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CHI VUOLE UN’ITALIA DEBOLE?

 

Un popolo di

RATTRAPPITI, SCORAGGIATI, ARRABBIATI, nell’ Italia data per  spacciata.

A chi conviene?

 

Di Antonio Rossetti

 

Il Prof. De Rita (Censis)  usava il termine di società rattrappita, oggi si potrebbe aggiungere, sfilacciata (nel rapporto tra istituzioni), sfiduciata e molto arrabbiata.

I termini possono essere anche meno sfumati, ma  occorre comprendere chi è perché continua a fornire interpretazioni dei dati economici, in particolare sul Prodotto interno lordo, PIL,  senza  completare l’ analisi sulla realtà, che ormai da 5 anni viene definita grave e che oggi viene rapportata al 2000. Non si capisce  se è un bene o un male.

 

Iniziamo con  i dati del terzo trimestre del Pil, tutti avevano previsto per il 2014 un meno 0,4% rispetto al Pil 2013, non era un buon risultato, ma se nel terzo trimestre  il PIL è con  risultato di -0,1 %, probabilmente a fine anno sarà vicino alla previsione del - 0,4%,  dove è la novità ? (Allegato 1).

 

L’assurdo è che i dati del terzo trimestre del 2014 sono stati resi noti dopo la pubblicazione dei dati relativi al mese di ottobre 2014,  con i commenti che si possono leggere nell’allegato 2) si capisce che qualche interpretazione del terzo  trimestre 2014 è già modificata in ottobre.

 

Nessuno si illudeva fosse possibile raggiungere risultati buoni senza la risoluzione di alcuni dei problemi strutturali quali:  il costo del lavoro e i carichi per le imprese, la legislazione complessa,  così come quei lacci che sempre sono chiamati  in causa e mai eliminati.  Provvedimenti necessari per essere competitivi nel mondo, eppure nonostante i gravi ritardi,  i dati relativi all’Export, non vanno male, c’ è qualche dato positivo, ma si tace nel  dare  informazioni e non si capisce perché.  (Allegato 3)

 

Sul versante occupazionale qualche risultato, seppure parziale,  si può commentare e qualche buona notizia si riscontra nella soluzione di alcune vertenze in grandi imprese ed in settori rilevanti.

Certo sono ancora molte le vertenze, in attesa di soluzione,  che sono tenute  in vita con strumenti di tipo assistenziale, ma è ovvio che  dalle politiche per lo sviluppo e per il lavoro ci si attende ben altro per i lavoratori e per il paese, ma intanto qualcosa va.

Se alla  Barilla, con 4.100 addetti,   si raggiunge un accordo per un premio integrativo annuo  è un  dato da considerare buono.  Il piano di riconversione all’Eni di Gela è importante (si parla di ripresa lavorativaper 1000 addetti). L’accordo per  Eni di  Porto Marghera, consente di salvare 430 posti di lavoro con il Polo Green. La stessa intesa Alitalia Ethiad, vertenza che non ha  consentito la soluzione completa dei problemi occupazionali, è importante ed è auspicabile il rilancio e il maggiore recupero occupazionale.   Infine è in fase avanzata  la soluzione della vicenda all’ Ast di Terni che annunciava 550 esuberi e nei prossimi giorni l’azienda  si incontrerà, in sede ministeriale, con i sindacati.(Allegato 4).

 

I posti di lavoro che  saranno  recuperati in nuove attività hanno doppia valenza: a) reinseriscono in modo attivo persone nel lavoro; b) riducono i costi dei trattamenti legati alle crisi aziendali (cassa integrazione straordinaria, mobilità, indennità di disoccupazione. Quindi  le risorse liberate possono essere utilizzate per nuove occasioni di lavoro e formazione  delle professionalità richieste.

 

 

C’è qualcuno che oltre a tenere il conto delle crisi ne segue i processi informando tutti degli esiti ? Bene, con i pochi mezzi a disposizione ci preoccuperemo di farlo, non essendo soddisfatti di una informazione che alimenta sfiducia in una fase nella quale sono  diffuse rabbia e rassegnazione.

Almeno per dare conto che i sacrifici, quelli di chi li fa davvero, sono serviti a qualcosa nonostante sprechi e abusi di ogni genere da parte di chi dovrebbe essere, anche moralmente, nella condizione di dimostrare coerenza. Sempre  con poche  e rare eccezioni.

Tornando un attimo al trimestre di settembre 2014, l’Italia con meno 0,1% del Pil (rispetto al trimestre precedente) è definita con tutto ciò che di male si può dire, mentre la Germania, con un più 0,1% del Pil è classificata una locomotiva dell’Europa. Se non aggiungono qualche altro  elemento di valutazione credo che questa sia una “bufala bestiale” direbbe  qualcuno, un modo per spaventare ancora di più sul superamento delle  difficoltà, che pure esistono e da molto tempo.

Non si dice  che è  proprio la paura del futuro  che fa crescere la propensione  al risparmio e non verso l’investimento.  In assenza di un orizzonte temporale, almeno di medio termine, che  renda possibile e conveniente investire, in presenza di  indirizzi programmatici tali da orientare le scelte degli operatori economici e delle persone che hanno interesse  ad intraprendere,   chi può,  aspetta tempi che spera migliori.

Quindi il risparmio aumenta. (Allegato 5).

 

Altro dato che è stato  poco evidenziato.  La Banca d’Italia, informa che è sceso, seppure di poco, il debito pubblico, sempre elevatissimo, “Il debito pubblico italiano è sceso a settembre, rispetto ad agosto, di €14,4 miliardi a €2.134 miliardi.”,(Allegato 6)  e occorre riconfermare che gran parte è debito pubblico italiano è interno (è verso i cittadini italiani) quindi, il Paese Italia, è meno esposto ai ricatti  esterni.

 

Altro dato ancora, l’Italia è il terzo paese del mondo (quarto in graduatoria)   per  riserve auree (dopo Usa e Germania) . ( Allegato 7).

 

Con questo si vuol dire che  siamo fuori dalla crisi? Non è certo questo che si può dire , ma neppure  che ogni occasione  è buona per scoraggiare chi deve investire, di preoccupare  e chiedere a tutti ancora sacrifici, in sostanza non si può, ogni istante, sentire La Merkel, poi Juncker, poi la Bce, poi i Fondo Monetario e via via tutti a dire “Italia sei spacciata”.  

Chi può avere interesse? Eppure qualcuno c’è che trae vantaggi   alimentando il clima da scoraggiati e sfiduciati.  Chi è che ci guadagna?

Oggi si scopre ciò che accadeva  in Lussemburgo, ma di questo non  si  era è detto quasi nulla.  Ora Juncker dice che è stato  un errore, ma tutto legale. 

I  danni  subiti dai vari Paesi chi li paga?

 

 

 

Allegato 1)

Il PIL nel  terzo trimestre 2014

Il segno meno non abbandona il Pil: secondo le stime preliminari dell’Istat, nel III trimestre è stato registrato il -0,1% rispetto al II trimestre e il -0,4% su base annua cioè in confronto al III trimestre 2013.

L’Istat segnala che il calo congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura e dell’industria e di un aumento nei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte), parzialmente compensato da un apporto positivo della componente estera netta.

Il terzo trimestre del 2014 ha avuto quattro giornate lavorative in più del trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative rispetto al terzo trimestre del 2013. La variazione acquisita del Pil per il 2014 è del -0,3%. Sarebbe questo cioè, secondo l’Istat, il dato di quest’anno qualora nel IV trimestre si dovesse registrare un andamento piatto.

PIL: TRE ANNI DI SEGNO MENO- Il Pil italiano registra un segno negativo dal III trimestre 2011, quindi da tre anni. Non solo, ma dalle serie storiche si evince che nel III trimestre di quest’anno – con una variazione del -0,1% congiunturale e -0,4% tendenziale – l’economia italiana è tornata praticamente ai livelli del 2000, ossia di 14 anni fa. L’Istat segnala che la prima variazione negativa è stata registrata nel III trimestre 2011 (-0,3% congiunturale) e poi il Pil ha sempre fatto registrare un segno meno.

Solo nel III trimestre dello scorso anno, su base congiunturale, il Pil fece registrare crescita zero e anche nel I trimestre di quest’anno. Poi nel II trimestre 2014, sempre in confronto al trimestre precedente, è stato registrato il -0,2%. Negli ultimi tre anni, la variazione negativa più pesante è stata registrata nel I trimestre del 2013 (-0,9% congiunturale e -2,4% tendenziale), e anche nel IV trimestre 2012 (-0,8% e 2,5%).

FRANCIA A SORPRESA: PIL SALE DEL 0,3 % – L’economia francese è cresciuta dello 0,3% nel terzo trimestre rispetto ai precedenti tre mesi. Lo rivelano le stime preliminari dell’Insee, l’istituto nazionale di statistica. Nel secondo trimestre l’economia si era contratta dello 0,1% e gli analisti si aspettavano una crescita dello 0,2% nel terzo trimestre. Per il 2014 il governo francese stima una crescita dello 0,4%, dimezzata rispetto alle previsioni iniziali.

GERMANIA EVITA RECESSIONE: + 0,1% – La Germania evita di entrare in recessione. Nel terzo trimestre il Pil avanza dello 0,1% rispetto ai precedenti tre mesi, dopo la contrazione dello 0,1% del secondo trimestre (dato rivisto dall’iniziale -0,2%). Su base annuale il Pil non destagionalizzato cresce dell’1,2% nel terzo trimestre.

Roma, 14 novembre 2014

Fonte Il Giorno

 

Allegato 2)

A ottobre ( 2014) i prezzi al consumo sono saliti dello 0,1% sia rispetto a settembre sia rispetto a ottobre 2013

© ANSA

Stop alla deflazione. A ottobre i prezzi al consumo sono saliti dello 0,1% sia rispetto a settembre sia rispetto a ottobre 2013. Lo rileva l'Istat, confermando le stime provvisorie e ricordando che a settembre il tasso tendenziale era -0,2%.

La ripresa dell'inflazione - continua l'Istat - si deve principalmente al ridimensionamento del calo tendenziale dei prezzi dei beni energetici regolamentati (-2,6% da -6,6% di settembre) e dei servizi relativi alle comunicazioni (-1% da -5,6% di settembre). Il rialzo mensile dell'indice generale dipende principalmente dagli aumenti dei prezzi del gas naturale (+4,7%) e dell'energia elettrica (+1,6%) a contenere questo rialzo sono stati i cali congiunturali dei prezzi degli energetici non regolamentati (-0,9%) e dei servizi relativi ai trasporti (-0,7%). L'Istat segnala che su base congiunturale sono aumentati soprattutto i prezzi di abitazione, acqua ed elettricità (+1,2%) e dell'istruzione (+1,1% su settembre). Rispetto al mese di ottobre 2013 corrono rispetto alla media i prezzi dell'istruzione (+1,8%),dei servizi ricettivi e di ristorazione (+0,7%) e dei mobili e servizi per la casa (+0,6%). L'inflazione acquisita per il 2014 sale allo 0,3% dallo 0,2% di settembre.

A ottobre invariato il carrello della spesa

I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona a ottobre sono rimasti invariati rispetto a settembre mentre sono cresciuti dello 0,1% rispetto a ottobre 2013. Lo comunica l'Istat spiegando che per questo aggregato sintetizzato in carrello della spesa il tasso annuo di variazione dei prezzi era nullo a settembre.

Cia, prezzi risalgono, consumi  no, - 4% ristoranti

La risalita dello 0,1 per cento dei prezzi al consumo a ottobre, che porta il Paese tecnicamente fuori dalla deflazione, non significa assolutamente che i consumi domestici siano ripartiti. Anzi, due famiglie su tre riescono ad arrivare alla fine del mese solo con tagli draconiani sugli acquisti, che coinvolgono anche la spesa per la tavola. Quella fuori e dentro casa. Lo afferma la Cia - Confederazione italiana agricoltori, in merito ai dati definitivi sull'inflazione diffusi oggi dall'Istat. Si tagliano di netto cene fuori e dolci della domenica – aggiunge la Cia -, con un calo nei ristoranti (- 4 per cento) e nelle pasticcerie (-10 per cento) nell'ultimo trimestre. Oltre la metà delle famiglie (il 53 per cento) gira più negozi dove acquista in base a sconti, promozioni e offerte speciali - sottolinea la Cia - Inoltre il 42 per cento privilegia i cosiddetti "formati convenienza"; il 32 per cento abbandona i grandi brand per i marchi più economici e i prodotti di primo prezzo e il 24 per cento ricomincia a fare cucina di recupero, evitando gli avanzi in cucina. E soprattutto - conclude la Cia - "per ben 6,5 milioni di famiglie i discount sono diventati l'unica via praticabile per difendersi dalla recessione".

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Nota (se le cose dette da Cia sono vere non sarebbe un gran male. I consumatori sono più attenti e razionali.)

Allegato 3)

Export

A settembre 2014, rispetto al mese precedente, entrambi i flussi commerciali presentano un sensibile incremento, più marcato per le esportazioni (+4,1%) che per le importazioni (+3,4%).

La crescita congiunturale dell'export verso i paesi extra Ue è trainata dal forte incremento delle vendite di beni strumentali (+11,8%), in gran parte dovuto a transazioni eccezionali relative a mezzi di navigazione marittima. Anche i beni di consumo non durevoli (+2,0%) e i prodotti intermedi (+1,7%) sono in espansione, mentre i beni di consumo durevoli e l'energia registrano cadute significative (rispettivamente, -6,4% e -12,3%).

La crescita congiunturale dell'import è trainata dai beni strumentali (+13,7%) e dall'energia (+4,4%).

Nell'ultimo trimestre la dinamica congiunturale dell'export verso i paesi extra Ue è positiva (+0,6%), in ampia misura per effetto della crescita delle vendite di energia (+8,4%).

Al netto della componente energetica, l'incremento risulta comunque leggermente positivo (+0,2%). A settembre 2014 si rileva un'ampia crescita tendenziale dell'export (+8,3%), che si riduce a +3,5% al netto degli effetti di calendario (22 giorni a settembre 2014 rispetto ai 21 di settembre 2013). Quest'ultimo risultato è spiegato per 2,4 punti percentuali dalla vendita di mezzi di navigazione marittima. La debole flessione tendenziale delle importazioni (-0,4%) è determinata dalla forte contrazione degli acquisti di energia (-16,6%). Al netto della componente energetica, le importazioni fanno registrare una marcata crescita (+8,4%) diffusa a tutti i comparti.

A settembre 2014 l'avanzo commerciale è pari a 1.533 milioni di euro, in ampliamento rispetto ai 322 milioni registrati a settembre 2013. Il surplus nell'interscambio di prodotti non energetici è pari a 4,7 miliardi. Nel mese di settembre 2014, i mercati di sbocco più dinamici sono OPEC (+20,3%), Stati Uniti (+14,2%), EDA (+10,8%) e Cina (+10,1%). Le vendite verso Turchia (-15,7%) e Russia (-10,2%) sono in marcata flessione. Le importazioni sono in forte crescita da India (+20,2%), Cina (+19,2%) e paesi EDA (+15,4%).

 

Allegato 4)

 

Vertenza Eni  Porto Marghera e Gela( Caltanisetta)

Venerdì 14 Novembre 2014

"L'accordo su Porto Marghera è importante perché offre una soluzione di prospettiva per un'area industriale abbandonata nel tempo dalle istituzioni, dall'Eni, dalla politica": è il commento di Emilio Miceli, segretario generale della Filctem-Cgil, subito dopo l'intesa raggiunta (14 novembre) tra il ministero dello Sviluppo Economico, le istituzioni venete (Regione e Comune di Venezia) i sindacati ed Eni.

“Abbiamo ottenuto – prosegue il segretario - interessanti impegni industriali e finanziari ed un impegno favorevole per un confronto di merito sulle ricadute del nuovo progetto di Porto Marghera per gli insediamenti chimici dell'area padana che fin qui si sono riferiti attraverso il cracking di Porto Marghera. Siamo soddisfatti dell'esito della vertenza; ovviamente comincia la difficile fase di gestione di un accordo complesso su cui serve vigilare con grande attenzione e puntualità”.

“Con questo accordo – conclude il leader sindacale - siamo dentro la nuova fase della chimica verde ed è necessario cogliere tutte le opportunità di riconversione di Porto Marghera”.

L'intesa favorisce la riconversione industriale del petrolchimico di Porto Marghera attraverso la realizzazione di un polo tecnologico integrato di chimica da fonti rinnovabili.

Il nuovo polo tecnologico, nel quale Eni investe circa 200 milioni di euro nell'arco temporale 2014-2017, prevede l'ampliamento del polo “green” di Porto Marghera attraverso la realizzazione di due nuovi impianti: saranno i primi al mondo a produrre additivi bio per i “chemicals” utilizzati nelle perforazioni petrolifere.

Nel protocollo sono previsti percorsi formativi di riqualificazione del personale e l'inserimento graduale (entro il 2017) di nuove risorse collegate allo sviluppo dei nuovi impianti: a regime l'occupazione crescerà dagli attuali 310 addetti a 430.

http://www.lastampa.it/common/img/lastampatop2.gif

Eni, c’è l’accordo per lo stabilimento di Gela. Il ministro Guidi: “Salvi i posti di lavoro”

06/11/2014

Accordo fatto sull’impianto Eni di Gela che, dopo 60 anni di petrolchimico, diventerà una bioraffineria con il salvataggio dei posti di lavoro. Per quella che il presidente della Regione Sicilia definisce «una nuova pagina della storia» di Gela, il gruppo petrolifero metterà sul piatto complessivamente oltre 2 miliardi di euro in quattro anni e così il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, parla di «investimento strategico per la Sicilia, per il sistema energetico nazionale e per la difesa dei livelli occupazionali». Dopo l’intesa di massima raggiunta alla fine di luglio al termine di un lungo braccio di ferro tra azienda e sindacati, con tanto di scioperi lungo la Penisola, l’impianto di Gela può dunque ripartire, come ha spiegato l’ad del colosso petrolifero, Claudio Descalzi, «con un nuovo piano di sviluppo economicamente sostenibile». L’accordo non riguarda, infatti, solo il sito di Gela, ma più in generale l’attività del gruppo sull’isola. Il piano prevede infatti, come ha spiegato l’Eni, «nuove e importanti iniziative industriali volte a sviluppare il settore upstream sul territorio siciliano»: in sostanza, quindi, il gruppo petrolifero potrà avviare nuove attività di esplorazione e produzione di idrocarburi in Sicilia, sia su terra che in mare, ma anche valorizzare i campi che sono già in esecuzione. È inoltre prevista la nascita di un nuovo centro di alto livello per la sicurezza nel settore dei biocarburanti. 

A sottoscrivere il testo, «limato fino all’ultimo», tutte le parti interessate dalla lunga vertenza: la Regione Sicilia con il Presidente Rosario Crocetta, il Sindaco di Gela Angelo Fasulo, l’Eni, Confindustria Sicilia, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali dei chimici e le Rsu. Tutti soddisfatti, dunque, a partire dai sindacati che portano a casa non solo tutti i posti di lavoro dell’impianto, ma anche quelli dell’indotto. Il segretario generale aggiunto della Uil, Carmelo Barbagallo, parla di «ennesima prova che, grazie al confronto, è possibile trovare soluzioni innovative che salvaguardano l’occupazione». La Ugl Chimici, con Luigi Ulgiati, assicura il proprio impegno affinché «la svolta “verde” sia davvero un’opportunità di rinascita». La Cgil parla di «negoziato duro e faticoso, segnato da tante ore di sciopero, ma alla fine risulta credibile il sostegno al reddito di tutti i 2000 lavoratori, tra diretti e dell’indotto, per tutta la fase di transizione verso il progetto industriale di green refinery». 

L’Eni in Italia conta  26.782 dipendenti a vario titolo, dati dicembre 2013 ( Fonte Eni).

 

 

Allegato 5)

Il Risparmio aumenta

 

Gli italiani non vivono tranquilli se non mettono da parte qualcosa, se non pensano al risparmio; sono sempre più preoccupati per il futuro dell’Italia e del proprio territorio e si dichiarano delusi dall’Unione Europea, ma non mettono in dubbio che in futuro essere nell’Euro sarà un vantaggio. E mentre aumenta la fiducia nella ripresa economica mondiale, considerato un evento più probabile rispetto alla crescita dell’Europa, sempre più italiani attribuiscono la responsabilità della crisi italiana, ben il 56%, al malgoverno del Paese degli ultimi anni e alla mancanza di riforme. È quanto emerge dal Rapporto Ipsos-Acri, “Gli italiani e il risparmio” presentato in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio il 31 ottobre 2014.

A questo pessimismo fa da contraltare un nuovo ottimismo, soprattutto tra i giovani dai 18 ai 30 anni, nelle proprie capacità personali.

Sulla gestione dei consumi gli italiani sono sempre più attenti e cercano di evitare il ricorso all’indebitamento. Sia le famiglie colpite dalla crisi sia quelle che non hanno sperimentato particolari problemi hanno ridotto le spese per viaggi e vacanze (60%), ristoranti e pizzerie (59%), concerti, cinema e teatro (55%) ed abbigliamento (52%), mentre non sono tanto disposti a ridurre i consumi per l’acquisto di medicinali. E chi riesce a risparmiare, preferisce mantenersi liquido piuttosto che investire in operazioni finanziarie rischiose.

 

Nonostante l’atteggiamento parsimonioso, 1 famiglia su 4 non riuscirebbe a far fronte ad una spesa imprevista di 1.000 euro. Crolla invece l’interesse per “il mattone” che segna il suo minimo storico dal 2001. Per la maggioranza degli italiani infatti l’aumento della tassazione, i vincoli dei mutui e la necessità di un anticipo in contanti non rendono più conveniente comprare una casa. Eppure la metà della popolazione si dichiara comunque soddisfatta della propria condizione economica. Un dato significativo che sembra rivelare un certa rassegnazione degli italiani a convivere con la crisi e con l’idea che il ciclo economico negativo durerà ancora a lungo, almeno fino 2020.

Infine estendendo l’orizzonte ad altri paesi nel mondo, è da sottolineare come le principali economie sviluppate mostrino un livello di soddisfazione basso, ma in crescita nel 2014. Gli Stati Uniti sperimentano invece un momento di crescente fiducia dopo un anno poco brillante, sempre che le preoccupazioni per le guerre in atto e soprattutto quelle per l’epidemia di ebola non modifichino la situazione.

 

 

Allegato 6)

Il debito pubblico  italiano è sceso a settembre, rispetto ad agosto, di €14,4 miliardi a €2.134 miliardi. È quanto risulta dal supplemento al bollettino statistico della Banca d'Italia dedicato alla finanza pubblica.

Via Nazionale indica che il calo è stato determinato dalla riduzione di €30,9 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro , che ha più che compensato il fabbisogno del mese .

L'emissione di titoli sopra la pari, l'apprezzamento dell' euro e gli effetti della rivalutazione dei BTP indicizzati all'inflazione hanno complessivamente contenuto l'incremento del debito per €1,9 miliardi.

Nel dettaglio il debito delle Amministrazioni centrali è sceso a settembre di 14 miliardi e quello delle Amministrazioni locali di 0,4 miliardi. Il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato.

Le entrate tributarie si sono attestate a settembre a €22,7 miliardi, in aumento del 5,7% rispetto allo stesso mese del 2013.

Allegato 7)

Le riserve auree italiane?! Più di mille tonnellate potrebbero essere alla Fed

Da quando la Banca d’Italia è entrata a far parte del Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC) si è parlato molto delle sue riserve auree e, visto che una parte delle stesse è stata conferita al Sistema stesso, ci si è spesso chiesti dove queste riserve fossero stoccate e/o immagazzinate. Ultimamente, grazie a qualche documento ufficiale ed a qualche informazione, avuta anche all’iniziativa di alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle, rispetto all’oro della Banca d’Italia, sembra si possa raccogliere qualche dato in più con riguardo, appunto, alla quantità e alla “sede fisica” proprio dell’oro.

Il punto di partenza è un articolo di Zero Hedge (ZH da ora) in cui si parla del fatto che l’oro dell’Ucraina possa essere stato trasferito alla Federal Reserve e si riporta un documento dell’World Gold Council dove viene stilata la “classifica” delle riserve auree dei rispettivi paesi ricompresi nella classifica. Gli Stati Uniti sono la prima riserva aurea mondiale con 8.133,5 tonnellate di oro, la Germania la seconda con 3.387,1 tonnellate, la terza il Fondo Monetario Internazionale con 2.814 tonnellate, ed al quarto posto si trova l’Italia con 2.451,8 tonnellate seguita dalla Francia al quinto posto con poche tonnellate in meno. Dal sesto posto, dove troviamo la Cina, le riserve auree in tonnellate sono “appena” sopra le mille. La BCE è al 13° posto con “solo” 502,1 tonnellate. Per cui, una idea sulla quantità di oro della Banca d’Italia è possibile averla e, sicuramente, quella dell’Italia è una buona posizione nelle riserve auree, visto che si trova al quarto posto nel mondo (terzo se si considerassero solo gli Stati invece che anche istituzioni come il FMI che è, invece, al terzo posto).

 

Lucca, 18 novembre 2014

 

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