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Il lavoro: la madre di tutte le emergenze italiane

di Paolo Razzuoli

I dati sull'occupazione/disoccupazione in Italia nel quarto trimestre 2013, resi noti ieri 28 febbraio 2014 dall'Istat, fotografano, ove ancora ce ne fosse bisogno, la drammatica situazione occupazionale del paese, resa ancor piu' grave fra i giovani e nel Mezzogiorno.
Una condizione che, al di la' del metodo certamente non troppo garbato, offre una giustificazione al repentino cambio di governo, offrendo una solida stampella alla svolta imposta da Matteo Renzi.

Ma ora e' giunta l'ora della verita': quell'ora nella quale il Paese chiede di tradurre in scelte concrete le enunciazioni. L'ora delle intenzioni e dei proclami e' finita: gli italiani ora vogliono fatti reali.

Renzi ed il suo governo sono pertanto chiamati ad una sfida ciclopica; ciclopica si', perche' - e' ipocrita nasconderlo - riformare l'Italia e' un'impresa ciclopica.

Nel breve periodo si potra' mettere un po' di benzina nel motore della ripresa tramite qualche investimento di risorse pubbliche (ammesso che si trovino i soldi) ma, nel medio-lungo periodo, il tema vero e' quello di ridare competitivita' al sistema: un risultato possibile solo mediante un intervento molto incisivo nel mercato del lavoro e piu' in generale nel sistema, che sara' doloroso e che, soprattutto, dovra' presupporre un salto culturale e politico importante: quello di limitare le infinite capacita' difensive-interdittive delle varie corporazioni, in favore di un progetto complessivo in cui i cittadini possano chiaramente percepire che i sacrifici sono richiesti a tutti e che essi sono realmente finalizzati all'interesse generale. Un cambiamento che coinvolge quindi tutti: sindacati, associazioni di categoria, partiti, amministrazioni centrali e periferiche e via dicendo.

Non nascondiamoci dietro il classico dito. La retorica delle riforme e' praticata da tutti, ma si scatena il finimondo quando si passa dalla retorica a qualche "prova di riforma", anche timidissima . A moltissima gente vanno bene le cose come sono, e finche' potra' frenare il cambiamento lo fara' con ogni mezzo.

Nei dibattiti, anche in prestigiose sedi accademiche, si sentono proposte di cambiamento che se fossero attuate disegnerebbero un altro paese rispetto all'attuale. Un cambiamento che metterebbe in discussione ruoli, abitudini, privilegi dei piu' influenti corpi sociali del Paese, a partire dagli apparati burocratici. Ruoli che sono degenerati soprattutto a partire dalla fine degli anni '60, sotto la spinta di un consociativismo e di uno sbandamento ideologico che hanno creato i presupposti delle attuali storture normative ed istituzionali.
Una domanda viene spontanea. Quale governo avra' la forza e/o l'autorevolezza per riforme tanto radicali e profonde?

Sinceramente non possono essere autorizzati grandi ottimismi, soprattutto se la classe politica non sapra' sottrarsi dalla logica di guardare al risultato delle prossime elezioni, per imboccare invece la logica virtuosa di guardare alle prossime generazioni. Un grande salto culturale, senza il quale e' realisticamente difficile poter sperare.

Una nota di ottimismo puo' essere rintracciata nella crescente consapevolezza di questa necessita', tanto nei settori piu' attenti ed intelligenti della classe politica, tanto in settori sempre piu' ampi della societa' civile che si stanno organizzando, per ora prevalentemente nella sfera del prepolitico, ma che al momento giusto e' da sperare che sappiano tradurre il loro lavoro in scelte e strumenti politici.

Ma l'emergenza "lavoro" non puo' attendere. qualcuno ha provato a darci ad intendere che all'orizzonte si vedeva qualche tenue lumicino di ripresa, ma la drammaticita' dei dati Istat fa piazza pulita di ogni illusione.
Il lavoro e' sempre meno, e sembra assistere ad una sorta di desertificazione industriale del Paese. Avete visto che anche Krizia ha venduto ai cinesi?

Renzi ha promesso in un paio di settimane il suo "Jobs Act".
Speriamo, perche' il "Job" non c'e' e l'"Act" non puo' attendere. e dovra' essere un "Act" forte ed incisivo. Un Act che non trovi le risorse aumentando la pressione fiscale quindi impoverendo ancor piu' gli italiani, ma trasferendo risorse da spese improduttive, i cui beneficiari le difenderanno con i denti.
Una scelta quindi difficile ed in controtendenza rispetto a cio' che finora i vari governi hanno fatto, obiettivamente a prescindere dalla loro colorazione politica.
Una scelta di discontinuita' anche con i segnali che purtroppo si colgono dai primi atti dello stesso Governo Renzi, che nella sua prima seduta veramente operativa ha "donato" agli italiani la possibilita' per i comuni di aumentare la Tasi (la tassa comunale sui servizi indivisibili).

Vedremo nelle prossime settimane. Naturalmente ogni italiano di buon senso deve sperare che le cose possano cambiare e che Renzi ed il suo Governo possano riuscire nel loro lavoro.
Una speranza resa ancor piu' forte dai dati Istat che di seguito riporto, e che sono la piu' eloquente testimonianza di come il lavoro sia "la madre di tutte le emergenze" del nostro Paese.

Occupati e disoccupati

(dal sito www.istat.it)

Nel quarto trimestre 2013 prosegue il calo tendenziale del numero di occupati (-1,7%, pari a -397.000 unità), soprattutto nel Mezzogiorno (-4,7%, pari a -292.000 unità). La riduzione degli uomini (-2,2%, 294.000 unità in meno) si associa a quella più contenuta delle donne (-1,1%, pari a -103.000 unità). Al persistente calo degli occupati più giovani e dei 35-49enni (rispettivamente -446.000 e -205.000 unità) continua a contrapporsi la crescita degli occupati con almeno 50 anni (+254.000 unità).

La riduzione tendenziale dell'occupazione italiana (-388.000 unità) si accompagna alla contenuta flessione di quella straniera (-10.000 unità). In confronto al quarto trimestre 2012, tuttavia, il tasso di occupazione degli stranieri segnala una riduzione di 2,3 punti percentuali a fronte di un calo di 0,7 punti di quello degli italiani.

Nell'industria in senso stretto prosegue, a ritmo meno sostenuto, la caduta dell'occupazione, con una discesa tendenziale dello 0,7% (-30.000 unità), cui si associa la marcata contrazione di occupati nelle costruzioni (-5,6%, pari a -96.000 unità). Per il quarto trimestre consecutivo l'occupazione si riduce anche nel terziario (-1,6%, pari a -252.000 unità).

Non si arresta il calo degli occupati a tempo pieno (-2,6%, pari a -487.000 unità rispetto al quarto trimestre 2012), che in sei casi su dieci riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (-2,5%, pari a -305.000 unità). Gli occupati a tempo parziale continuano ad aumentare (2,2%, pari a +90.000 unità), ma la crescita riguarda esclusivamente il part time involontario.

Per il quarto trimestre consecutivo continua a calare il lavoro a termine (-6,6%, pari a -156.000 unità), cui si accompagna per il quinto trimestre successivo la significativa diminuzione dei collaboratori (-13,3%, pari a -54.000 unità).

Il numero dei disoccupati è in ulteriore aumento su base tendenziale (9,0%, pari a +267.000 unità) e riguarda principalmente coloro che hanno perso il lavoro. L'incremento, diffuso su tutto il territorio nazionale, interessa in quasi la metà dei casi le persone con almeno 35 anni. Il 58,1% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più (54,8% nel IV trimestre 2012).

Il tasso di disoccupazione trimestrale è pari al 12,7%, in crescita di 1,1 punti percentuali su base annua; per gli uomini l'indicatore passa dal 10,7% all'attuale 11,9%; per le donne dal 12,8% all'attuale 13,8%. Aumentano i divari territoriali, con l'indicatore nel Nord all'8,9% (+0,9 punti percentuali), nel Centro all'11,2% (+0,3 punti) e nel Mezzogiorno al 20,5% (+2,2 punti).

Nel quarto trimestre 2013, per il terzo trimestre consecutivo, aumenta il numero di inattivi 15-64 anni (+0,3%, pari a 41.000 unità). L'incremento, per gli uomini in tutte le ripartizioni e per le donne solo nel Mezzogiorno, coinvolge chi cerca lavoro non attivamente.

Lucca, 1 marzo 2014

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