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Il sasso che rotola a valle

di Stefano Folli

Il destino ha cambiato cavallo, scriveva un tempo Leo Longanesi. Nel destino dell'Italia di oggi non ci sono cavalli, ma le toghe della Cassazione. E non c'è dubbio che esiste un prima e un dopo rispetto alla fatidica sentenza. Da ieri sera l'Italia politica e quindi gli assetti di governo, la stessa larga maggioranza che sostiene Enrico Letta, subiscono una serie di trasformazioni, effetto dall'impatto clamoroso di una condanna che di fatto pone fine al ventennio berlusconiano.

Non c'è l'interdizione dai pubblici uffici, ma a questo punto si tratta quasi di un dettaglio: perchè sarà la corte d'Appello a riconteggiarla in tempi non troppo lunghi e a decidere il numero di anni della pena "accessoria". In ogni caso la condanna in sé mette l'ex premier ai margini della vita parlamentare, in attesa di esserne estromesso quanto prima. E naturalmente gli preclude una nuova candidatura alle prossime elezioni. Stando così le cose, da oggi entriamo in un'Italia post-berlusconiana, in cui al vecchio leader rimangono solo due carte da giocare. O abbracciare una posizione anti-sistema, di totale contestazione: ed è possibile, ma poco credibile. Oppure accettare la sentenza e confermare la linea della responsabilità e della prudenza, la stessa a cui lo invitano con toni pressanti il capo dello Stato e il presidente del Consiglio. Facile a dirsi, molto meno facile a farsi. Certo, come dice Letta, c'è «un interesse dell'Italia» che è superiore alle vicende giudiziarie di una singola personalità, pur rilevante. Ma questa posizione seria e consapevole, l'unica che può permettere la sopravvivenza del governo, è anche la più difficile da reggere quando il sasso comincia a rotolare verso valle trascinando con sé ogni cosa.

Il videomessaggio da palazzo Grazioli, nella sua disperazione, nell'accorata rivendicazione di una storia che non può essere solo criminale, è la prova che Berlusconi è consapevole della disfatta e per ora sta fermo, lasciando capire di voler evitare le avventure. Purtroppo non bastano le buone intenzioni, esiste anche una dinamica perversa degli eventi che a un certo punto rischia di prendere il sopravvento. Ora siamo sul crinale e davvero è complicato restare in equilibrio. C'è un governo che Berlusconi al momento non intende o non può far cadere. Ma stiamo parlando di una grande coalizione che aspettava l'occasione di decollare, superando un certo "tran tran" che ne ha segnato i primi cento giorni. C'è qualcuno che pensa che d'ora in poi l'alleanza fra Pd e Pdl sarà più forte e determinata, anzichè più debole e incerta? Giorgio Napolitano, in una preoccupata dichiarazione pochi minuti dopo la sentenza, ha messo sul tavolo la riforma della giustizia: il tema più controverso e antico, quello a cui si è aggrappato anche Berlusconi. E' il tentativo di ridare un senso alle larghe intese, ma la possibilità che il Pd decida proprio adesso di dialogare con gli uomini del condannato per cambiare la giustizia è piuttosto esile.

In altre parole, la questione di fondo riguarda la stabilità della maggioranza. Nella quale è rappresentato quel 30 per cento circa di italiani che alle elezioni ha dato fiducia a Berlusconi. Questa è la forza residua dell'ex premier: una forza che a nessuno conviene sottovalutare. Nemmeno al Pd che mai come oggi è esposto alla pressione proveniente dai grillini e dalla sinistra di Vendola. La sentenza di Roma parla anche ai democratici, li sfida sul terreno del riformismo. E le parole corrette di Epifani non bastano per capire se il centrosinistra riuscirà a non soccombere sotto il peso di contraddizioni che adesso appaiono più esasperate. Se Berlusconi, passato lo smarrimento delle prime ore, tenterà di usare il peso che gli viene da quel 30 per cento in vista di una battaglia populista e forse persino eversiva, allora il quadro potrebbe farsi realmente drammatico. Ma in tal caso l'Italia moderata, l'Italia che ha votato a ripetizione Berlusconi ma non si riconosce nell'ultimo berlusconismo, dovrebbe far sentire la sua voce. Che non è mai propensa al populismo e all'estremismo.

Questa opinione moderata ha bisogno più che mai di una rappresentanza parlamentare, dopo le disavventure del Centro e da ultimo i tormenti di Scelta Civica. Non si può credere che Berlusconi voglia o possa trascinare l'intero Pdl sulla linea intransigente, quando lo stesso Napolitano ha chiesto ieri sera più coesione e più solidarietà fra le forze politiche. La logica delle larghe intese nate a febbraio si ripropone oggi in forme diverse ma non meno cogenti.

(dal Sole 24 Ore - 2 agosto 2013)

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