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Dalle urne una spinta alle riforme

di Guido Gentili

Un'altra campagna è da questa mattina sui tavoli del (vincente) Presidente del Consiglio Matteo Renzi, della politica italiana e dei mercati. Passata quella elettorale, tra urla, promesse e manovre di stampo novecentesco, se ne apre una nuova, che ci auguriamo molto diversa. Quella per riportare l'Italia, in un'Europa che comincia a rifare i conti con se stessa, su un sentiero stabile di crescita e di cambiamento, le due parole più invocate da anni ma intorno alle quali la classe dirigente, e non solo politica, ha girato a vuoto per troppo tempo.

Stando alle indicazioni del voto europeo, tutto fa pensare che siamo di fronte a un tornante decisivo della storia continentale che a sua volta ne contiene, a livello nazionale, molte altre. L'avanzata euroscettica è un dato di fatto, anche se non costituisce un fronte politico unico. L'Italia, che è un grande Paese e non certo solo per l'ingombrante entità del suo debito pubblico, è una delle nazioni fondatrici dell'Europa. Tra un mese guiderà anche il semestre europeo: senza coltivare speranze o miracolismi illusori, un'occasione e una responsabilità in più. Va detto con chiarezza che la sfida per la crescita e il cambiamento in Italia e per un'Europa che sia vissuta dai cittadini non come un impaccio che sottrae sovranità e risorse ma come leva per accrescere prosperità e sviluppo, non ha alternative. Ma va anche rilevato che i risultati del voto, che pure promuovono la spinta riformista di Renzi, indicano una strada difficile.

Il risultato di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle è ben sotto le aspettative ma non va liquidato e in generale quello delle formazioni eurocritiche in Europa non può essere derubricato come un incidente di percorso. No. Se davvero si punta alla crescita e al cambiamento, un'analisi realistica dei limiti istituzionali di questa costruzione europea (e monetaria: non è forse maturo, a tutela del sistema euro, che la Bce possa funzionare da prestatore di ultima istanza per gli stati membri a fronte di eventi eccezionali?) è una pre-condizione irrinunciabile. Cui deve far seguito, a Bruxelles e nelle altre capitali europee, una capacità propositiva politica per tessere le alleanze necessarie per cambiare rotta. Francia e Spagna sarebbero sulla carta gli alleati naturali per sollecitare la Germania ad affrontare il tema del riequilibrio competitivo all'interno dell'Europa. Ma è evidente che il voto di ieri rimescola le carte, e rende ogni mossa più complicata. In ogni caso, ad esempio, l'Italia non può permettersi, anche nell'interesse dell'Europa, che non venga affrontato e risolto il nodo della politica comune sull'immigrazione. Così come il Paese che si presenta sui mercati del mondo con tanti marchi di altissima qualità, ha il dovere di essere protagonista al tavolo del Trattato sul libero scambio che l'Ue sta negoziando (su regole e standard) con gli Stati Uniti.

Per il premier Renzi - che col Pd registra uno storico successo, sia in Italia che in Europa - e il suo governo la partita, per molti aspetti, comincia solo ora. Da questa mattina la battaglia per gli 80 euro in busta paga è alle spalle. Ricomincia invece il confronto con i mercati e sui mercati e s'avvicina (2 giugno) il nuovo appuntamento con la Commissione europea. La ripresa s'intravvede, ma rimane una prospettiva fragile e a bassa intensità. C'è da riaccendere il motore delle riforme istituzionali, sbloccare fino in fondo i pagamenti della Pa, dare una scossa vera (non tipo quella che annuncia che pagheremo le tasse con un sms) nei campi del fisco e delle infrastrutture senza al contempo scardinare i conti pubblici. Dopo un grande successo personale, una grande prova di credibilità: di questo c'è bisogno.

(dal Sole 24 Ore - 26 maggio 2014)

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