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Elezioni del 31 maggio - qualche riflessione alcuni giorni dopo

di Paolo Razzuoli

Nel 2000 si voto' per il rinnovo di 15 governi regionali; nel 2015 si e' votato per 7 governi regionali. Perche'?

Parto da qui per alcune riflessioni sul voto del 31 maggio.
La diferenza fra le 15 del 2000 e le 7 del 2015 va ricercata nel fatto che ben 8 governi regionali sono stati travolti da scandali che ne hanno accorciato la vita con il conseguente ricorso ad elezioni anticipate.
Le inchieste della magistratura, che hanno peraltro interessato anche regioni che non hanno visto lo scioglimento anticipato dei loro organi di governo, hanno fortemente minato la credibilita' di questi organi di governo. MI capita di sovente di sentirmi dire che anziche' sopprimere le province sarebbe meglio sopprimere le Regioni, vera fonte di sprechi e/o comunque responsabili dell'incremento gigantesco che il debito pubblico ha subito dal loro insediamento (le Regioni a statuto ordinario sono state elette per la prima volta nel 1970).

Le pessime vicende di cui si sono resi protagonisti i governi regionali, che ne hanno conseguentemente minato la credibilita' agli occhi degli elettori, sono una delle non secondarie cause che hanno alimentato la sfiducia nel sistema politico. Una sfiducia che non concerne solo il livello nazionale, ma che deriva in modo decisivo dai livelli locali, da quello piu' ridotto ma piu' vicino ai cittadini dei Comuni, a quello piu' ampio delle Regioni.
La diserzione dalle urne era quindi prevista, a conferma che nessun partito sembra ancora in grado di trascinare l’Italia al voto: compreso il Movimento 5 Stelle. E certamente le elezioni regionali non erano il richiamo più attraente per invertire la tendenza.
E' quindi un contesto ampiamente conosciuto, nel quale il dato sull'astensionismo non puo' sorprendere. In campagna elettorale ho contattato molte persone, registrando un diffuso atteggiamento di totale sfiducia nella politica quindi di dichiarata volonta' di non partecipare al voto. A nulla valeva il ricordare l'importanza del governo regionale, accentuata dalla soppressione delle province.
La gente e' sfiduciata e disgustata dai troppi episodi di malapolitica. A nulla serve ricordare che la malapolitica si combatte con la buona politica e non con l'assenteismo dalla politica. Questa non puo' pero' sottrarsi dalla necessaria rimozione dei molti litri di sangue infetto che ancora le scorrono nelle vene. Deve farlo sino in fondo, se pur in un quadro rispettoso delle prerogative di uno stato di diritto. Deve farlo con rigore, ma evitando di strumentalizzare gli episodi di malapolitica, che troppo spesso vengono usati come clave con cui fracassare politicamente l'avversario. Deve farlo usando un unico peso ed un'unica misura, abbandonando atteggiamenti manichei, e/o supponenze di una presunta (inesistente) superiorita' morale.
Naturalmente e' sbagliato fare d'ogni erba un fascio. In politica ci sono anche tante brave persone che, senza risparmiarsi, mettono le loro capacita' al servizio della comunita'. Dietro il mantra "tanto sono tutti uguali" si nasconde un qualunquismo pericoloso ed una abdicazione ad un fondamentale diritto di cittadinanza (il diritto al voto) che, in definitiva, fa il gioco dei furbi e degli assetati di potere, ai quali interessano i posti e non certo le percentuali dei votanti.
Ma l'unica condizione possibile per fare il salto di qualita' e' la rinascita di partiti strutturati, capaci di far crescere una sana e competente classe politica, e capaci di riannodare il filo conduttore del circuito societa'-politica. Partiti strutturati che non significa la riproposizione dei vecchi schemi, ma certamente di entita' guidate da organi democraticamente eletti, e la cui vita sia ispirata a regole e procedure trasparenti.

Sull'astensionismo hanno sicuramente giocato anche fattori di scenario politico, quale ad esempio la delusione di molto elettorato di centrodestra. Tralascio di soffermarmi sul punto, peraltro ampiamente presente sui media.

Certo sulla reale rappresentativita' dei governi regionali eletti il 31 maggio qualche riflessione dovremo pur farla.
Se e' vero che tecnicamente nulla e' da eccepirsi, sul crinale politico le cose sono diverse.
Esaminiamo come esempio i dati della Toscana e all'interno di questi quelli della provincia di Lucca. Nei 279 comuni toscani, gli aventi diritto al voto erano - compresi i residenti all'estero - 2.985.741. Hanno votato 1.441.510 elettori, pari al 48,3% . Enrico Rossi, risultato vincitore alla presidenza, ha avuto 656.124 voti, pari al 48,03%. Se pero' calcoliamo i voti di Rossi sul totale degli aventi diritto al voto, vediamo che la sua percentuale scende al 22%.
Veniamo ora alla provincia di Lucca. Gli aventi diritto erano 343.048 elettori. Hanno votato 157.466 elettori, pari al 45,9%. Rossi ha ottenuto 60.904 voti, pari al 41,25%. Sul totale degli aventi diritto la percentuale di Rossi scende al 17,8%.
Ogni ulteriore commento e' superfluo.

Tralascio ora il problema dell'astenzione per spostare il focus su alcune rapide riflessioni sul significato politico dei risultati. (Per piu' complete valutazioni, leggere gli allegati).
Vi erano forti segnali anticipatori dei risultati: incremento della Lega, crollo di Forza Italia, decremento del Pd, buon risultato dei 5stelle.
In questi giorni i media si sono scatenati nelle valutazioni e nei talk show. Chi ha avuto voglia di guerriglie televisive e' stato sicuramente accontentato.

Da tempo ho maturato il convincimento che gia' ora, ma ancor piu' nei prossimi anni, l'europa si trovera' a fare i conti con una sorta di scenario tripolare che si articolera' in uno schieramento che potrebbe definirsi "centrista", (anche se con qualche articolazione al suo interno), e due ali di populismi di destra e di sinistra.
In questa direzione va una destra a trazione leghista, ed una sinistra a trazione movimento 5Stelle, affiancato a qualche pezzo della sinistra piu' conservatrice.

In questi giorni ho sentito insistere sulla necessita' di riunire i due poli classici dell'ultimo ventennio: poli, non dimentichiamolo, che ci hanno lasciato in eredita' le attuali macerie.
Non mi pare donchisciottesco porsi alcuni interrogativi. Ma e' mai possibile che si continui a ragionare in termini di ammucchiata di sigle anziche' pensare a maggioranze politiche basate su un chiaro progetto politico-programmatico? E' mai possibile che l'unico orizzonte che si riesce ad immaginare e' quello delle prossime elezioni? E' mai possibile che non si riesca a gettare lo sguardo oltre questo orizzonte, cercando di immaginare un percorso di analisi e progettazione politica coerente con i bisogni della complessita' del tempo che viviamo?
Problemi che interpellano tutte le forze politiche coscienti della situazione. I segnali di guerriglia che stanno arrivando in queste ore non sembrano far presagire niente di buono.

In particolar modo il tema e' complesso per Renzi, Presidente del Consiglio e Segretario di un Pd che egli sta cercando di modificare. Quel partito ha perso voti, ma sono soprattutto i risltati della Liguria che gli complicheranno le cose sul versante del Pd. E' possibile che la minoranza interna, visti i risultati numericamente non buoni ottenuti dalla lista Pastorino, tiri il freno sulla strada della scissione, preferendo quella del logoramento. Uno scenario che potrebbe raffreddare le possibilita' riformatrici del governo, proprio quando invece Renzi avrebbe bisogno di spingere sull'acceleratore.
Vedremo come andra' a finire. Certo, se il processo riformatore dovesse impantanarsi,a rimetterci sara' il Paese.
Penso che Renzi si trovera' di fronte ad una scelta non piu' rimandabile: premere sull'acceleratore delle riforme, e se il Parlamento non dovesse consentirglielo trarne le estreme conseguenze presentandosi agli elettori; oppure far prevalere la necessita' di non rompere con la sua sinistra interna, con il prevedibile prezzo di una frenata delle riforme con le conseguenze facilmente prevedibili.

Entrambe sono scelte non facili. La mia opinione e' che se avra' il coraggio di presentarsi al corpo elettorale con una chiara scelta di modernizzazione del Paese, gli italiani ancora lo premieranno e gli daranno i consensi per andare avanti. Nell'altro caso potra' ricucire il partito ma perdera' quella parte del Paese che gli ha dato consensi investendo sulla sua freschezza, sul suo coraggio, su quanto egli ha cercato di esprimere in linea di discontinuita' con la cultura della sinistra classica.
La prova e' di quelle da far tremar le vene ai polsi. Dalla strada che imbocchera' dipendera' il futuro per qualche lustro dello scenario politico italiano.

Infine, un breve cenno sugli esiti lucchesi della corsa al Consiglio Regionale.
Ho fatto e consigliato la scelta di sostenere Stefano Baccelli, non sulla base dell'adesione al suo partito, ma sulla base di valutazioni legate al suo profilo di serieta' e di capacita'. Baccelli, con le sue 12.239 preferenze e' stato il candidato piu' votato; una bella soddisfazione, ma anche la richiesta di un impegno affinche' la voce dell'intera provincia venga fatta ascoltare laddove si prendono decisioni che ne condizionano i destini.

Per Approfondire

(dal Sole 24 Ore del 2 giugno 2015)

Lucca, 3 giugno 2015

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