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Dall'elezione diretta dei sindaci al sindaco d'Italia, meglio riflettere.

 

Di Antonio Rossetti

 

Il 3 agosto 2015, il comune di Lucca ha festeggiato il 150° anniversario del Consiglio Comunale.

La prima seduta venne convocata  il 3 agosto del 1865, a seguito delle elezioni del 15 luglio dello stesso anno. Una occasione simbolica importante che ha visto presenze e interventi  che possono consentire riflessioni di merito.

Non avendo gli elementi per valutare  quanto fosse  autorevole, nel corso degli anni, l'assemblea consiliare, mi limito a considerare il tempo che va dalla legge 81/93 ad oggi per rilevare che il consiglio si è visto ridurre competenze e ruolo.

Non mi riferisco al sistema del voto, con la elezione diretta del sindaco, e neppure alla spettanza dei seggi assegnati alla maggioranza e alla minoranza, quanto sulle modalità di designazione della Giunta e ( nominata dal sindaco e revocabile dal sindaco) e delle competenze limitate del Consiglio stesso.

Riprendere la discussione dopo oltre 20 anni per valutare, laddove occorra, di apportare  modifiche che, senza ripetere  gli errori del passato, consentano una vitalità dell'assemblea ed un effettivo ruolo di partecipazione, di indirizzo e di ampio consenso per le scelte  di maggiore rilievo per la città e per i cittadini.

Il Plauso all'Amministrazione dovrebbe considerare l'impegno a valorizzare e qualificare l'attività del consiglio ancora di più in assenza di altri organismi elettivi di partecipazione ( i consigli  di circoscrizione).

Il Presidente ed il Sindaco di Lucca  hanno teso a valorizzare  la ricorrenza e vi è stato un vasto consenso, ma da questa data  si può dare il via ad un confronto utile considerando che,   da un po' di tempo,  si sta diffondendo la critica  nei confronti degli uomini soli al comando.

 

Partendo dalla giornata del 3 agosto  2015  prendo spunto per una prima riflessione sull'uomo solo al comando.

Il punto più ”alto” di tale critica è il Presidente del Consiglio che è, al tempo stesso, una sorta di Sindaco d'Italia, e anche il segretario del Pd, così è uomo al comando formato doppio.

 

Le critiche  in qualità di segretario nazionale del Pd riguardano la gestione, non la legittimità del voto, mentre, per la carica di Presidente del Consiglio, la minoranza PD, si  è accodata  alle posizioni di Pdl (Forza Italia) nella critica al ruolo senza passaggio elettorale.

Un'accusa irrilevante giuridicamente e senza rilievo costituzionale, ma ripetuta nel tentativo di screditarne il ruolo e la persona.

 

L'incarico c'è ed è legittimo, ma si cerca di forzare  con l'esempio del sindaco eletto direttamente in base alla legge 81 del 1993.

Un richiamo che, a mia opinione,  non dispiace per niente al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che considera l'idea del sindaco d'Italia  più vicina al suo modo si operare.

Si può  discutere dello stile politico, delle contraddizioni e del conflitto tra la posizione di segretario di un Partito, per sua natura di parte  e di presidente del Consiglio che deve tenere conto delle parti in “coalizione”, ma la polemica contro Renzi, in particolare da parte della minoranza del PD, è di critica all'uomo solo al comando perché è Matteo Renzi.

A dire il vero Renzi non fa quasi nulla per  passare come “uomo del dialogo”, anche quando dialoga  lo fa in modo “solitario” quasi unilaterale, almeno così appare.

 

Tuttavia c'è da considerare  che la questione dell'Uomo solo al comando non riguarda solo Renzi.

Quanti sono coloro che, in passato Presidenti di Regione, di Provincia, Sindaci erano e si comportavano come uomini soli al comando, in molti continuano a farlo ancora oggi.

Si dirà che ciò dipende  dalla legge 81/93, nata, nelle intenzioni, per dare stabilità e governabilità a Comuni e Province  e ripresa nella sostanza per le Regioni.

I sindaci, non c'è bisogno di fare gli esempi, si sono comportati da Unici, rare sono le eccezioni.

I componenti le giunte comunali sono precari e sostituibili senza necessità di motivazione, i consigli comunali con poteri quasi inesistenti, quindi il sindaco è Uomo solo al comando.

 

I casi di Roma, le vicende della Sicilia, le tante situazioni nelle Regioni, e tantissimi altri casi su appalti e corruzione sono evidenti distorsioni di un sistema, appunto dell'uomo solo, che è stato interpretato con il faccio come voglio e spesso per i miei interessi personali o di parte.

La legge 81/93 può avere dato stabilità, ma con la stabilità ha favorito l'arroganza di chi pensa di poter restare per tutto il mandato e sfida chi non è d'accordo. “Se volete andiamo a casa tutti”.

 

“Stabilità” non è sinonimo di governabilità, spesso diventa un punto di forza di chi agisce per corrompere o per agire a favore o a danno di qualcuno o qualcosa.

Ci è interessato sa bene che è un uomo solo  che decide, quindi  questa persona è sotto continue pressioni, perché  tutto o quasi  dipende da lui, ovviamente in relazione al ruolo.

Per fortuna  non è tutto così, mi piace pensare che non siano in maggioranza i sindaci che credono di poter decidere da soli, ma la malattia è molto diffusa.

 

Credo che sia giunto il momento di rivedere la legge 81/93 nella parte che riguarda i compiti del Consiglio comunale e della modalità di voto per i componenti della Giunta, (ad esempio  che sia eletta dal Consiglio su proposta del Sindaco),  che siano costruite nuove  modalità di partecipazione dei cittadini, anche a seguito della cancellazione dei consigli di Circoscrizione.

In sostanza si sono approvate leggi, come quella della elezione diretta dei Sindaci, che attribuiscono poteri quasi totali ad una persona, per accorgersi dopo che è necessario  introdurre figure di controllo, per limitarne i poteri. Figure che  riguardano gli appalti, e nuove forme di commissariamento, più o meno esplicito.

Forme di commissariamento che rasentano l'assurdo.

Dire che al sindaco di Roma viene data la possibilità o no di continuare, dall'esterno, è come  dichiarare che la sua elezione  è discutibile e la sua amministrazione è fragile e condizionata.

Meglio rivedere la legge e riequilibrare i poteri definendo sistemi di controllo che  siano codificati per tutti e non a discrezione di qualcuno . Qualora vi siano  casi eclatanti, per cui si dovrà giungere allo scioglimento, ad esempio per mafia, corruzione o altri fatti gravi,  sempre qualora vi siano prove sicure, non si può essere clementi con gli amici e determinati e inclementi  con altri.

 

L'uomo solo al comando è sempre un problema, ma per qualcuno riguarda solo altri e solo i nemici dichiarati o scelti.  Dopo 20 anni è più la legge 81/93 presenta limiti da correggere.

La domanda, oltre alla stabilità di per se utile, sta nella realizzazione, nel governo, nella capacità di rispondere alle domande dei cittadini e del territorio.

Si può essere stabili e non realizzare niente di buono e niente di utile, ma sempre stabili.

Il discorso relativo al sindaco d'Italia è ancora più evidente, sarebbe, a mio avviso un grave errore, anche per non dare  ancora sostegno a questa idea, meglio rivedere la Legge 81/93 e in generale la legislazione che ha come base una idea del   “faccio tutto io”.

Se ci guardiamo intorno vediamo molti limiti e tanti guai e comportamenti sconcertanti. Ci sono certo altri motivi, ma non è bene fingere che tutto va bene e che non si deve toccare nulla.

Un Paese complesso non si semplifica con le scorciatoie, se oltre il 50% ha deciso di non esprimersi per le elezioni  dei propri rappresentanti qualche motivo ci sarà, anzi più di qualche. 

 

Lucca, 14 agosto 2015

 

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