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Breve commento introduttivo

Sentire Matteo Renzi che dice "noi non siamo dei passacarte della Procura di Trani", mi ha fatto sobbalzare sulla sedia dalla sorpresa e, nel contempo, mi ha fatto un immenso piacere.
Sorpresa perche', finalmente, l'esponente di governo che occupa la poltrona piu' alta, per giunta Segretario nazionale del Pd, ha avuto il coraggio di dire cio' che da vari lustri si sarebbe dovuto dire per riportare i poteri dello Stato al normale equilibrio di un moderno "Stato di diritto".
Piacere nel sentire - dal premier-segretario, parole che rivendicano orgogliosamente il ruolo della politica e delle istituzioni con cui si esprime, e che vuole, finalmente, liberarsi da quella sorta di "minorita'" con cui e' stata trattata dai vari moralisti, soloni e guru che hanno imperato negli ultimi lustri della nostra storia.

Naturalmente nessuna indulgenza nei confronti di chi compie reati. Vanno perseguiti con il massimo rigore. Solo una classe politica pulita e che riesca a convincere il Paese di esserlo, potra' recuperare credibilita'.

Si processano i reati pero', non la politica.
Questo - in soldoni - e' il significato vero delle parole di Renzi.

Della necessita' di riportare il rapporto fra politica e magistratura entro canali "normali", si parla ormai da oltre vent'anni. Rapporti normali, dicevo, non certo imbrigliamento del necessario contrasto ai reati che la classe politica ha commesso in abbondanza.
Il problema vero e' quello di ricondurre queste due insostituibili funzioni dello Stato ai loro compiti istituzionali.
Intendiamoci, le responsabilita' sono, come delresto sempre, mai da una sola parte. Se infatti credo sia difficile non accorgersi della presenza di frange politicizzate della magistratura, altrettanto impossibile e' non accorgersi di frange magistraturizzate della politica: frange che, quando non riescono a vincere sul terreno dello scontro politico, mettono in campo la magistratura, spostando cosi' lo scontro sul piano giudiziario.
Fatti recenti, anche clamorosi, ne sono eloquenti esempi.

Ai lettori di Fucinaidee propongo un testo di Claudio Cerasa, apparso sul Foglio dell'1 agosto.
E' un po' particolare ma mi pare valga la pena leggerlo.
Dopo tutto tratta un tema di assoluta importanza per il Paese. Tema che dovra' essere affrontato con coraggio e senza inibizioni, se il Paese vorra' finalmente tornare ad essere un normale Stato di diritto moderno.
Le parole di Renzi potrebbero essere un segnale per aprire una fase nuova. Vedremo....

Paolo Razzuoli

Cosa aspettarsi dopo lo schiaffo di Renzi alla Repubblica delle Serracchiani

di Claudio Cerasa

"Non siamo dei passacarte della procura di Trani”. Spartiacque culturale tra l’Italia social confusa dei professionisti della morale e l’Italia che sogna di non farsi seppellire dalle lezioncine dei Rodotà-tà-tà

Una goduria. Matteo Renzi ha fatto quello che avrebbe dovuto fare già molto tempo fa, lo scorso venerdi' 31 luglio: ha chiamato finalmente le cose con il loro nome, ha mandato a quel paese chi meritava di andare a quel paese, ha preso una posizione chiara sul caso del “salvataggio” del senatore Azzollini e ha preso a spallate, a strattonate, a calci nel sedere, la repubblica del moralismo, con tutti i suoi fenomenali giustizieri a cinque stelle, i suoi cronistelli a servizio delle procure, i suoi opinionisti che scambiano veline dei magistrati per pagine del Vangelo.

Si processano i reati, non la politica. Renzi lo ha detto alla fine di un lungo ragionamento ma lo ha detto con parole definitive, che segnano uno spartiacque culturale tra l’Italia social confusa dei professionisti della morale e l’Italia che sogna di non farsi seppellire dalle lezioncine dei Rodotà-tà-tà, dalle interviste delle teste di Casson (copyright Montanelli), dai cloni di Antonio Ingroia, dai cugini di Crocetta, dagli zii di Marino, dai magistrati che si trasformano in giornalisti e dai giornalisti che si trasformano in talebani del moralismo. Goduria assoluta: “Noi – ha detto Renzi – non siamo dei passacarte della procura di Trani”.
Non ci illudiamo, per carità. Sappiamo bene che dalle parole sarà difficile passare ai fatti. Sappiamo bene che i muscoli mostrati oggi da Renzi contro i passacartisti delle procure non avranno lo stesso tono quando si andrà a parlare di riforma delle intercettazioni, di riforma della giustizia penale, di peso delle correnti nella magistratura, di separazione delle carriere e di tutti gli altri temi che andrebbero affrontati per essere coerenti con quanto detto il 31 luglio dal presidente del Consiglio, per limitare la presenza della magistratura nella vita della politica e dare alla politica e allo stato di diritto gli antidoti giusti per combattere quel virus letale che si chiama supplenza della magistratura.

Sappiamo bene che Renzi stesso è lo stesso furbacchione che spesso si contraddice, quando si parla di giustizia, e che è Renzi stesso, per esempio, ad aver concentrato nelle mani di un magistrato, Raffaele Cantone, nuovo inimitabile ayatollah delle coscienze democratiche, un potere tale che non può che stonare con chi sostiene che la politica e la magistratura, evviva Montesquieu, debbano essere mondi separati, confinanti, anche comunicanti, ma non sovrapponibili. Sappiamo tutto questo. Ma non possiamo trattenerci dall’esultare per questo Renzi, molto fogliante, che nello scontro culturale di civiltà che esiste in Italia sulla giustizia sceglie, almeno oggi, da che parte stare, mettendo così in imbarazzo la sinistra social confusa della Repubblica delle Serracchiani, che da una vita prova a dimostrare, portando minorenni al Palasharp, firmando appelli su appelli, consumando le penne degli Zagrebelsky, dei Saviano e dei Di Matteo, che i progressisti hanno il diritto di non critica nei confronti della magistratura.

Scriveva nel 1998 l’ex magistrato rosso Francesco Misiani: “La verità è che il nostro potere di supplenza rispetto all’esecutivo è andato a crescere nel tempo grazie anche all’appoggio della sinistra e del Pci in primo luogo: che su noi magistrati, o, almeno, su una parte di noi, aveva deciso di investire risorse e attenzione”. Saremmo ingenui se dicessimo che oggi la sinistra ha rottamato un suo tabù. Ma sarebbe da sciocchi non capire che per un giorno, nello scontro di civiltà, Renzi, mettendo in mutande la repubblica del moralismo, ha scelto da che parte stare. La parte che ha scelto, in un clima che potremmo definire da patto culturale del Nazareno, è quella giusta. E noi non ci illudiamo, ovvio, ma almeno oggi un pochino godiamo.

(da Il Foglio – 1 agosto 2015)

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