Di Antonio rossetti
Le elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria consentono alcune prime letture che dovrebbero far riflettere, ovviamente, a chi lo vuol fare.
Premetto di essere un sostenitore delle forme organizzate di partito anche nell’era di internet.
Si’, della presenza articolata delle organizzazioni di partito, con gestione democratica e partecipata, con iscritti veri che pagano la quota di iscrizione e che partecipano alla vita del partito dal livello iniziale (di base) fino al livello centrale.
Un partito organizzato che discute e decide dei programmi e della scelta delle persone.
Il tentativo di “surrogare “ con il voto delle primarie la scelta dei candidati, scelta che non ho mai condiviso per ragioni e motivazioni che non intendo presentare ora essendo altri gli argomenti in esame, è uno dei motivi di disimpegno dalla vita dei partiti.
Senza una presenza organizzata e partecipata, anche nella Emilia Romagna, il Pd non può evitare i tonfi.
Il risultato delle Regionali in Calabria, pur evidenziando i mali dell’astensione, questi, appaiono più in linea con il malessere diffuso che non con “terremoti” del momento. Comunque da prendere in seria considerazione.
Quando si è votato per le elezioni al Parlamento Europeo, il Pd con Renzi in testa, si è attribuito il merito. E’ normale che vi sia una interpretazione del voto che non può non tenere conto del fatto che l’elettore, quando vota, è una persona che vive le situazioni, locali, regionali e nazionali. Il suo è un voto che, in quel momento, vuole esprimere un segnale diretto a tutti i livelli.
Anche l’astensione è un messaggio per chi vuole leggerlo .
Veniamo ai segnali:
Le candidature di “cavalli zoppi” non sono gradite. Se è vero che nessuno nelle regioni sembra rendersi conto che tutti i “casini” commessi lasciano il segno, almeno così si può interpretare il risultato in Emilia Romagna, alla resa dei conti gli elettori non si dimenticano, per dire meglio molti si ricordano . L’Emilia Romagna e la maggior parte delle regioni sono investite da casi giudiziari ancora da definire, da gestioni e costi che presentano sprechi e qualcosa di più grave che la magistratura valuterà.
Il calo del numero dei partecipanti al voto e del numero dei voti persi dal PD è tale che dovrebbe preoccupare il segretario nazionale e tutto il Pd. In una regione considerata una roccaforte rossa, anche le liti interne al partito hanno contribuito al risultato. Può darsi che il partito del “messaggino” sia il futuro, ma io non vedo come si possa sostituire il rapporto con le persone.
Anche per il movimento 5 Stelle, penso sia possibile ricordare che con il solo Internet e con i comizi è difficile essere in grado di rappresentare con uomini e programmi l’elettorato. Anche in questo caso, dopo avere raccolto un grande consenso alle elezioni politiche e un buon risultato alle elezioni europee, il mancato radicamento strutturale evidenzia il passare rapido da una stagione di vasto consenso ad una presenza modesta, relativamente, nel territorio. Non è un caso che nelle elezioni regionali e comunali i dati siano insoddisfacenti per 5 stelle, anche in questo caso sono da valutare aspetti locali e politica nazionale.
I problemi sono evidenti anche per Forza Italia, una leadership che si consuma e che in assenza di strutture partecipate e democratiche è destinata al declino; lo stesso discorso, con numeri ancora più modesti, almeno per Emilia Romagna, riguarda Ncd e Udc. Dal voto in Emilia Romagna esce bene la Lega che potrebbe avere raccolto una quota di voti di Forza Italia e anche di 5 stelle, con altre significative adesioni.
In conclusione ciò che emerge con chiarezza è che una percentuale così bassa di partecipazione al voto dovrebbe preoccupare Matteo Renzi, in quanto segretario del Pd e presidente del Consiglio, tutto il suo partito, così come dovrebbero preoccuparsi Berlusconi e Alfano.
La mia convinzione è che, passato il momento, tutto resti come prima. Nella sostanza le Regioni non si renderanno conto che l’ipotesi Emilia Romagna potrebbe diventare una “regola” e altre regioni potrebbero essere investite dall’astensionismo a valanga con percentuali superiori al 50%- 60%, nel 2015.
Perché non accadrà nulla?
Chi viene eletto se ne frega della quantità dei votanti, senza una soglia da superare, come accade per il voto nel Referendum, gli eletti sono al loro posto per tutti i 5 anni, salvo casi eccezionali che sembrano abbastanza ricorrenti, e continueranno a fare orecchi da mercante, scaricando su altri la responsabilità dell’esito del voto, continuando a fare ciò che hanno fatto sempre.
Spero proprio di sbagliarmi...
Mentre si parla di legge elettorale sarebbe utile preoccuparsi di regolare il rapporto tra aventi diritto e di partecipazione al voto (a tutti i livelli) prima che si arrivi, in qualche elezione di livello locale, alla partecipazione di qualche familiare e poco più.
L’esempio esagerato è per evidenziare una malattia della quale tutti dicono di preoccuparsi, ma della quale nessuno si prende cura pensando che sia il tempo a risolverla. I risultati sono confermati nel tempo, ma in peggio.
La via più difficile: i partiti vivi, partecipati, organizzati, democratici che decidono sui programmi e gli uomini che li attuano.
Il resto è già noto ed è peggiore.
Lucca, 24 novembre 2014