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L’identikit del nuovo Presidente

di luigi la spina

L’elezione del Presidente della Repubblica, come quella del Papa, è del tutto imprevedibile e, al contrario di un conclave, non è neanche assistita dallo Spirito Santo.
È vero che, come una partita di calcio, ci sono i favoriti, ma se, come si diceva una volta, «la palla è rotonda», anche la sfera di cristallo della politica si diverte spesso a smentire i pronostici. Così, è meglio diffidare di chi, alla vigilia, azzarda due o tre nomi «sicuri», come di chi, ai nastri di partenza, suggerisce di puntare su cavalli «sicuramente» vincenti. E neanche una scrupolosa analisi del passato serve a molto, perché non esistono regole per fare un Presidente, nonostante qualcuno si affanni a cercarle e pretenda di averle trovate.

Nonostante l’assenza di ispirazioni divine, in verità, c’è forse una regola che sembra individuabile nella caotica partita che oggi scatta ufficialmente e, se vogliamo continuare nel paragone un po’ blasfemo, potremmo parlare di una provvidenza laica. Quella che, dall’urna presidenziale, fa spuntare un nome corrispondente alle esigenze della storia. Il profilo del Presidente prossimo venturo, perciò, cambia continuamente, di elezione in elezione, approfittando della benemerita vaghezza che la Costituzione disegna per il suo ruolo.

Notai, politici di professione, padri della Patria, economisti con la laurea in lettere classiche e persino costituzionalisti col piccone in mano si sono alternati al Quirinale secondo quello «spirito dei tempi» di hegeliana memoria.

Ecco perché, invece di tuffarsi nella riffa dei nomi, candidati, pseudocandidati, autocandidati, forse sarebbe meglio trovare la bussola presidenziale partendo dalle caratteristiche necessarie, oggi, per poter far fronte ai compiti che, nei prossimi sette anni, dovrà assolvere il nuovo Capo dello Stato.

In una fase di profonda riforma costituzionale come quella che si annuncia, non si può pensare, innanzi tutto, a un Presidente che non abbia una competenza e una esperienza delle regole e delle procedure che stabiliscono i rapporti tra le istituzioni della Repubblica. Un garante, insomma, che i previsti mutamenti di alcuni tra i più importanti organi dello Stato non intacchino i principi sui quali è fondata la nostra Carta fondamentale.

A questa prima necessità se ne collega naturalmente un’altra, quella di una conoscenza del nostro mondo della politica, così peculiare in Italia e tale che un estraneo ai suoi costumi e malcostumi, alle sue abitudini, ai suoi meccanismi, palesi e occulti, farebbe davvero fatica a capire la nostra vita pubblica e a farsi capire dalla nostra politica, cioè a poter incidere con efficacia in una realtà molto complessa.

Le altre qualità che il prossimo Presidente dovrebbe possedere sono più legate, invece, ai cambiamenti che sono avvenuti in questi anni in due sfere più distanti dai palazzi nostrani del potere. Quella dei rapporti internazionali e quella della comunicazione con i cittadini italiani.

È ormai necessario che il capo di una nazione come l’Italia abbia una certa esperienza delle relazioni che avvengono tra i leader del mondo, che sia una personalità conosciuta e apprezzata. Non per una mera questione di prestigio, ma per poter esercitare quella funzione di una rappresentanza istituzionale che, al vertice dello Stato per un lungo periodo, possa costituire garanzia di stabilità, assicurazione di rispetto degli impegni, punto di riferimento per tutti, capi di governo, entità sovrannazionali, politiche ed economiche, ma anche leader religiosi. Infine, che possa pure impersonare quella figura dotata di autorevolezza morale e politica che sostenga l’immagine dell’Italia nel mondo. Un ruolo che Napolitano ha praticato così bene e in tempi così difficili per il nostro Paese in questi anni.

Ultima dote che il prossimo inquilino del Quirinale dovrebbe avere è proprio quella resa necessaria dalla modernità del rapporto tra Capo di Stato e cittadini. Cioè la capacità di istituire con gli italiani un legame di simpatia, spontanea e immediata, la capacità di comunicare con loro in maniera talmente diretta da supplire a quella distanza tra il mondo della politica, delle istituzioni e la sensibilità comune che, come le ultime elezioni dimostrano, si va approfondendo in modo molto preoccupante. Ormai, tocca al Presidente della Repubblica una funzione particolare, che non era affatto richiesta ai Capi di Stato del secolo scorso, quella di rappresentare la nazione soprattutto raccogliendo i sentimenti dei suoi cittadini, le loro speranze, le loro paure, i loro disagi, i loro bisogni di rassicurazione sul futuro. Essere, insomma, il primo difensore civico dei nostri concittadini. Ecco perché non basterà che ispiri fiducia agli oltre mille elettori delle Camere riunite, occorre che sappia ispirare fiducia agli italiani. Di questi tempi, non sarà facile.

(da La Stampa - 14 gennaio 2015)

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