logo Fucinaidee

Commento introduttivo

Nelle riflessioni che ho in varie occasioni proposto ai gentili lettori di Fucinaidee, ho tante volte insistito su un concetto tanto evidente e semplice nella sua enunciazione quanto terribilmente complesso nella sua concreta applicazione: "Il vero nodo da sciogliere per far ripartire l'Italia e' quello del rapporto fra apparati politici-amministrativi e cittadini da una parte, e riscrittura del complesso degli organi di governo dall'altra.

Negli ultimi cinquant'anni della storia repubblicana, si sono inanellati una serie di passaggi che hanno progressivamente distorto entrambi i versanti del problema.
L'apparato pubblico e' diventato sempre piu' invasivo, in nome della tutela di interessi generali veri o presunti, progressivamente restringendo gli spazi di autonomia degli individui e delle comunita', ridotti sempre piu' al rango di sudditi anziche' di cittadini. Una situazione ben rispecchiata nella cosiddetta "unilateralita' della pubblica amministrazione", che ha sempre piu' sottoposto i cittadini al giogo della discrezionalita' di apparati pubblici il cui controllo e' stato "de iure e de facto" autoreferenziale.

Un micidiale intreccio fra politica e burocrazia, reciprocamente sostenutesi, nella logica del controllo sulla societa', per scopi elettorali la politica, per l'affermazione del proprio ruolo nell'esercizio del potere e/o per ragioni ancor piu' indicibili (vedi corruzione e simili) la burocrazia.
Un apparato pubblico che nel corso dei decenni e' diventato sempre piu' arrogante ed autoritario, anziche' autorevole ed efficiente.

Ricordo accesi confronti gia' negli anni '70, (boom dell'espansione dell'intervento pubblico), nei quali parlavo del silenzio-assenso come strumento di garanzia del cittadino, suscitando le piu' scandalizzate reazioni e i piu' vari epiteti.

Fortunatamente, oggi si sta sempre piu' prendendo coscienza della necessita' di voltare pagina, anche se in concreto la cosa appare tremendamente difficile, per le resistenze messe in campo dagli apparati.
Sono convinto che questa sia la piu' importante sfida che la societa' italiana debba vincere per imboccare nuovamente la strada della ripresa.
Su questa traccia si sviluppa la riflessione di angelo Panebianco che propongo ai lettori di Fucinaidee.

Paolo Razzuoli

Le vere condizioni per la crescita. - Non trattateci come sudditi

di Angelo Panebianco

È solo un paradosso apparente che i sondaggi mostrino il sostegno degli italiani per Matteo Renzi (raggiunge il 64 per cento dei consensi nel sondaggio di cui ha dato conto il Corriere domenica, e in nessun altra rilevazione scende sotto il 50), unito però a un diffuso scetticismo sulle misure del governo. Non c’è nulla di irrazionale. Anzi, il pubblico si mostra giudizioso. Si affida a Renzi perché lo riconosce come l’uomo forte del momento, colui che domina la politica e dice di sapere che cosa occorra fare per portarci fuori dai guai. In situazioni tribolate non è insensato affidarsi (provvisoriamente) all’uomo forte disponibile. Ma, al tempo stesso, gli italiani non si mostrano stupidi, non si fanno prendere in giro. Fino ad oggi il governo non è risultato molto convincente nella sua azione e i sondaggi lo registrano.

Proviamo a domandarci che cosa ci sia di poco convincente. Detto in modo enfatico e (non troppo) esagerato, di poco convincente c’è il fatto che non si è visto fin qui nessun provvedimento volto a restituire agli italiani i diritti di cittadinanza, nessun provvedimento che dia l’impressione di volerli trasformare da sudditi, quali per molti versi sono, in cittadini. Alcuni anni fa l’economista Nicola Rossi scrisse un bel libro (Sudditi , Istituto Bruno Leoni) che documentava il modo in cui politica e amministrazione avevano ridotto alla stato di sudditanza gli italiani, che pure, stando alla Costituzione, dovrebbero essere cittadini. Nel periodo intercorso non è cambiato nulla. E nemmeno Renzi finora ha fatto granché. Il caso della Tasi è esemplare. Come documentavano, sul Corriere di ieri, Fracaro e Saldutti, a meno di un mese dalla scadenza, più di 3.000 Comuni su 8.000 non hanno ancora fissato l’aliquota che dovrà essere versata. Una grande quantità di italiani continua ad ignorare quanto dovrà pagare. Il governo Renzi, sulla scia di Letta, ha ripetuto l’errore fatto a suo tempo dal governo Monti con l’Imu.

Ma perché mai dovrebbero ripartire i consumi se si impongono tasse e poi si lasciano passare mesi e mesi prima che i cittadini (pardon : i sudditi) possano conoscerne l’entità? Eppure sarebbe bastato poco. Sarebbe bastato stabilire che le inefficienze dell’amministrazione sono a carico solo dell’amministrazione. Sarebbe bastato decidere che i Comuni avevano tempo, poniamo, fino al maggio 2014 per stabilire l’ammontare dell’aliquota. Dopo di che, avrebbero perso il diritto di esigere il pagamento della tassa.

Sbaglia chi crede che perché ci sia crescita economica occorra che la politica sia «amichevole verso il mercato». Occorre invece che sia amichevole verso i diritti di cittadinanza. L’orientamento pro-mercato ne è soltanto una conseguenza. Chi, ad esempio, oggi vuol fare impresa è sottoposto alla tagliola e al ricatto delle autorizzazioni che l’amministrazione rilascerà a suo comodo, quando vorrà. Anche qui basterebbe poco per ristabilire il diritto di cittadinanza: il silenzio-assenso. Se l’autorizzazione esplicita non arriva entro un termine preciso, si dà per acquisita. E i funzionari che non se ne sono occupati nel tempo previsto saranno civilmente e penalmente corresponsabili di eventuali abusi.

Se il governo cominciasse ad «elargire» agli italiani diritti di cittadinanza avrebbe forse più successo di quello fin qui ottenuto con gli ottanta euro, riuscirebbe a fare ripartire l’economia. E forse i consensi di cui Renzi gode oggi nel Paese non risulterebbero effimeri, passeggeri.

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina