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Breve commento introduttivo

IL modesto risultato elettorale ottenuto da Scelta Civica nelle ultime elezioni, ha relegato il movimento ad un ruolo non certo di primo piano dello scenario politico nazionale.
Sulle ragioni di questo risultato, certamente inferiore alle attese, molto si e' scritto e molto si e' detto; sono stati compiuti sicuramente errori, anche assai grossolani, ed il momento non era certamente favorevole.

Purtroppo in politica, ma non solo in essa, chi perde e' destinato a cadere presto nell'oblio, e stessa sorte tocca alle cose buone che e' eventualmente riuscito a realizzare. Circostanza aiiutata da un'epoca - come la nostra - in cui la memoria sembra essere smarrita, in cui si bruciano con estrema rapidita' fasi ed esperienze, in cui il focus dei mass-media sull'attualita' fa si' che si dimentichino rapidamente i fatti di un passato ancora molto prossimo.

Al di la' della vicenda elettorale di Scelta Civica, credo che un'analisi obiettiva dei fatti non consenta una sottovalutazione del ruolo di Mario Monti e del suo Governo, in una fase delicatissima della situazione politico-economica del Paese.
Monti - a mio avviso - ha compiuto errori nella vicenda elettorale, ma rimane pur sempre una risorsa che potra' risultare di grande utilita' per la nostra Repubblica.
Ritengo pertanto utile proporre ai lettori di Fucinaidee il testo di una intervista rilasciata al quotidiano "Il Foglio", in cui affronta - a mio modo di vedere con grande equilibrio - i fatti politici che stanno dividendo il Parlamento ed il Paese.
Sottolineo la lucidita' dell'analisi dell'ultimo ventennio della storia politica italiana e le ipotesi di prospettiva: valutazioni in cui personalmente mi riconosco totalmente.

Paolo Razzuoli

Mario Monti: Adesso superare odio e disprezzo

Intervista de Il Foglio al Senatore Mario Monti

“Senza la grande coalizione voluta due anni fa dal Presidente Napolitano e sostenuta dalla fiducia del Parlamento, l’Italia non si sarebbe salvata dalla crisi, non avrebbe compiuto il faticoso percorso che l’ha portata al risanamento finanziario, non avrebbe iniziato il cammino che lentamente la sta conducendo alla ripresa economica. Questo non sarebbe accaduto senza un grande sforzo di responsabilità, che permise di superare il bipolarismo politico conflittuale.
Oggi è necessario compiere un secondo, definitivo passo. Occorre superare il bipolarismo dell’odio e del disprezzo, che ha nutrito di veleno (spesso scambiato per tensione etica) il conflitto insito nel bipolarismo politico".

Mario Monti, leader di Scelta civica ed ex presidente del Consiglio tecnico indicato da Giorgio Napolitano in un'ottica di pacificazione dello schema politico nazionale, spiega al Foglio il suo pensiero e la linea politica del suo movimento a proposito del momento attuale e della crisi minacciosa che si agita attorno alla possibile decadenza da senatore di Silvio Berlusconi, della sua estromissione dalla politica per via giudiziaria.

"Solo così - dice - si potrà ristabilire in Italia quel minimo di rispetto e di fiducia reciproca tra cittadini, e tra cittadini e Stato, che è condizione indispensabile per la crescita economica, oltre che per una convivenza civile normale, non basata sulla bestemmia e sull’insulto".

E' preoccupato, Monti:

"La vicenda che si è aperta con la sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi potrebbe mettere la pietra tombale su questo spiraglio di luce. Ma potrebbe anche – se ciascuno rifletterà sull’enorme posta in gioco non per Berlusconi, il Pdl, il Pd, il Governo Letta o altri, ma per il futuro di speranza o di disperazione dei giovani italiani – fornire l’occasione più propizia, anzi necessaria, per compiere quell’ulteriore passo di responsabilità collettiva".

Monti disegna un parallelo:

"Questo passo, forse contrariamente alle apparenze, è meno problematico, meno impervio di quello compiuto due anni fa. Allora si trattava di far cambiare rapidamente opinione all’Europa e al mondo sulla possibilità e volontà dell’Italia di salvarsi, di modificare profondamente leggi e prassi che avevano condotto gli italiani sull’orlo dell’insostenibilità. Occorreva che decine di milioni di italiani accettassero, senza ribellarsi, una transizione fatta di sacrifici verso un futuro sostenibile. Il secondo passo, quello necessario oggi, riguarda in fondo un numero relativamente piccolo di persone: i leader politici, gli eletti, una parte della classe dirigente del Paese. Un numero piccolo, ma volontà forti. Però tutti gli italiani ci guardano. Se non riusciremo a disintossicare la leadership politica del Paese, non credo che l’opinione pubblica salverebbe qualcuno, falchi o colombe che siano, a qualunque partito appartengano".

Come fare?

"A me sembra che tre principi debbano guidare il comportamento di chi ha responsabilità politiche, in questo delicato e decisivo passaggio:
1) L’inderogabile necessità di rispettare lo Stato di diritto e la parità dei cittadini di fronte alla legge.
2) L’opportunità di salvaguardare, favorendone una positiva evoluzione, quella più aperta articolazione del sistema politico italiano che solo l’impegno politico di Silvio Berlusconi, a partire dal 1994, ha reso possibile. Si può ritenere – come io ritengo – che Berlusconi non sia poi stato in grado di riempire adeguatamente con contenuti politici liberali e riformatori lo spazio che ha saputo creare. Ma non si può dimenticare che la forza che egli è riuscito inopinatamente a sconfiggere nel 1994 non era una sinistra liberale, europea e riformatrice, bensì il partito guidato da Achille Occhetto.
3) La volontà di consentire la prosecuzione dell’attuale Governo di grande coalizione, tanto più proficua quanto più il Presidente Letta e l’intero governo sapranno determinare, e tenere in pugno, l’agenda di governo nell’esclusivo interesse del Paese, senza sottostare ai diktat di questo o quel partito della coalizione.
Come ha ricordato il Capo dello Stato, “di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto”".
Prosegue Monti: "A partire da questo caposaldo, il rispetto dello Stato di diritto deve valere rigorosamente per tutti, come ha sottolineato Luciano Violante sul Corriere della Sera di ieri, ivi inclusa la parte avverso la quale è stata pronunciata sentenza definitiva e che è quindi sottoposta alla procedura stabilita dalla legge Severino. Ricordo peraltro che la legge Severino è stata votata a larghissima maggioranza, anche dal Pdl, nove mesi fa e che allora nessuno sollevò obiezioni di costituzionalità. Anzi, tutti sembravano desiderosi di mostrarsi rigorosi sui criteri di incandidabilità e decadenza: erano solo ragioni elettoralistiche? Non voglio crederlo. Certo non sfugge l'eccezionalità del caso Berlusconi, ma il punto è la sua condanna che non può certo essere cancellata dal Senato, neppure nei suoi altri effetti di Legge che, lo ripeto, il Parlamento (e in buona misura gli stessi parlamentari che oggi dissentono) votarono nove mesi fa in piena consapevolezza. I casi ritenuti eccezionali vanno se mai affrontati con provvedimenti d'eccezione. L’ordinamento prevede la possibilità di provvedimenti di clemenza, quali la grazia o la commutazione della pena, rimessi interamente alla valutazione e alla volontà del Capo dello stato. Personalmente, a differenza ad esempio di Beppe Grillo, non troverei a priori scandaloso, né incompatibile con lo Stato di diritto, un eventuale provvedimento di clemenza, in considerazione del ruolo avuto da Berlusconi nella vita politica italiana e soprattutto se il suo “lascito” alla politica arricchisse l’articolazione democratica del Paese anziché contribuire all’ulteriore esasperazione del clima politico con danno del Paese".
Prosegue Monti: "Il Governo a mio avviso, come è noto, potrebbe essere ancor più coraggioso sul fronte delle riforme, da calendarizzare in un patto di coalizione; e dovrebbe tenersi al riparo dalle spinte elettoralistiche dei due azionisti principali che vorrebbero smontare l'Imu e la riforma delle pensioni; segnale pericoloso anche all'estero. Ma è altrettanto noto il mio giudizio assolutamente positivo sul Presidente Letta e sul suo lavoro nelle condizioni date (che io vorrei migliorare); e non solo per la sua proiezione europea. La grande coalizione – purché non diventi grande collusione – è la condizione migliore per dare stabilità e continuità di Governo a un Paese che deve completare il duro lavoro iniziato per superare la crisi e ritrovare stabilmente il suo posto in Europa".

Prosegue con un po' di preoccupazione, il professore ex premier:

"Il Pdl non può chiedere l'impossibile agli alleati. Gli italiani, credo anche milioni di elettori del Pdl, non vogliono una crisi pericolosissima che rischia di travolgere i buoni risultati di tanti sacrifici che loro hanno fatto. È inaccettabile dire: o il Senato si inventa qualcosa oppure salta il Governo. Abbiamo assoluto rispetto per il momento drammatico che vive Berlusconi e con lui il suo partito e non pensiamo che questa fase debba necessariamente segnare la fine del protagonismo politico di Berlusconi a meno che non lo scelga lui stesso o il suo partito o gli elettori. Ma non si può chiedere, come condizione per mantenere la maggioranza, un impegno parlamentare che suonerebbe per buona parte della pubblica opinione una sorta di pactum sceleris".

E dunque?

"Se Berlusconi ed il Pdl decideranno di rompere la maggioranza e precipitare il Paese nel caos, allora significherà che in vent'anni il centrodestra italiano non ha davvero saputo acquisire nessun connotato europeo che lo distinguesse almeno in parte dal connotato carismatico e personalistico della leadership berlusconiana. Vorrebbe dire che il conflitto di interessi, che stupisce molti fuori d'Italia, si mostrerebbe plasticamente e definitivamente come un pregiudizio esiziale e non solo come una delle non poche eccezioni italiane.
Scelta Civica, in questi presagi di sventura per l'Italia, si sente ancor più impegnata nel faticoso ma appassionante compito di fornire alla opinione pubblica e agli elettori uno strumento per affermare una presenza politica alternativa alla sinistra, ancorata allo stato di diritto, all'Europa e alle tradizioni liberal democratiche e popolari che contraddistinguono la dialettica democratica dei principali paesi dell'Unione. Gli italiani che hanno già guardato a noi e quelli disorientati da un sedicente schieramento moderato pronto al tanto peggio tanto meglio, troveranno un punto di riferimento ispirato alla serietà, alle riforme rigorose e all'Europa".

C'è spazio per una riflessione sul senso politico della parabola berlusconiana:

"Negli ultimi vent’anni la leadership di Berlusconi ha raccolto e rappresentato un’opinione politica diffusa e alternativa alla cultura della sinistra ex comunista. In Italia esiste da sempre un elettorato che per convenzione è definito moderato, refrattario alle ricette della sinistra “antagonista” e sensibile agli incentivi dell’iniziativa privata e dell’attività economica e più in generale alla riduzione del peso economico e burocratico dello Stato. Come è evidente, questo elettorato definito impropriamente moderato è quello che più propende per le riforme e le “rotture” radicali di un sistema di organizzazione sociale, che disincentiva la crescita e la mobilità e accresce le esigenze di protezione, fino a livelli fiscalmente insostenibili".
Nel consenso che Berlusconi ha raccolto, prosegue, "c’è stata certamente questa componente, accanto a un'altra, elettoralmente altrettanto cospicua, che alla politica di centrodestra chiedeva una tutela particolaristica uguale e contraria a quella che la sinistra prometteva al proprio "popolo", e da essa distinta solo per i ceti che ne avrebbero beneficiato. A questo elettorato Berlusconi ha offerto (purtroppo) una risposta molto più interessata e efficiente (nell'ultima campagna elettorale parlando di Imu e condoni). A quello riformatore e sensibile a un’idea dell’interesse generale diverso dalla somma o dalla media degli interessi particolari politicamente più rappresentati, Berlusconi ha promesso molto, ma non ha dato di fatto nulla. Non solo sui temi economici, ma perfino su quelli della giustizia. Se ne è giustificato, a più riprese, accusando gli alleati indisponibili e riottosi, piuttosto che riflettere sui suoi interessi in conflitto. Ha scelto il consenso immediato, più che una visione di governo".
"All’Italia che è stata berlusconiana per convinzione o mancanza di alternative riformatrici si deve non solo rispetto, ma seria considerazione",
dice Monti. "Non si può immaginare che si “sposti” a sinistra, ma non si può neppure immaginare che inizi e finisca con la parabola berlusconiana e non sia destinata a sopravvivergli. Quanti, come noi, non hanno mai nutrito né espresso un’ostilità preconcetta e preventiva, ma al contrario ragioni di polemica e delusione profonda (e per così dire “successiva”) per le scelte e le non scelte di Berlusconi e per il bilancio complessivo della sua esperienza di governo, oggi devono riprendere il filo di un discorso oggettivamente complicato. Le riforme non sono popolari e il negazionismo sulle fragilità strutturali dell’Italia (su cui Berlusconi si è ampiamente esercitato) le rende ancora più dolorose. La logica amico-nemico, per cui chi non sta con Berlusconi sta con i comunisti (e viceversa), restringe lo spazio per una forza e un’iniziativa politica come la nostra. Ma è nostro dovere almeno provarci.
La nostra convinzione sulla opportunità di una grande coalizione e perfino la nostra considerazione sulla maggiore serietà con cui il Pd e Letta alla fine vi sono acconciati, non ci fa dimenticare le distanze di Scelta Civica con il Pd. Questa distanza non ci porterà certo a rinchiuderci nel bunker – se questa sarà la scelta definitiva – del Pdl, ma ci porta a desiderare un lavoro comune con tutti quelli, già in politica o fuori, che alla rivoluzione liberale sdoganata (e non sufficiente praticata) da Berlusconi hanno creduto e, con tutto quello che i tempi chiedono di cambiare, ancora desiderano per il meglio dell'Italia del futuro".

(da Il Foglio - 27 agosto 2013)

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