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Il ping pong dell’informazione.

 

Di Antonio Rossetti

 

Chi pubblica e commenta i dati, spesso parziali, quale obiettivo si propone?

 

Dico subito che  sono molto favorevole alla pubblicazione dei dati, sui commenti penso che ognuno, di volta in volta li considera a sostegno di una sua tesi o posizione, quindi i commenti mi interessano molto di meno.

Dicevo dei dati che, se correttamente  elaborati e presentati, aiutano a leggere una situazione e comprendere fenomeni economici e sociali, ma anche in questo caso  è la parzialità o la confusione  che si determina pubblicando, nello stesso tempo,  dati con riferimenti a periodi diversi,  confrontati con altri paesi che hanno situazioni diverse, o con riferimenti temporali senza coerenza.

Con molta franchezza penso che la diffusione del materiale informativo di questi ultimi giorni è a dir poco fuorviante.

Insomma come stanno le cose?

Dire che è aumentata la disoccupazione esplicita, iscritti nelle liste  dei centri per l’impiego, non significa dire  che sia diminuito il numero degli occupati. Oppure, dire che sono aumentati gli iscritti nelle liste dei disoccupati non significa dire  che sono aumentati i costi per gli ammortizzatori sociali, in quanto si dovrebbero raffrontare i costi delle  “ indennità di mobilità” , della  cassa integrazione ordinaria, di quella straordinaria, di quella in deroga e degli esodati da valutare  insieme  al costo delle indennità di disoccupazione nello stesso periodo di tempo . 

Lo stesso dicasi per  la spesa pubblica: è aumentata oppure no?

Il Pil come si misura?

Nel primo caso si è detto che gli effetti dei provvedimenti non ci sono ancora e il debito pubblico aumenta, dopo qualche giorno si dice una cosa diversa,( vedi in appendice)  che può non essere diversa per qualche argomentazione che qualcuno dirà poi.

Il PIL, è un modo di misurare la ricchezza del Paese (anche se non tutti condividono questo modo di valutare la ricchezza del Paese), viene continuamente  presentato sempre come “la febbre”da tenere sotto controllo, ma  a differenza  della febbre è meglio se  sale .

Anche in questo caso giungono dati (vedi CGIA di Mestre) che ci dicono l’ammontare “ degli affari della malavita” questi 170 miliardi sono dentro o fuori dal Pil dell’Italia?.

L’evasione stimata in miliardi è dentro o fuori del Pil dell’Italia?

Il raffronto con gli altri Paesi  considerando insieme il debito pubblico e quello dei cittadini è a favore dell’Italia.

La palla del ping - pong va dall’altra parte, siamo in  crisi, perdiamo e chiudiamo  aziende, perdiamo occupati, i giovani non trovano  un lavoro, o un posto di lavoro, non è la stessa cosa, quindi tagliare da una parte  poi da un’altra parte, e soprattutto rinviare. 

Poi ci vengono riferite notizie circa l’incapacità di spendere i Fondi Europei a disposizione dell’Italia e al tempo stesso leggiamo della fuga dei giovani”cervelli” che vanno altrove mentre potrebbero essere creativi qui, che le imprese con imprenditori stranieri aumentano in Italia.

Tutto questo per dire che  i dati, se non sono resi pubblici in modo  corretto,  non aiutano a capire e valutare.

Senza una corretta raccolta, elaborazione, diffusione  i dati statistici possono alimentare disinformazione e disorientamento, fino a renderli non credibili.

La scelta del Presidente del Consiglio di monitorare l’attività del Governo è importante, non solo perché vi sono 700 decreti attuativi da varare, ma perché sarà possibile, speriamo, seguire  “passo passo” il percorso delle riforme e dei provvedimenti sulle varie materie e misurarne gli esiti.

Una scelta che dovrebbe  essere seguita, nel caso non sia stata attuata, da parte delle Regioni, Enti locali , Amministrazioni ed Enti Pubblici. Si tratta di trasparenza, che diventa sostanza, nel rapporto tra amministratori e amministrati e tra governanti e cittadini.

C’è da sperare che  i dati forniti siano completi (anche altre fonti possono aiutare) e tali da stimolare il confronto e le valutazioni di tutti.

Comunque nessuno impedirà la diffusione di altre notizie e dati. Per questa ragione prima di prenderli per buoni li andrò a confrontare con dati confrontabili  di fonte certa e seria, evitando di mischiare pere e carciofi e i mesi con il caffè.

Per dare conto delle critiche sulla materia allego  alcune tabelle, ovviamente di fonte sicura,  che evidenziano sia la complessità e il potenziale  uso strumentale, che con i dati è possibile determinare, non sempre a fin di male. 

 

 

Appendice Documenti

 

1)     LA DISOCCUPAZIONE IN ITALIA

Riferimento Mesi del 2014

Rallenta il tasso di senza lavoro tra i giovani: il 43 per cento è senza un posto. In termini assoluti circa 700 mila persone tra i 15 e i 24 anni

Resta altissima la disoccupazione in Italia: il tasso è salito al 12,6 per cento a maggio 2014, in crescita dello 0,1 rispetto ad aprile e dello 0,5 rispetto a maggio 2013. E' quanto emerge dai dati Istat: la percentuale dei senza lavoro rimane di un soffio sotto il record del 12,7 per cento registrato a febbraio, gennaio e novembre.

Rallenta, invece, la disoccupazione giovanile: a maggio 2014, rileva l'Istituto di statistica, si attesta al 43 per cento, in diminuzione dello 0,3 rispetto ad aprile, ma ancora in crescita del 4,2 rispetto a maggio 2013. Tra i 15 e i 24 sono in 700 mila a essere senza un posto di lavoro, l'11,7 per cento della popolazione in questa fascia d'età.

In totale i disoccupati sono 3 milioni e 222 mila, 127 mila in più rispetto a maggio 2013. Record per la disoccupazione femminile che a maggio tocca quota 13,8%, il livello più alto dall'inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004).

Fonte Istat

 

2 ) CASSA INTEGRAZIONE

Le ore di Cassa integrazione (Cig) complessivamente autorizzate nel mese di luglio 2014 registrano una diminuzione del 25% rispettoallo stesso mese dell’anno precedente e dell’8,6% rispetto a giugno 2014. Nello specifico, le ore di Cassa integrazione ordinaria (Cigo)

autorizzate a luglio 2014 subiscono un calo del 38,3% rispetto a luglio dello scorso anno e del 42,8% rispetto al precedente mese di

giugno. In rialzo, invece, i dati riguardanti le ore autorizzate per la Cassa integrazione straordinaria che registrano rispettivamente un

aumento del 18% rispetto a luglio 2013 e del 9,6% rispetto a giugno 2014. In netta discesa, infine, le ore di Cassa integrazione in

deroga (Cigd) con un calo del 70,8% rispetto a luglio dello scorso anno e del 55,9% rispetto a giugno 2014. Per quanto riguarda i dati

relativi alle domande di disoccupazione e mobilità, siamo in presenza di una diminuzione complessiva, a giugno 2014, del 3,3% rispetto

a giugno dello scorso anno.

Focus CIG – Luglio 2014

Consulta nell’Osservatorio i dati sulle ore autorizzate a luglio 2014

Data news: 14/08/2014 Titolo: Cig in calo nel mese di luglio

www.inps.

 

3-  Fabbisogno: 7,5 miliardi ad agosto (-1,9 miliardi rispetto allo stesso mese del 2013)

Al miglioramento contribuisce la minore spesa per interessi sul debito

Nel mese di agosto 2014 si è realizzato fabbisogno del settore statale pari, in via provvisoria, a circa 7.500 milioni, che si confronta con il fabbisogno di 9.421 milioni del mese di agosto 2013. Nei primi otto mesi dell’anno il fabbisogno si è attestato a circa 50.400 milioni, con un miglioramento di oltre 10.600 milioni rispetto allo stesso periodo del 2013.

Commento

Il miglioramento registrato nel fabbisogno di agosto, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, è ascrivibile a minori pagamenti dal bilancio dello Stato, tra cui quelli per interessi sul debito pubblico, a fronte di una sostanziale invarianza degli incassi fiscali.
 

Comunicato Stampa  n.204

Ministero dell’economia e delle Finanze  

Roma, 01 settembre 2014

 

 

4) AUMENTA L’IMPRENDITORIA STRANIERA: boom di quella cinese

 

In forte calo, però, le rimesse verso la Cina. In Lombardia, in Toscana, nel Veneto e in Emilia Romagna si concentra il 60 per cento circa degli imprenditori provenienti dall’ “impero celeste”.

Stando ai numeri assoluti, segnala l’Ufficio studi della CGIA, sembra che almeno una parte dell’imprenditoria presente nel nostro Paese non conosca la crisi.

Stiamo parlando delle aziende guidate da stranieri che, tra il 2012 e il 2013, sono aumentate del 3,1 per cento, toccando, in valore assoluto, quota 708.317. Quelle condotte da cinesi hanno addirittura registrato un vero e proprio boom: nel periodo preso in esame sono aumentate del 6,1 per cento, superando di poco la soglia delle 66.000 unità. Niente a che vedere con lo sconfortante risultato conseguito dalle imprese italiane che, purtroppo, sono diminuite dell’1,6 per cento. Ovviamente, fanno notare dalla CGIA, bisogna ricordare che nei primi due casi stiamo parlando di qualche centinaio di migliaia di imprese, nel terzo caso, invece di milioni di attività.

Degli oltre 708 mila imprenditori stranieri presenti nel nostro Paese, il Marocco è il Paese di provenienza che ne conta il maggior numero: 72.014. Segue la Romania, con 67.266 e, subito dopo, la Cina, con 66.050.

Quest’ultima etnia ha “stuzzicato” l’interesse dell’Ufficio studi della CGIA che ha deciso di realizzare un approfondimento. Si pensi che rispetto al 2008, le attività economiche cinesi presenti in Italia sono aumentate addirittura del 42,9 per cento, contro un incremento medio dell’imprenditoria straniera che si è attestata al 23,1 per cento.

Ebbene, i settori maggiormente interessati dalla presenza degli imprenditori provenienti dall’ “impero celeste” sono il commercio, con quasi 24.050 attività (con un buon numero di imprese concentrate tra i venditori ambulanti), il manifatturiero, con poco più di 18.2000 imprese (quasi tutte riconducibili al tessile-abbigliamento e calzature) e la ristorazione-alberghi e bar, con oltre 13.700 attività.

Ancora contenuta, ma con un trend di crescita molto importante, è la presenza di imprenditori cinesi nel settore dei servizi alla persona, ovvero tra i parrucchieri, le estetiste e i centri massaggi: il numero totale è di poco superiore alle 3.400 unità, ma tra il 2012 ed il 2013 l’aumento è stato esponenziale: +34 per cento.

Sebbene in alcune aree del Paese esistano delle sacche di illegalità che alimentano il lavoro nero e il mercato della contraffazione – dichiara il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi non dobbiamo dimenticare che i migranti cinesi si sono sempre contraddistinti per una forte vocazione alle attività di business. I cinesi, infatti, nel momento in cui lasciano il Paese d’origine, sono tra i migranti più abili nell’impiegare le reti etniche per realizzare il loro progetto migratorio che si realizza con l’apertura di un’attività economica”.

La vocazione imprenditoriale dei migranti cinesi, come dicevamo, è fortissima. Se l’incidenza degli imprenditori stranieri sul totale dei residenti stranieri presenti in Italia è pari al 14,4 per cento, quelli cinesi sono addirittura il 29,6 per cento: su oltre 223.000 cinesi residenti in Italia, ben 66.000 guidano un’attività economica.

La Lombardia, con oltre 14.000 attività, è la regione più popolata da aziende guidate da imprenditoriali cinesi: seguono la Toscana, con poco più di 11. 800 attività, il Veneto, con quasi 8.000 e l’Emilia Romagna, con oltre 6.800. In queste quattro Regioni si concentra oltre il 60 per cento del totale degli imprenditori cinesi presenti nel nostro Paese.

Lo scorso anno, infine, si è verificato un forte calo delle rimesse: l’ammontare complessivo delle somme di denaro inviate verso la Cina dagli immigrati cinesi presenti in Italia è stato di 1,10 miliardi di euro. Meno della metà dell’importo registrato nel 2012 (2,67 miliardi di euro).

Da sempre – conclude Bortolussi – le principali aree di provenienza dei migranti cinesi sono le province del Sud Est del paese: Zhejiang, Fujian, Guangdong e Hainan. Per queste persone, la ricerca del successo si trasforma in una specie di debito morale nei confronti della famiglia allargata e degli amici che da sempre costituiscono un sostegno irrinunciabile per chi vuole emigrare. Non è un caso che nonostante la contrazione registrata nel 2013, l’etnia cinese continui ad essere al primo posto nel flusso di rimesse verso il Paese d’origine”.

Elaborato in data 14 agosto 2014

 

5) Boom di denunce di riciclaggio: + 212% negli ultimi 5 anni. Lombardia, Lazio, Campania, Veneto e Emilia Romagna le regioni più “colpite”


L’allarme è lanciato dall’Ufficio studi della CGIA: l’economia criminale vale 170 miliardi di euro all’anno (*). Una cifra imponente che, oltre a derivare da attività illegali, spesso viene riversata sul mercato finendo per inquinarlo e stravolgerlo.
 “La stima del valore economico prodotto dalle attività criminali – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – è il frutto di una nostra elaborazione realizzata su dati della Banca d’Italia. Va ricordato, in base alle definizioni stabilite dall’Ocse, che i dati prodotti dall’Istituto di via Nazionale non includono i reati violenti come furti, rapine, usura ed estorsioni, ma solo le transazioni illecite concordate tra il venditore e l’acquirente, come ad esempio contrabbando, traffico di armi, smaltimento illegale di rifiuti, gioco d’azzardo, ricettazione, prostituzione e traffico di stupefacenti. Detto ciò, queste attività criminali fatturano 170 miliardi all’anno, l’equivalente del PIL di una regione come il Lazio”.


La conferma dell’ escalation del giro d’affari in capo alle organizzazioni criminali emerge anche dal numero di segnalazioni pervenute in questi ultimi anni all’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia. Stiamo parlando delle operazioni sospette “denunciate” alla UIF da parte di intermediari finanziari (per l’80% banche, ma anche uffici postali, società finanziarie o assicurazioni). Ebbene, tra il 2009 ed il 2013 sono aumentate di quasi il 212 per cento. Se nel 2009 erano 20.660, nel 2013 hanno raggiunto quota 64.415, anche se va detto che il livello record è stato toccato nel 2012, con 66.855 segnalazioni.


La CGIA ricorda che una volta ricevuti questi “avvisi”, la Uif effettua degli approfondimenti sulle operazioni sospette e le trasmette, arricchite dell’analisi finanziaria, al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza (NSPV) e alla Direzione Investigativa Antimafia (DIA). Solo nel caso le segnalazioni siano ritenute infondate, la Uif le archivia.

prospetto delle segnalazioni regione per regione


 “Ovviamente – prosegue Bortolussi – le organizzazioni criminali hanno la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività illecite nell’economia legale. E il boom di denunce avvenute tra il 2009 e il 2013 è un segnale molto preoccupante. Pur non conoscendo il numero delle segnalazioni archiviate dalla Uif e nemmeno la dimensione economica di quelle che sono state successivamente prese in esame dalla DIA e dalla Polizia Valutaria, abbiamo il forte sospetto che l’aumento delle segnalazioni registrato in questi ultimi anni ci dimostri che questa parte dell’economia nazionale è l’unica che non ha risentito della crisi”.
L’analisi condotta dall’Ufficio studi della CGIA è riuscita a mappare il numero delle segnalazioni di riciclaggio avvenute nel 2013 anche a livello regionale.
Le Regioni più “colpite” sono state la Lombardia (11.575), il Lazio (9.188), la Campania (7.174), il Veneto (4.959) e l’Emilia Romagna (4.947).
Quasi il 60 per cento delle segnalazioni registrate a livello nazionale è concentrato in queste cinque Regioni.


In riferimento ai dati regionali, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA, oltre alle segnalazioni di riciclaggio sono incluse anche quelle relative al finanziamento del terrorismo e dei programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa. Tuttavia, il numero riferito a queste ultime due aree è statisticamente molto contenuto: nel 2013 è stato pari a 186.

Nota metodologica

(*) Il 6 giugno 2012, presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, l’allora Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, ebbe modo di affermare che il valore medio del sommerso criminale, nel periodo 2005-2008, era stato pari al 10,9% del Pil. Ipotizzando che l’incidenza sia ancora a questi livelli, l’Ufficio studi della CGIA stima che per il 2013 il valore economico dell’economia criminale si attesti attorno ai 170 miliardi di euro. Nella metodologia di calcolo eseguita dalla Banca d’Italia, così come stabilito dall’Ocse, si fa riferimento solo alle transazioni criminali avvenute dopo un accordo tra il venditore e l’acquirente. Non sono inclusi i reati “violenti” come i furti, le estorsioni, le rapine e l’usura.

·                     Fonte: CGIA Mestre (link is external)

·         Elaborato in data 12 agosto 2014

 

Lucca, 3 agosto 2014

 

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