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Europa. Il rosso e il nero

di Luca Ricolfi

Il rosso e il nero.
Chissà che cosa avrebbe detto Norberto Bobbio di fronte alla nascita di un governo come quello che si è formato in Grecia tre giorni fa? Nello schema di Bobbio, esposto in modo organico nel suo fortunatissimo libro di vent'anni fa (Destra e sinistra, Donzelli 1994), quel che è successo ad Atene non poteva succedere. Perché il nuovo governo non è semplicemente rosso-nero, ossia di sinistra e di destra, ma è un’alleanza fra un partito di estrema sinistra, Syriza di Alexis Tsipras, e un partito radicale di destra, Anel di Panos Kammenos. E nello schema di Bobbio destra e sinistra estreme hanno un solo elemento in comune: il rifiuto della democrazia. Destra e sinistra estreme, in altre parole, convergono solo sul piano dei mezzi, mentre sul piano dei fini restano irriducibilmente nemiche, perché la sinistra vuole ridurre le disuguaglianze, mentre la destra le accetta. Dunque un'alleanza fra destra e sinistra è concepibile solo fra le loro versioni moderate, nella misura in cui entrambe accettano di annacquare i loro fini ultimi, come accade quando si forma un governo di grande coalizione, o di unità nazionale, o di “larghe intese” come si usa dire dalle nostre parti. Mentre è inconcepibile fra destra e sinistra estreme, perché esse sono “programmaticamente non annacquanti” (si può dire così?), e disprezzare la democrazia non è un elemento sufficiente a formare un governo.

Quel che sembrava inconcepibile invece è successo. Per la prima volta in un Paese europeo, di cultura politica occidentale, anzi nel Paese che la politica e la democrazia come le concepiamo in occidente le ha inventate, sinistra e destra non stanno insieme dall’opposizione, come ovunque succede quando si forma una grande coalizione fra sinistra e destra moderate, ma stanno insieme in un governo, ossia in un luogo in cui si può stare insieme solo se si condividono dei fini. Ma qual è il fine comune di Syriza e Anel? Non ci vuole molto a scoprirlo, perché è un fine dichiarato, esplicito: il rifiuto della supervisione europea, ossia dei sacrifici imposti al Paese dalla Troika (Bce, Commissione europea, Fondo monetario). Dunque lo schema di Bobbio è saltato, perché nel XXI secolo (ma in realtà fin dagli ultimi decenni del Novecento) destra e sinistra radicali non solo possono convergere sul piano dei fini, ma non sono certo accomunate dal rifiuto della democrazia, come lo furono in passato fascisti e comunisti. La convergenza di destra e sinistra estreme sui fini, per alcuni studiosi, non è una novità assoluta.

Esiste un importante filone di pensiero politico e storiografico che ha sottolineato con forza le radici comuni del fascismo e del comunismo non solo sul piano del metodo (il rifiuto della democrazia parlamentare), ma anche sul piano intellettuale e dei contenuti politici: derivazione dal socialismo rivoluzionario, paternalismo, primato dello Stato sull’individuo, regolazione collettivistica dell’economia, politica sociale, apertura al mondo del lavoro. Tutti elementi di convergenza sostanziale segnalati fin dagli anni ’60 e ’70 da Eugen Weber, James Gregor e soprattutto Zeev Sternhell, l’autore di Né destra né sinistra, uscito per la prima volta in francese nel 1983. Il punto, però, è che quel che è successo in Grecia nulla ha a che fare con le affinità, che pure ci sono state e ci sono, fra fascismo e comunismo. Nel governo di Atene non siedono fascisti e comunisti, accomunati da qualche “programma sociale” comune. Nel nuovo governo greco siedono esponenti della sinistra e della destra radicali, accomunati dalla ferma volontà di non rispettare gli impegni assunti dai precedenti governi moderati di sinistra e di destra. È successo in Grecia, potrebbe succedere anche altrove, in qualsiasi Paese europeo in cui l’ostilità alle autorità sovranazionali che dettano, o condizionano pesantemente, la politica economica interna abbiano a superare una certa soglia: la soglia del 50% dei consensi, o anche semplicemente la soglia di voti che permette di avere la maggioranza dei seggi (il 40%, secondo la nostra nuova legge elettorale).

Oggi ci sembra impossibile, come nota Massimo Gramellini sulla Stampa (te lo vedi “Nichi Vendola a Palazzo Chigi sotto braccio a Ignazio La Russa” ?), ma è solo perché i nostri occhi sono rivolti al passato, prigionieri di riflessi pavloviani, che nella sinistra radicale ci fanno vedere “i comunisti” e nella destra radicale “i fascisti”. No, non è così. Destra e sinistra radicale stanno insieme per due ottimi motivi, quello di avere un nemico comune, le autorità europee, e un obiettivo condiviso, liberarsene al più presto. Il problema, semmai, è: per andare dove? Qui pare evidente che l’orizzonte è molto diverso. La sinistra radicale vuole smantellare l’Europa di Bruxelles per costruire un’Europa più democratica, con un Parlamento vero, e un governo espressione dei popoli che lo hanno eletto. La destra radicale, non solo in Italia, sogna un’Europa delle nazioni, con meno immigrati e più autonomia dei singoli Stati. Il problema, temo, è che entrambi i sogni, almeno in Grecia, sono destinati a scontrarsi con la dura, pietrosa realtà dei conti economici. Il nodo Grecia sarà sciolto piuttosto in fretta e lo sarà in uno dei pochi modi possibili: sconto sul debito, salvataggio, default, uscita dall’euro. Quanto ai sogni, ci vorrà molto più tempo per capire dove i popoli europei decideranno di andare.

(dal Sole 24 Ore - 29 gennaio 2015)

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