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La Sicurezza che serve

di Lello Naso

Giovedì la tragedia di Milano, ieri le lunghissime file per accedere a molti Tribunali in tutta Italia. La stretta ai controlli di sicurezza del giorno dopo è una reazione tanto scontata quanto comprensibile.

Un déjà vu che ricorda il post 11 settembre 2011 con i controlli rafforzati in maniera improvvisata in tutti gli aeroporti del mondo. Ogni Paese a suo modo, ogni compagnia aerea autonomamente. Fino a quando le autorità internazionali e gli Stati non adottarono il protocollo dei controlli che oggi, uguale in tutto il mondo, regola l'accesso agli aeroporti e agli aerei. Passaporto digitale, metal detector, divieto di liquidi, vetro e lame in cabina. Tutto quello che a volte infastidisce i passeggeri ma, non c'è dubbio, ha notevolmente aumentato la sicurezza degli aeroporti, luoghi perennemente nel mirino di attentati terroristici.

La strage di Milano, al di là delle polemiche sulla vigilanza privata, i varchi, i metal detector in funzione o spenti, gli avvocati e i dipendenti esentati dai controlli, i tesserini di accesso falsi, ha messo in evidenza come il protocollo di sicurezza dei Palazzi di giustizia italiani non funziona, anzi non esiste. Ogni Tribunale bandisce una gara d'appalto per il servizio di vigilanza che poi viene organizzato autonomamente, senza standard. La vigilanza esterna a volte è demandata ai comuni, altre agli stessi tribunali. L'impiego delle forze dell'ordine, all'interno o all'esterno del palazzo, è variamente assortito. Una situazione molto confusa, quando sono proprio le procedure certe, come per gli aeroporti, lo ripetiamo per fare un esempio facilmente comprensibile, che assicurano gli standard qualitativi migliori.

La riforma della sicurezza dei tribunali, già sul tavolo del Governo dopo l'allarme di attentati terroristici lanciato un paio di mesi fa, avrà certamente un'accelerazione sull'onda dell'emozione. Il rischio, come sempre in questi casi, è che l'emergenza allarghi inopinatamente i cordoni della borsa. Non ce n'è motivo. L'Italia è uno dei Paesi al mondo che spende di più per l'ordine pubblico e la sicurezza interna e, caso unico al mondo, dispone di cinque armi: carabinieri, polizia, guardia di finanza, guardia forestale e polizia penitenziaria. Da decenni si parla di riduzione delle forze dell'ordine e razionalizzazione dei compiti che sono spesso duplicati.

Un terreno finora minato su cui nessuno ha osato addentrarsi seriamente e che va ben oltre la sicurezza dei palazzi di giustizia. Per la quale basterebbe muoversi con razionalità e buon senso, coinvolgendo le forze dell'ordine perché la sicurezza dei luoghi sensibili è diventata una vera emergenza e non può essere appaltata in esclusiva. La proposta del magistrato Nicola Gratteri, di utilizzare la polizia penitenziaria, per esempio, è una delle strade percorribili. All'interno di procedure certe, standardizzate. Confidare sulle iniziative individuali non sarebbe un buon inizio.

(dal Sole 24 Ore - 11 aprile 2015)

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