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Elezioni europee del 25 maggio 2014. non lasciamoci ammaliare da clown e saltimbanchi

di Paolo Razzuoli

So benissimo che e' difficile far passare certi messaggi ad un elettorato deluso, sofferente a causa di una crisi economica lunga e di cui non si vedono concretamente le vie d'uuscita, sempre piu' sensibile ai richiami populisti di certi personaggi che hanno trasferito nell'agone politico metodi e contenuti propri del "varieta'" e dell'"avanspettacolo".

Giocolieri che alimentano la loro fortuna su una catena di false verita' e di demagogia, che certo fanno breccia in un elettorato esasperato, ma che sono assolutamente incapaci di disegnare una prospettiva vera e positiva.

Senza presunzione alcuna, propongo alcune riflessioni, certo sintetiche ed incomplete, con l'intento di offrire alcuni spunti di pensiero in vista dell'ormai prossimo appuntamento elettorale.

Si tende ad attribuire all'Europa la causa dei nostri mali. - Senza ignorare i difetti delle istituzioni europee, e' fuorviante cercare di scaricare i nostri problemi su altri. In Italia questo vezzo di non sapersi assumere le proprie responsabilita', scaricando su altri i nostri problemi, e' particolarmente diffuso.
Non e' questa la sede per entrare in analisi troppo dettagliate. Sara' sufficiente ricordare che temi fondamentali, quali le politiche fiscali, la regolazione del mercato del lavoro, l'efficienza della Pubblica Amministrazione, l'organizzazione della Giustizia, l'istruzione e formazione, le politiche energetiche, sono di competenza dei singoli Stati che, sinora, le hanno gelosamente difese. Sono questioni che incidono profondamente sulla competitivita' di una nazione, e proprio la perdita di competitivita' e' il male piu' grave che ci affligge, come anche i recentissimi dati sul Pil attestano.
HO avuto l'occasione di accompagnare ad un ufficio del Comune di Lucca un amico che vuole aprire un'attivita' innovativa ad alto contenuto tecnologico, un po' a cavallo fra il commerciale e l'artigianale. Ho sentito elencare una lunghissima catena di adempimenti burocratici ed onerosi, che avrebbe spaventato anche il piu' solido imprenditore; figuriamoci un ragazzo che pensa di investire le sue poche risorse in una attivita', certamente innovativa, ma dagli esiti economici tutti da verificare. Cosi' non si puo' competere con nessuno!

E' facile andare a riversare vuoti slogan nei microfoni radio-televisivi o nelle piazze. Piu' complesso e' mettersi attorno ad un tavolo per trovare soluzioni razionali e praticabili per risolvere i problemi. Ancor piu' difficile lo e' quando tali soluzioni presuppongono sacrifici nel presente, se pur in vista di un futuro migliore. Scelte che presuppongono un contesto di fiducia che oggi non c'e' piu'.
Ci sono due modi per reagire ad una sconfitta o a una crisi profonda. Il primo consiste nell'analizzare le cause del problema e poi rimboccarsi le maniche per cercare di raddrizzare la situazione. Il secondo è di scaricare la colpa su altri per deviare l'attenzione e rimandare le scelte difficili, nella speranza che prima o poi arrivino tempi migliori. La natura umana generalmente spinge verso questa seconda soluzione, ed ancor piu' lo fa la politica, soprattutto da noi. Nel tempo pero' questa visione non regge e gli efetti sono drammatici. Ecco quindi la necessita' di non farsi incantare e di compiere scelte basate su una vera consapevolezza dei problemi.

Fuori dall'Europa e dall'Euro ci potrebbero essere maggiori opportunita' di crescita. - E' uno dei tanti ritornelli della vulgata antieuropeista. E' pero' illusorio pensare che le sfide della globalizzazione possano essere affrontate meglio dai singoli paesi europei, ciascuno per conto proprio. La maggior parte di essi ha dimensioni inferiori a quelle di alcuni Stati americani o delle province - o città - cinesi. Figuriamoci quale potra' essere il destino dei singoli Paesi europei in un mondo nel quale, fra una decina di anni, anche l'Europa intera rischia di essere assai indietro nella classifica delle economie piu' progredite.
Si dice poi che senza l'Euro si potrebbero compiere manovre monetarie per rendere i nostri prodotti piu' competitivi. "Flatus vocis". Al di la' dei complessi problemi dell'uscita dall'Euro, (uscita teoricamente possibile anche se complicata), vi immaginate l'impatto di manovre svalutative su un'economia trasformativa come la nostra, che deve alle forniture estere le materie prime e l'approvvigionamento energetico?
L'Euro ha sicuramente aspetti di debolezza che andranno corretti mediante coerenti azioni politiche. Ma immaginare l'uscita dall'Euro come mezzo per il rilancio della competitivita' e' sicuramente folle. Chi afferma queste cose o e' in malafede o non sa di cosa sta parlando. Il problema della competitivita' e' affidato purtroppo alla nostra capacita' ed al nostro coraggio nel saper affrontare i nodi interni. Tema che mette a nudo l'ipocrisia e la superficialita' di certi menestrelli.
E' altrettanto evidente che nell'Unione Europea coesistono interessi diversi che vanno in qualche modo ricondotti ad una sintesi nella quale i contraenti possano riconoscersi. Sicuramente non tutto e' stato fatto nel migliore dei modi e non sempre i nostri interessi sono stati adeguatamente tutelati. Pensare pero' che il nostro sistema Paese sia capace di affrontare la competizione globale e' semplicemente pazzesco.

Chi esercita il potere e/o ancor piu' chi aspira ad esercitarlo, non potendo porre l'accento su situazioni elettoralmente sgradite, ha l'incentivo ad addossare la colpa di eventi negativi, come una recessione, al contesto internazionale, alla globalizzazione o all'Europa: «l'Europa non agisce, ci lascia soli»; «l'Europa ci impone vincoli assurdi, ci costringe a politiche di austerità»; «l'Europa è nelle mani della burocrazia, è stata costruita male, dobbiamo ridiscutere le regole».
Non intendo certo sottovalutare le fragilita' e le imperfezioni, anche gravi, delle strutture europee. E' pero' fuorviante indicare l'Europa quale capro espiatorio al quale addossare la colpa di tutti i mali.

L'Euro ha eroso il potere di acquisto. - E' fuor di dubbio che dal 2002, quindi dall'entrata in vigore dell'Euro, il potere di acquisto delle retribuzioni degli italiani si sia eroso. Ma anche qui occorre fare chiarezza. Senza entrare nel merito del tasso di cambio, fissato nel 1998 su parametri legati al cambio fra le monete del sistema, il problema vero e' quello di chi non ha saputo controllare le dinamiche dei prezzi successivamente all'entrata in circolazione dell'Euro. Nei Paesi nei quali le autorita' politiche hanno saputo esercitare i necessari controlli, il fenomeno dell'aumento dei prezzi legato ad una sorta di adeguamento del tasso di cambio con la preesistente valuta, e' risultato molto contenuto. anche qui debbono pertanto essere richiamate nostre responsabilita' politiche.

L'Europa e' lontana dai cittadini. - Tecnicamente ogni passaggio della costruzione europea e' stato approvato dai singoli Paesi con gli strumenti previsti dalle rispettive Costituzioni e/o Leggi: in vari Paesi con referendum, da noi con atti Parlamentari, posto che non e' previsto lo strumento referendario per la ratifica dei trattati internazionali.
Non vi e' chi non si renda conto che le istituzioni europee sono viste dai cittadini come qualcosa di lontano e di burocratico. Cio' e' alimentato dalla lentezza con cui l'Europa agisce, dai dettagli nei quali si perdono i processi burocratici, dalla sostanziale incapacita' di trovare politiche comuni rispetto ai teatri di crisi internazionale.
Al di la' delle foto di gruppo dei protagonisti sorridenti per giornali e tv, La tecnica del rinvio ha dominato non raramente le riunioni del Consiglio Europeo. L'Europa e' piu' intergovernativa che comunitaria: questa e' la principale causa della sua debolezza.
Lo si vede anche ora, nella vicenda Ucraina, lo si vide con la Libia e con le altre crisi degli ultimi decenni. Di fronte alle difficolta', anziche' accentuare gli aspetti comunitari, i membri dell'Unione accentuano i loro interessi (veri o presunti), proponendosi agli interlocutori in ordine sparso.
Delresto anche il complesso sistema istituzionale dell'UE, Parlamento eletto, Commissione su indicazione governative, Consiglio europeo formato dai Capi di Governo, e' lo specchio delle difficolta'. E' di tutta evidenza che il mercato interno, l'Euro e le istituzioni comunitarie saranno messe a serio rischio se non si completera' il processo politico, dando all'Europa quella solidita' istituzionale di cui ha urgente bisogno.

L'Italia e' fondamentale per l'Europa e l'Europa e' fondamentale per l'Italia. - Il processo di maturazione politico-istituzionale europeo e' fondamentale per evitare arretramenti che, con ogni probabilita', aprirebbero scenari inquietanti. Anche se il percorso è lungo, si può cercare di accelerare il passo e di instradarlo su un binario irreversibile. Ciò dipende in larga parte dall'Italia. L'Italia è diventata il perno su cui poggia il destino dell'Europa, per una serie di motivi.
Innanzitutto la dimensione. L'Italia è la terza economia dell'euro. Qualsiasi sviluppo che ci riguarda produce inevitabilmente effetti di contagio sul resto del sistema. Se l'Italia si riprende, si riprende tutta l'area dell'euro. Se invece non si riprende, rischia di trascinare con sé l'intero continente. L'Italia è in effetti troppo grande per fallire da sola, ma è anche troppo grande per essere salvata dal resto del sistema. Perciò l'Italia è sotto continua osservazione, dei governi, dei mercati finanziari, delle istituzioni internazionali.
E' chiaro che se dovesse fallire l'Euro, si trascinerebbe con se' tutto l'impianto istituzionale europeo, ponendo la parola fine ad un processo avviato nell'immediato secondo dopoguerra.

Non dimentichiamo la storia. - IL processo di integrazione europea e' partito dall'intuizione di menti illuminate, De Gasperi, Adenauer, Schumann ed altri, spinte dalla volonta' di creare le condizioni affinche' non si ripetessero in Europa le immani tragedie delle due guerre che l'hanno dilaniata nella prima meta' del XX secolo.
Ancora fra le rovine fumanti della tragedia, questi uomini gettarono le fondamenta di un edificio che, fra passi in avanti e passi indietro, ha accompagnato la piu' straordinaria stagione di sviluppo del vecchio continente. Sappiamo che non tutta l'Europa ha potuto godere di questa opportunita'. basti ricordare le vicende balcaniche. Ma i Paesi che hanno partecipato sin dall'inizio alla costruzione europea, hanno vissuto un periodo di pace, di liberta' e di prosperita' senza precedenti. Ma nulla puo' darsi per acquisito per sempre. Nessuno puo' garantire che questa condizione accompagni il futuro della storia europea. Possono pero' essere create condizioni che la favoriscano. Fra queste, fondamentale e' lo sviluppo del processo di unificazione politica. Purtroppo le crisi accentuano i particolarismi e gli egoismi. E' cio' che sta accadendo in Europa e particolarmente in Italia che, prima della crisi era uno dei Paesi piu' europeisti, mentre ora e' uno dei piu' euroscettici. La storia dovrebbe pero' insegnare l'opposto: le crisi si possono superare solo con la prevalenza delle ragioni della coesione e della solidarieta'. E' sempre stato vero; lo e' tanto piu' oggi, nella sfida posta dalla globalizzazione.
Diversamente il declino sara' inarrestabile, come alcuni precedenti storici ci insegnano. Purtroppo non raramente l'uomo e' andato incontro al proprio declino sapendolo, ma non trovando la forza di opporvisi.

Rinnovare il patto di fiducia. - C'è bisogno innanzitutto di fiducia, tra i paesi europei e tra i loro cittadini. Il danno principale della crisi economica e finanziaria è lo sbriciolamento del patto fiduciario che era stato creato nel dopoguerra intorno al progetto europeo. Con ogni probabilita', solo l'uscita dalla crisi, con la ripresa della crescita economica e dell'occupazione, potrà convincere chi ha sofferto maggiormente che lo sforzo di aggiustamento valeva veramente la pena e che l'Europa è stata di aiuto e non una costrizione. Ma l'uscita dalla crisi non avverra' certamente per miracolo, ma solo a seguito di comportamenti virtuosi che la politica ha il dovere di individuare, far capire e gestire con coerenza e trasparenza.
Se prevarranno posizioni becere, deresponsabilizzanti o di reciproci scaricabarili, si frantumera' quel po' di fiducia che ancora resiste, ed il declino sara' irreversibile.

Il 25 maggio facciamo vincere la razionalita' ed il senso di responsabilita'. - Mai come in questi giorni assistiamo in Italia ad una campagna elettorale tanto becera e tanto fuorviante. Una campagna elettorale giocata sul versante interno anziche' sui temi europei che avrebbero invece dovuto costituire il nucleo attorno al quale valutare partiti e candidati.
Tralasciando il nauseante gioco di chi spara di piu' alle istituzioni comunitarie (Grillo, Lega, Fratelli d'Italia, in parte anche - se pur da versanti opposti - lista Tsipras e Forza Italia, non si puo' non rilevare che anche dalle forze piu' convintamente e responsabilmente europeiste un gran contributo non e' pervenuto.
Non e' affatto retorico affermare che dai destini europei dipendera' in massima parte il nostro destino nazionale. ecco che le elezioni del 25 maggio assumono un ruolo importantissimo, che sfugge ai piu', e che molti utilizzano guardando a Roma anziche' a Bruxelles.
E' un gioco pericoloso. Se prevarranno gli euroscettici, e' prevedibile che prenda avvio un processo di decomposizione delle istituzioni comunitarie dagli effetti dirompenti. Poi ci si accorgera' del danno, ma sara' sicuramente troppo tardi.
Queste elezioni, che cadono forse nel piu' difficile momento della storia europea recente, credo che costituiscano uno spartiacque fra stagioni di segno opposto. Se prevarranno le forze europeiste, il processo di consolidamento comunitario potra' riprendere un cammino di sviluppo. Se prevarranno gli euroscettici e/o i populismi, si avviera' un processo di sbriciolamento delle istituzioni europee, premessa di un inevitabile declino del nostro continente.
Come si vede la posta in gioco e' altissima. Pur nella piena consapevolezza dei limiti e delle fragilita' delle attuali istituzioni comunitarie, la scelta e' fra cercare di consolidarle o di distruggerle.
Io penso che la scelta debba essere quella di consolidarle: da qui passa la capacita' di costruire un futuro da protagonista per il nostro continente che, solo sviluppando processi di integrazione, potra' giocare la sua parte nella sfida globale.
Ovviamente vi sono differenze di programmi anche fra le forze europeiste: la famiglia del Partito Popolare Europeo; la famiglia del Partito Socialista Europeo; la famiglia dei partiti Liberali. Differenze certo importanti, ma che si muovono all'interno di una cornice saldamente europeista.
Ciascuno scegliera' in base alle proprie convinzioni politico-culturali. Cio' che mi pare fondamentale e' che la scelta avvenga all'interno di un quadro costruttivo e non distruttivo.

Non affidiamo il nostro futuro a saltimbanchi o menestrelli. Non aiutiamo l'ipocrisia e l'ignoranza di euroscettici e populisti.
Il 25 maggio rechiamoci alle urne e, con il nostro voto, contribuiamo a far prevalere la razionalita', il senso di responsabilita', la volonta' di non rassegnarsi, la capacita' di guardare al futuro, guardando anzitutto alle prossime generazioni.

Lucca, 16 maggio 2014

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