in Europa (su dati 2009)
PAESE |
SOMMERSO % PIL |
TASSE PERSE (MILIARDI DI EURO) |
PAESE |
SOMMERSO % PIL |
TASSE PERSE (MILIARDI DI EURO) |
ITALIA |
27,0 |
180,257 |
BELGIO |
21,9 |
33,629 |
16,0 |
158,736 |
OLANDA |
13,2 |
29,801 |
|
FRANCIA |
15,0 |
120,619 |
|
|
|
REGNO UNITO |
12,5 |
74,032 |
|
|
|
SPAGNA |
22,5 |
72,709 |
TOTALE |
|
864,282 |
Fonte: Tax Research
LLP
Ogni anno, poi, vanno aggiunti circa 150
miliardi di elusione fiscale: il totale europeo delle frodi fiscali, pertanto, si
aggira almeno a 1.000 miliardi di euro.
In questa graduatoria l’Italia, con il suo 27%, è superata da nove paesi, che
tuttavia hanno economie per dimensioni e grado di sviluppo non paragonabili a
quella della Penisola. Il primato negativo è della Bulgaria (evasione al 35,3%
del Pil), seguita da Romania (32,6), Lituania (32), Estonia (31,2), Lettonia
(29,2), Cipro (28), Grecia (27,5), Malta e Polonia (27,2). Tax Research ha
tentato di fornire un parametro più oggettivo di valutazione della dimensione
relativa dell’evasione fiscale confrontando il livello dell’economia sommersa
in rapporto con la spesa per l’assistenza sanitaria: su questo fronte il 228,2%
italiano è superato solo dal 260,5% dell’Estonia.
CONCLUSIONI
Dalla tabella risulta evidente che l’Italia (come anche Spagna e Belgio)
ha ancora molto da recuperare rispetto alle percentuali di evasione fiscale
degli altri maggiori paesi europei, soglia che possiamo definire
fisiologica.
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale fornita dall’Uif, è evidente
che molti sforzi dovranno essere compiuti per portare la legalità fiscale
nel Meridione, dove è radicata una forte cultura della frode fiscale
(largamente percepita neanche come reato minore) e dove agisce la principale
causa dell’evasione stessa, la criminalità
organizzata. L’impressione è che l’economia meridionale si regge proprio
grazie alle frodi fiscali, per cui la semplice azione di contrasto all’evasione
rischierebbe di desertificare l’intero Sud Italia da qualsivoglia attività
economica: il problema è a nostro giudizio molto complesso e richiede la
valutazione di aliquote ufficiali compatibili con l’esistenza di un’economia che
possa non solo sopravvivere, ma anche svilupparsi senza assistenzialismo. Il
tema non è facile da affrontare, visto che non è possibile, anche a causa
dell’impostazione fiscale europea, prevedere aliquote strutturalmente
differenziate fra le differenti aree geografiche ed economiche italiane (si
configurerebbe un aiuto di Stato al sistema produttivo
meridionale).
Impressiona, infine, che su un fenomeno così pervasivo e destabilizzante per
l’intera economia (nel senso di alterazione della concorrenza e del
cospicuo danno erariale) non esistono cifre aggiornate e strutture di
indagine e analisi dedicate, sia in Europa che in Italia (dal post “Alcune stime
sull’economia sommersa in Italia” si comprende che le stime italiane sono
piuttosto approssimative e comunque datate). Noi di Economy2050 ci chiediamo
come sia possibile impostare una efficace strategia di contrasto all’evasione
fiscale, come sembra la Ue si sia decisa finalmente a fare (post “L’Europa
muove contro l’evasione fiscale internazionale” e “Lotta
all’evasione fiscale: Lussemburgo, Austria e Svizzera cedono sul segreto
bancario”), se non si ha una percezione sufficientemente corretta delle
frodi fiscali e, soprattutto, dei dati per valutare se le politiche di
contrasto adottate tempo per tempo stiano portando risultati concreti. Ma forse
i governi europei non hanno come obiettivo primario quello di eliminare (o ridurre
strutturalmente) l’evasione, quanto quello di incrementare il gettito fiscale: se
l’obiettivo è questo, in effetti non interessa a nessuno conoscere la
dimensione reale delle frodi fiscali, poiché il contrasto all’evasione si
fermerà nel momento in cui i governi avranno raggiunto i target di incassi
fiscali prefissati. Una logica poco convincente dal punto di vista generale, ma
comprensibile in ottica di interesse di casta particolare: nell’economia in
nero rientrano anche le tangenti e i beneficiari delle tangenti, naturalmente,
non possono che essere quegli stessi esponenti politici che dovrebbero
combattere l’evasione…
Allegato 2)
Fisco, l’Italia regina dell’evasione dell’Iva.
Nel 2013 perso un terzo del gettito
di F. Q. | 5 settembre 2015
La Commissione Ue aggiorna i calcoli sul gap tra quanto si incassa
effettivamente e quanto si potrebbe raccogliere senza evasione. In Italia
l'ammanco maggiore del Vecchio continente, in valore assoluto: 47,5 miliardi di
euro. Entrate che potrebbero sciogliere la diatriba tra governo e Europa sulla
politica fiscale. Nel complesso dell'Europa mancano all'appello 168 miliardi.
Solo la Lituania fa peggio di noi
di F. Q. | 5 settembre 2015
Con 47,5
miliardi di euro l’Italia si conferma campione europeo
dell’evasione. Solo la Lituania fa peggio di noi. Il dato emerge da uno studio
della Commissione europea sull’evasione dell’Iva che circola in queste ore e
farà discutere soprattutto in Italia, regina nella maglia nera degli evasori e
al tempo stesso alle prese con un doppio braccio di ferro che ha al centro
governo e tasse. L’Europa chiede di spostare la tassazione dal lavoro al
patrimonio e ai consumi. Renzi va nella direzione contraria, perseguendo la
strada dell’abolizione dell’imposta sugli immobili per tutti, sfidando anche
chi – nello stesso Pd – ritiene tale misura socialmente ingiusta. Nella
diatriba si sono infilati di recente anche la Corte dei Conti e Bankitalia che hanno
rimarcato la necessità di abbattere il prelievo sui redditi da lavoro e
sull’impresa, che in Italia pesano più che in altro Stato Ue. E ora si
certifica che anche l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto pesa da noi più
che su 25 Paesi della Ue (vedi tabella in fondo).
E dire che basterebbe far emergere quanto si evade in
Italia di Iva (frodi, evasioni, aggiramenti fiscali, bancarotte, insolvenze
finanziarie…) per sciogliere tutti i nodi e consentire anche l’abolizione
delle imposte sulla casa, fornendo all’Erario il gettito necessario.
Secondo i calcoli di Eurostat, infatti, la differenza tra quanto lo Stato
italiano incassa dall’Iva e quanto in linea teorica dovrebbe incassare sulla
base delle regole esistenti nel 2013 è stata di 47,5 miliardi. Nel 2012 era stata di 45
miliardi. Il gap viene
calcolato dalla Commissione europea ed è a quota 33,6% nel 2013, dopo il
32% dell’anno precedente. In termini assoluti è il più elevato della Ue, in
termini percentuali no: la Lituania ha un differenziale del 37,7%, la Romania
del 41%, la Slovacchia del 34,9%. I Paesi più virtuosi sono invece Finlandia, Olanda,
Svezia, Lussemburgo e Slovenia con un gap, rispettivamente del 4,1, 4,2, 4,3,
5,1 e 5,8%, poi, leggermente staccata, la Francia che si ferma all’8,9%. Nel
complesso la differenza è diminuita in 15 Paesi membri, con i più grandi
miglioramenti riscontrati in Lettonia, Malta
e Slovacchia.
Complessivamente, la raccolta dell’Iva da parte degli
Stati non migliora nell’Unione europea. Nel rapporto il totale degli incassi
Iva persi nella Ue viene stimato a quota 168
miliardi: ciò equivale a una perdita di gettito del 15,2% a
causa di frodi, evasioni, aggiramenti fiscali, bancarotte, insolvenze
finanziarie e calcoli sbagliati in 26 Stati. Per il commissario agli
Affari economici, Pierre
Moscovici, questo studio “mette in evidenza ancora una volta la
necessità di un’ulteriore riforma dei sistemi di riscossione dell’Iva in
tutta l’Unione europea”. Moscovici ha esortato i Paesi membri “ad adottare le
misure necessarie per combattere l’evasione fiscale e la frode fiscale a tutti
i livelli”. “Questo – ha concluso – rimane un tema scottante ed è tra i
principali obiettivi di questa Commissione”.
Il gap sull’incasso Iva (stime in milioni di euro, 2012-2013)
|
2012 |
2013 |
||||
Paese |
Incassi Iva |
Incassi teorici |
VAT Gap |
Incassi Iva |
Incassi teorici |
VAT Gap |
Austria |
24,563 |
27,629 |
3,066 |
24,953 |
28,17 |
3,217 |
Belgio |
26,896 |
30,272 |
3,376 |
27,226 |
30,412 |
3,186 |
Bulgaria |
3,828 |
4,697 |
869 |
3,775 |
4,56 |
785 |
Rep Ceca |
11,377 |
14,883 |
3,506 |
11,694 |
15,07 |
3,375 |
Danimarca |
24,296 |
26,563 |
2,267 |
24,36 |
26,85 |
2,489 |
Estonia |
1,508 |
1,74 |
232 |
1,558 |
1,873 |
315 |
Finlandia |
17,987 |
18,524 |
537 |
18,848 |
19,66 |
812 |
Francia |
142,526 |
157,36 |
14,834 |
144,414 |
158,51 |
14,096 |
Germania |
194,034 |
216,984 |
22,95 |
197,005 |
221,878 |
24,873 |
Grecia |
13,712 |
20,595 |
6,883 |
12,593 |
19,09 |
6,497 |
Ungheria |
9,084 |
11,963 |
2,879 |
9,073 |
12,003 |
2,93 |
Irlanda |
10,219 |
11,508 |
1,289 |
10,371 |
11,596 |
1,225 |
ITALIA |
96,17 |
141,332 |
45,162 |
93,921 |
141,437 |
47,516 |
Lettonia |
1,583 |
2,391 |
808 |
1,693 |
2,414 |
721 |
Lituania |
2,521 |
3,971 |
1,45 |
2,611 |
4,192 |
1,58 |
Lussemburgo |
3,093 |
3,269 |
176 |
3,485 |
3,672 |
187 |
Malta |
536 |
777 |
241 |
586 |
796 |
210 |
Olanda |
41,699 |
43,598 |
1,899 |
42,424 |
44,276 |
1,852 |
Polonia |
27,783 |
37,175 |
9,391 |
27,78 |
37,911 |
10,131 |
Portogallo |
13,995 |
15,33 |
1,335 |
13,71 |
15,068 |
1,358 |
Romania |
11,212 |
19,634 |
8,422 |
11,913 |
20,209 |
8,296 |
Slovacchia |
4,328 |
7,054 |
2,726 |
4,696 |
7,209 |
2,513 |
Slovenia |
2,889 |
3,18 |
291 |
3,045 |
3,232 |
186 |
Spagna |
56,652 |
68,262 |
11,61 |
61,35 |
73,444 |
12,094 |
Svezia |
37,834 |
39,762 |
1,928 |
39,091 |
40,867 |
1,776 |
Uk |
142,943 |
159,695 |
16,752 |
141,668 |
157,099 |
15,431 |
|
|
|
|
|
|
|
Ue-26 |
923,269 |
1,088,147 |
164,879 |
933,843 |
1,101,498 |
167,654 |
di F. Q. | 5 settembre 2015
Per i residenti nei Paesi Ue o dello Spazio economico
europeo si applicano le norme del Paese d’origine; di seguito tutte le info
Monete europee
Le vacanze sono già iniziate da qualche settimana e l’economia si adegua: con
il decreto competitività sono cambiate alcune misure che regolano l’utilizzo
del contante per gli stranieri che fanno acquisti in Italia. Cosa stabilisce
questo decreto? Semplice: le persone fisiche aventi cittadinanza e residenza in
un Paese Ue o appartenente allo Spazio economico europeo (Islanda,
Liechtenstein e Norvegia), possono applicare agli acquisti effettuati in Italia
il limite al contante che vige nel loro Paese.
LA MISURA NEL DL COMPETITIVITA’ – Il maxi emendamento al decreto
competitività porta anche aspetti positivi, come quello che regola il limite
dei contanti per acquisti effettuati in Italia da parte di stranieri.
– Se prima la regola prevedeva un limite al contante per gli stranieri di
15.000,00 euro, ora il tetto è stato reso variabile in base a ciò che si
applica nel Paese d’origine per tutte quelle persone fisiche che hanno
cittadinanza e residenza in uno dei Paesi appartenenti all’Unione Europea o
allo Spazio economico europeo, come Islanda, Liechtenstein e Norvegia.
– Questa nuova regola si applica a tutte le spese sostenute presso esercizi di
commercio al minuto, esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, per
prestazioni di trasporto persone e per prestazioni alberghiere.
– Per la certezza sarà necessario attendere la definitiva approvazione alla
Camera dopo il passaggio finale in Senato.
TUTTI I PRINCIPALI LIMITI ALL’UTILIZZO DEL CONTANTE – Stato che vai,
limite al contante che trovi. E’ proprio il caso di dirlo: ogni Paese europeo
ha delle proprie regole, propri limiti e proprie modalità di applicazione. In
Italia è stato il governo Monti, con il decreto legge n° 201/2011, a modificare
radicalmente l’utilizzo del contante per dar seguito alle disposizioni europee
sull’anti-riciclaggio riducendo la soglia massima per l’utilizzo del denaro
contante e dei titoli al portatore da 2.500,00 a
999,99 euro.
– Con il Dl. 16/2012, però, si era previsto che gli operatori del settore del
commercio al minuto e agenzie di viaggio e turismo avrebbero potuto vendere
beni e servizi ai cittadini stranieri non residenti in Italia, con un limite di
pagamento in contante pari a 15.000,00 euro.
– Ma cosa avviene negli altri Paesi appartenenti all’Ue? Ecco la panoramica. Spagna
e Francia hanno limiti meno netti: 2.500 euro nella penisola
iberica e 3.000 euro tra i nostri cugini, che però riducono l’uso a 1.500 euro
per gli stipendi e a 500 euro per l’acquisto di metalli.
– Limite più drastico, ma non come in Italia, in Grecia dove dal
1° aprile del 2011 tutti gli acquisti effettuati da privati possono essere
pagati in contanti purché non superino i 1.500 euro di importo.
– Discorso molto diverso per Germania ed Olanda che, invece, non hanno
alcuna limitazione all’uso del contante. I
cittadini residenti in questi Stati, nei loro acquisti in Italia, non
dovrebbero sottostare ad alcuna limitazione secondo l’articolo del
maxi-emendamento al Dl competitività.
– E poi ci sono altri Paesi dove la soglia è molto
alta: 13.400 in Danimarca e 15.000 euro in Belgio e
Slovenia.
E GLI EXTRACOMUNITARI? – Nella primavera del 2012 è stata prevista una
deroga alla soglia dei 999,99 euro di pagamento in contante per i cittadini
stranieri ed extracomunitari che nei commercianti, negli esercenti e nelle
agenzie di viaggio possono effettuare pagamenti in contanti fino a 15.000,00
euro.
– Per farlo, però, è necessario effettuare una comunicazione preventiva
all’Agenzia delle Entrate, fare una fotocopia del passaporto del cliente,
richiedere un’autocertificazione in cui l’acquirente attesta che non è
cittadino italiano o di altri Paesi Ue o dello Spazio economico europeo.
– Infine, entro il primo giorno feriale successivo a quello dell’operazione, è
necessario versare il denaro contante che si è incassato sul proprio conto
corrente e consegnare all’operatore finanziario la copia della comunicazione
che è stata inviata all’Agenzia delle Entrate.
IL COMMENTO, FAVOREVOLE, DI CONFCOMMERCIO – “È una misura che va nella
giusta direzione – commentano da Confcommercio – perché consente alle imprese
di operare con maggiore concorrenzialità. Occorre però evitare di creare
confusione tra gli operatori che dovranno essere adeguatamente informati sui
limiti vigenti negli altri Paesi europei“.
– Quindi: misura utile per spronare e favorire gli investimenti in Italia, a
patto che i commercianti siano adeguatamente informati su tutte le diverse
soglie di utilizzo dei contanti presenti nei Paesi di riferimento.
– Confcommercio, però, precisa che “sarebbe stata preferibile una soluzione più
lineare prevedendo l’individuazione di una soglia senza distinzioni di
cittadinanza, come avviene negli altri Paesi europei”.
(Matteo Torti)
Lucca, 28 ottobre 2015