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Breve commento introduttivo

Sono schierato, da decenni, fra coloro che sostengono la necessita' delle riforme istituzionali. Intendiamoci, so benissimo che da sole non bastano per rimuovere le molte storture della nostra societa'. So pero' altrettanto bene che esse rappresentano una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per avviare una nuova fase, speriamo virtuosa, che porti il Paese ad incamminarsi su una strada che lo faccia uscire dalle secche in cui si e' arenato.

Forse anche per lo specifico interesse che nutro per la disciplina, ho seguito con attenzione i vari passaggi, a partire dalla "Commissione Bozzi", istituita nel 1983, con il primo Governo Craxi.

Sappiamo tutti come le cose sono andate a finire.
Al di la' del lavoro di commissioni varie, i passaggi fondamentali sono due: il primo e' quello del 2001, che ha visto il Parlamento votare a maggioranza di centro-sinistra una riforma del Titolo quinto della Costituzione, i cui pessimi risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti. La riforma fu sottoposta a referendum che la confermo'.
IL secondo passaggio e' stato quello della riforma costituzionale approvata nel 2005 dal Governo Berlusconi, che venne bocciata dal referendum a cui venne sottoposta. Si trattava di una riforma mirata ad obiettivi a mio avviso condivisibili, per molti versi analoghi a quelli della riforma ora in discussione, ma pasticciata fuor di misura. E' per questo che nel referendum mi schierai fra i contrari. Una scelta di cui non mi sono affatto pentito, poiche' una riforma costituzionale, proprio in base al postulato che attiene alla norma fondamentale dello Stato, non solo deve essere condivisa negli obiettivi, ma deve con essi risultare coerentemente armonizzata, in modo da consentirne una gestione per quanto possibile la piu' chiara, lineare, ed il meno possibile portatrice di contenzioso.

Circa gli obiettivi, sono favorevole alla riforma proposta da Renzi. Nel modo in cui e' articolata, ho tuttavia varie perplessita', in ragione di certe ambiguita', probabile frutto di mediazioni a cui il Governo non ha potuto sottrarsi.
A questo proposito mi sembrano interessanti le riflessioni del Prof. Ugo De Siervo, gia' Presidente della Corte Costituzionale e una delle figure di primo piano nel panorama dei nostri esperti nel settore.

Paolo Razzuoli

Riforme, nuove norme ma chiare e semplici

di Ugo De Siervo

Sembra esser sfuggita ai commentatori della recente relazione del presidente della Corte Costituzionale la sua affermazione che la prossima riforma del Titolo V della Costituzione, che dovrebbe disciplinare i poteri regionali, dovrà ispirarsi "a canoni di semplificazione e di chiarezza". Negli ultimi anni la Corte Costituzionale ha dovuto gestire faticosamente l'applicazione dell'attuale disciplina costituzionale. E ha supplito largamente ai suoi troppi difetti, attraverso decisioni che hanno in realtà dovuto delimitare confini e limiti che erano stati lasciati non poco indeterminati; ora che si intende metter mano all'ordinamento del nuovo Senato ed ai nuovi rapporti Stato/Regioni, sembra assolutamente necessario che – al di là delle scelte di merito, di competenza del potere di revisione costituzionale – le nuove norme siano il più possibile semplici e chiare.

D'altra parte, concetti analoghi erano stati espressi nella relazione di accompagnamento del disegno di legge di revisione costituzionale predisposto dal governo, che ha originato il tentativo di revisione costituzionale, ormai giunto alle soglie delle decisioni definitive.

Però, a leggere le disposizioni finora faticosamente elaborate, chiarezza e semplicità sembrano due qualità ad esse estranee, forse per la ricerca di continui aggiustamenti e modifiche, ma anche per qualche iniziale carenza progettuale.
Questo vorrebbe dire che l'applicazione della progettata riforma produrrebbe continue e serie conflittualità politiche e giuridiche, con delusioni e danni per tutti.

Facciamo qualche esempio concreto, fra i molti disponibili.
Anzitutto il nuovo Senato, escluso dal potere di dare e revocare la fiducia al governo, sarebbe però competente in tema di revisione costituzionale e disporrebbe di poteri legislativi eguali alla Camera in una quindicina di settori, tra loro disomogenei e sostanzialmente estranei alla specificazione dei poteri regionali: una scelta del genere non solo è irragionevole perché esclude il Senato dalle materie più importanti, ma fa sorgere complicati problemi di confine fra materie "bicamerali" e materie, invece, di competenza prevalente della Camera, rispetto alla pur diversa opinione del Senato. Per intenderci: tutte le volte che una legge venisse approvata con una procedura diversa da quella prevista dalle nuove disposizioni costituzionali (e queste procedure sono – a ben vedere – almeno una decina, tra loro diverse), sarebbe impugnabile, in quanto illegittima. E questo aumenterebbe decisamente la conflittualità dinanzi alla Corte Costituzionale.
Ma poi forse i guai maggiori deriverebbero dalla pessima redazione delle disposizioni che dovrebbero distinguere i poteri legislativi dello Stato da quelli delle Regioni: aumentano enormemente i poteri statali, ma, ciò malgrado, non si eliminano alcuni dei massimi difetti del vigente titolo V: basti qui notare che con il testo adottato dalla Camera, le Regioni, escluse perfino dal potere di disciplinare il lavoro dei loro dipendenti o le "politiche sociali", resterebbero però le sole competenti in materie come l'industria, l'agricoltura, il commercio, l'attività mineraria, la circolazione stradale.
Ed infine: che senso ha prevedere che un'apposita speciale legge statale possa disciplinare anche settori di sicura competenza regionale "quando lo richiede la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale", ma al tempo stesso escludere che questa legge possa essere efficace per un periodo indeterminato in Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta?

Modificare una Costituzione dovrebbe essere eccezionalmente impegnativo, perché si introducono disposizioni dotate di speciale stabilità e che producono molteplici conseguenze positive o negative: più che la fretta, è apprezzabile la chiarezza e la coerenza della progettazione.

(da La Stampa - 30 marzo 2015)

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