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L’opposizione che non c’è - Il carro affollato del potere

di Angelo Panebianco

Nelle tribù umane accade esattamente ciò che avviene nelle tribù dei nostri parenti più prossimi, gli scimpanzé. Dopo che un membro del gruppo ha sconfitto i rivali al termine di una dura lotta di potere, diventando il maschio alfa, o dominante, si mette subito in moto un processo di bandwagoning : quasi tutti gli altri membri della tribù saltano sul carro del vincitore, corrono a rendergli omaggio. C’è però un’importante differenza. Fra gli umani, nel bandwagoning è sempre presente una dimensione comica. Perché gli umani sembrano obbligati a negare la vera ragione per cui saltano sul carro del vincitore, ossia il fatto che, come tutti, tengono famiglia. Sono costretti ad inventarsi i più nobili motivi, dichiararsi solennemente interessati solo al bene del Paese: non lo fo per piacer mio, eccetera.

È da quando Renzi è a capo del governo che, in parte per le circostanze e in parte per merito suo, della sua bravura, viviamo in un sistema politico praticamente senza più opposizione. Le più recenti ondate di bandwagoning , e quelle che seguiranno, rafforzano e consolidano questo nuovo carattere della politica italiana. Ciò porta con sé, oltre ad alcuni innegabili vantaggi, anche dei rischi. Rischi che riguardano sia il breve che il medio e lungo termine. I rischi di breve termine hanno a che fare con le politiche del governo. Renzi ha usato Berlusconi finché gli è convenuto per neutralizzare gli ultraconservatori della sua parte politica (la Cgil, la sinistra del Pd).

Ma adesso, grazie agli smottamenti parlamentari in atto a suo favore, e a quelli che avverranno prevedibilmente nel prossimo futuro, egli ritiene di non avere più bisogno di quell’alleanza. I numeri parlamentari sembrano dargli ragione. Però non è verosimile che un così radicale mutamento degli equilibri politici non tocchi anche la sostanza dell’azione di governo. Renzi può negarlo quanto vuole ma è un fatto che, in mezzo a tante promesse e chiacchiere (una vera overdose), se qualche riforma è stata comunque fatta, ciò si deve anche all’apporto dei berlusconiani (un sostegno che, come Berlusconi ha appena ribadito, difficilmente ci sarà in futuro).

L’intelligenza di Renzi fu infatti quella di capire subito che non c’era riformismo possibile senza alleanza con la destra (di governo con Alfano, sulle riforme con Berlusconi), che l’alternativa sarebbe stata quella di diventare ostaggio della sua sinistra interna. Con la certezza di affondare nella palude e nell’immobilismo.

Ma basterà questa nuova massa eterogenea di profughi in fuga da territori (partiti) disastrati - dai 5Stelle a Scelta civica e, a breve, sicuramente, anche Forza Italia - a svolgere lo stesso ruolo che ha svolto il patto del Nazareno? C’è da dubitarne. E poiché Renzi è tutt’altro che sciocco è impossibile che non se ne renda conto anche lui.

Vuole forse dire che egli accetta il fatto che avvengano cambiamenti di sostanza nella politica del governo, e che questo prezzo egli sia disposto a pagare volentieri in cambio della nuova unità del suo partito?

La fine dell’opposizione dovuta al generalizzato bandwagoning porta anche con sé rischi «sistemici». Che cosa è una democrazia senza opposizione? Precisiamo: è sbagliato lamentarsi del fatto che le riforme istituzionali in cantiere (legge elettorale, Senato) accrescano notevolmente il potere del premier. Chi teme questa concentrazione e la considera addirittura «antidemocratica», è vittima di un abbaglio: non sa che una forte concentrazione del potere nelle mani del primo ministro (Gran Bretagna, Germania, Spagna) o del presidente (Francia) è la norma nelle grandi democrazie europee. Ed è, inoltre, vittima di un pregiudizio culturale: crede che la tradizione italiana, quella della democrazia acefala, quella in cui nessuno comanda e tutti pongono, con successo, veti all’azione altrui, sia l’unica democrazia possibile o, almeno, la più bella del mondo. Non è così. Le riforme che accrescono il potere del governo dovrebbero essere accolte con favore perché possono rendere meno inefficiente il processo democratico.

Ma se una forte concentrazione del potere nell’esecutivo è la norma nelle democrazie europeo-continentali, non lo è invece l’assenza di una credibile opposizione. La mancanza di una tale opposizione finisce inevitabilmente per ingenerare nei governanti un eccesso di sicurezza e di arroganza (nel caso del governo Renzi, se ne sono già visti gli effetti, qua e là, in qualche occasione). Soprattutto, l’assenza di una credibile opposizione toglie al governo la tensione e l’attenzione che sono necessarie per schivare errori e passi falsi, come ha giustamente osservato Alessandro Giuli sul Foglio di ieri. (Renzi e l'importanza di avere un'opposizione - Controindicazioni di un sistema parlamentare a frammentazione multipla).

Da questo punto di vista, ciò che c’è di sbagliato nella legge elettorale detta Italicum non è il fatto che essa - come è giusto - dia a chi vince la possibilità di governare. C’è di sbagliato il fatto che essa non tuteli la democrazia contro il rischio di un’eccessiva frammentazione dell’opposizione. Abbiamo sperimentato per lungo tempo un bipolarismo che non funzionava, a causa della ferocia degli scontri e dell’odio etnico tra i due schieramenti. Può essere allora che il nostro destino sia quello di un «monopartitismo democratico» in grado di durare per tutto il tempo in cui dureranno la lucidità e la fortuna del suo leader. E destinato ad essere sostituito dal caos non appena lucidità e fortuna se ne andranno.

(dal Corriere della Sera - 8 febbraio 2015)

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