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IDEE E VALORI DELLA SINISTRA

 

Lettera aperta a Matteo Renzi

 

Di Berto Corbellini Andreotti

 

   Gentile Matteo Renzi,

      mi riferisco al Suo intervento in “La Repubblica” del 22 novembre u.s. che ho letto con interesse e con sostanziale approvazione.

Ma c’è una questione che vorrei chiarire e, se possibile, approfondire, naturalmente se Ella avrà la bontà di ascoltare le mie argomentazioni.

Dopo aver giustamente rivendicato il merito di aver condotto il Pd nella famiglia socialista europea Ella aggiunge (cito testualmente): “… per noi la sinistra è Berlinguer e Mandela, Dossetti e Langer, La Pira e Kennedy, Calamandrei e Gandhi”.

 Capisco che l’esemplificazione di nomi prestigiosi non esclude la possibilità di prolungare la lista con altre personalità, egualmente degne (e prevengo quindi la Sua eventuale obiezione al riguardo). Tuttavia mi conceda di osservare che degli otto leader richiamati solo uno è onestamente ascrivibile al mondo socialista (Calamandrei). E’ una quota molto minoritaria (poco più del 10%), del tutto marginale se si vuole aderire ad una comunità che si riconosca in idee, valori e figure del socialismo europeo. Aggiungo che Ella, in una recente trasmissione televisiva, alla domanda se preferiva Craxi o Berlinguer, non ha esitato a rispondere scegliendo il secondo. Mi sarei atteso una risposta più in linea con lo sguardo rivolto al panorama europeo: ad es. Carlo Rosselli, il socialismo liberale di Norberto Bobbio, di Guido Calogero, in altre parole gli esponenti dell’unica tradizione di pensiero, nella sinistra del filone socialista, presentabile dopo l’esperienza fallimentare del collettivismo pianificatore dei regimi comunisti ed il logoramento dei sistemi dello stato sociale e dell’interventismo statale promossi dalle socialdemocrazie (con tutte le differenze abissali dei loro diversi esiti). Parlo quindi del socialismo liberale con le sue intatte potenzialità umanistiche, etiche, volontaristiche in cui gli antichi ideali di giustizia e libertà svolgono ancora un ruolo ispiratore.

 Certo servono soluzioni originali nei cambiati scenari che il secolo XXI ci presenta ed impone, iniziative coraggiose e inedite adeguate alle questioni della nostra età della globalizzazione.

 Il Pantheon dei maestri e dei “padri tutelari” non suggerisce ricette da applicare né indirizzi da tradurre in realtà; esso può costituire un richiamo alle radici, un lascito ideale e morale dal quale si traggono stimoli e ispirazioni, ma dobbiamo da soli incamminarci sui percorsi imprevedibili e sempre mutevoli della storia.

 Mi perdoni la franchezza, Matteo Renzi, ma trovo fuori luogo l’assunzione di Enrico Berlinguer nel novero dei preferiti. Massimo apprezzamento per la sua statura personale e morale, per lo stile di vita rigoroso ed austero, ma è l’eredità politica che non mi pare all’altezza dei nomi indicati.

Circola un “santino” stucchevole e non rispondente al vero, quello dispensato da importanti mass-media e da voci molto accreditate nel panorama italiano, quali Corrado Augias che parla (a proposito di Berlinguer) di “lucidità profetica” o, ancor più, Eugenio Scalfari, il “pontefice laico” della cultura italiana (adesso proclamatosi interlocutore privilegiato addirittura del Papa vero) che così scrive (23 marzo in La Repubblica, sempre a proposito di Bwerlinguer) “fece propria la cultura liberal-socialista che aveva ispirato Giustizia e Libertà e poi il partito d’azione”.

 Non è assolutamente così: da segretario del Pci portò il partito all’espansione elettorale ed alla forza organizzativa più consistenti negli anni della storia repubblicana, ma a prezzo di gravi ambiguità e contraddizioni, per cui il partito comunista rimase “a metà del guado”, senza compiere quel passo decisivo, che se effettuato prima del crollo del muro di Berlino e accompagnato dalla concreta apertura verso tutto il socialismo europeo (e quindi verso il Psi che ne era parte costitutiva) avrebbe probabilmente modificato l’orientamento della politica italiana.

 Invece Berlinguer ribadì puntigliosamente l’appartenenza del Pci al campo antiimperialista ed anticapitalista (sia pure sotto “l’ombrello protettivo della Nato”), cercò di accreditare un’inesistente via dell’”eurocomunismo” (insieme a vecchi stalinisti come Georges Marchais e Santiago Carrillo), rilanciò convintamente il supposto primato e la diversità morale del Pci, superiore ad ogni altro soggetto politico, dotato di carismatica purezza e depositario del Verbo, manifestò giudizi sempre sprezzanti verso il mondo delle socialdemocrazie, poste sullo stesso piano dei fallimentari regimi comunisti, nutrì particolare virulenza contro il socialismo italiano.

 Molto più di Berlinguer meriterebbero Giorgio Napolitano ed Emanuele Macaluso, non a caso i più disponibili all’interno del Pci al dialogo con il mondo socialista e per la loro mentalità più aperta e “liberale”.

 In altre parole voglio dire che non si può né rimuovere né relegare alla “damnatio memoriae” il filone della cultura politica socialista, che nella storia italiana ha trovato espressione peculiare nel Psi e nel suo patrimonio complessivo. E’ una sorgente che alimenta il socialistmo europeo.

 Una lunghezza d’onda percorre la storia da Francesco d’Assisi ai fratelli Rosselli, al riformismo socialista degli anni ’60-’80. E’ la forza dell’amore per l’umanità, del riscatto, della liberazione di ogni uomo, di tutti gli uomini.

 Porsi in sintonia con essa ci arricchisce, ci rende più consapevoli e più avvertiti.

 Gentile Matteo Renzi, buon lavoro per il mondo migliore di tutti gli italiani.

 

Lucca, 1 dicembre 2014

 

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