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Approvazione della nuova legge elettorale: uno spartiacque politico.

di Paolo Razzuoli

L'approvazione della nuova legge elettorale, cosiddetta Italicum, e' sicuramente un merito che Matteo Renzi puo' legittimamente ascriversi.
E' il risultato della sua determinazione e del suo coraggio, che credo siano apprezzati da un Paese che, finalmente, vede concreti segnali di cambiamento, al di la' della vuota retorica di decenni di inconcludente politica.
Potremo testarlo fra poche settimane in un test elettorale che, pur riguardando la dimensione locale, sicuramente sara' condizionato, volenti o nolenti, dalle vicende nazionali.

Si potra' dire che il successo e' controverso, dal punto di vista del metodo. Approvarlo senza nemmeno l’appoggio dell’intera maggioranza di governo, e con gli scanni dell’opposizione deserti, offre infatti agli avversari un’arma per contestarne la legittimità. Dati i precedenti, quando in questa materia il Parlamento ha approvato provvedimenti legislativi a colpi di maggioranza, le cose non sono andate bene.

Ma in questa occasione le cose sono un po' piu' complicate.
Occorre partire dal presupposto che la legge gia' e' stata approvata dal Senato, anche con i voti di Forza Italia, nel medesimo testo ora approvato da Montecitorio.
Ma non si rendono conto gli esponenti di quel partito che gli italiani capiscono benissimo che le ragioni del loro dissenso vanno ricondotte a ben altro rispetto al testo del provvedimento?
Venendo ora alla minoranza Pd, non vi e' chi non comprenda che l'opposizione al provvedimento si sperava potesse essere il grimaldello per far saltare la leadership di Renzi e rimettere in gioco la Ditta di bersaniana memoria.
L'occasione sembrava ghiotta visto che non erano piu' a disposizione i voti di Forza Italia, a seguito della rottura del cosiddetto "Patto del Nazareno".

In un simile scenario, penso che Renzi abbia avuto ben chiaro che non c'era niente da mediare: non avrebbero votato nemmeno i dieci Comandamenti, magari dicendo che "erano stati calati dall'Alto".

Venendo ora al contenuto della legge, dico subito che avra' pure dei limiti, ma e' sicuramente migliore della precedente. E lo e' proprio rispetto alla tutela di quei valori che, secondo le opposizioni, sarebbero stati lesi.
Vediamo solo alcuni punti:

Ho letto con grande attenzione e rispetto le varie osservazioni critiche pervenute da figure importanti quali, ad esempio, Gianfranco Pasquino o Valerio Onida. Sinceramente, non riescono a convincermi, soprattutto se calate nel contesto politico nazionale.

Nel 2013, assieme all'amico Antonio Rossetti, ci misurammo con la proposta di una riforma dell'allora vigente legge elettorale, che prevedeva l'introduzione delle preferenze ed un premio di maggioranza rapportato al risultato ottenuto.
Al di fuori di ogni velleita', aveva solo lo scopo di dare la stura ad un po' di dibattito locale. Era comunque in linea con i rilievi poi avanzati dalla Corte Costituzionale. Era una proposta di adattamento della normativa vigente, partendo dal presupposto che il Parlamento da poco eletto non avrebbe trovato la capacita' di approvare una riforma piu' incisiva.
Su questo siamo stati smentiti. Nella palude post elettorale di allora, il ciclone Renzi non era prevedibile.
Non siamo pero' stati smentiti su due idee-guida della nostra proposta: le preferenze, e il collegamento del premio di maggioranza al raggiungimento di un quorum.

Per approfondire

Lucca, 5 maggio 2015

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