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Lettera all'autore

    

    Caro Federico,

    come di consueto le tue analisi hanno molti elementi di verita' e sono condotte con stile forbito e brillante.

    MI pare pero' difficile negare che Berlusconi, con le sue condotte, abbia fortemente aiutato gli iscritti a quello che tu chiami il “Gramsci's club”.

E non mi riferisco solo alle condotte private, che pur in un uomo di Stato dovrebbero essere contenute entro certi confini, ma anche all'azione di governo che, se pur con varie scusanti, si e' di fatto rivelata cosa ben diversa dai suoi presupposti teorici e politici.

   Circa il tema delle condotte personali, pur rifuggendo da qualsiasi moralismo, non posso ricordarti l'esempio di una figura che tu ed io tanto amiamo e che, non raramente, ricordiamo nelle nostre squisite conversazioni: quella di Alcide De Gasperi.

   Per l'azione politica, vista sia sotto la lente dell'azione di governo che della funzione di capo di partito, mi pare che nulla di veramente innovativo sia stato realizzato: tutti i problemi del Paese sono ancora in attesa di soluzione ed il partito, a cui peraltro ho a suo tempo aperta una linea di credito, non e' mai decollato ed e' con ogni probabilita' alla vigilia dello sfaldamento.

    Riportando il focus sul tuo articolo, rimane la veridicita' della tua analisi socio-politica di fondo. Si tratta di temi importanti, che la gente percepisce, che sono alla base dei consensi che Berlusconi ha avuto e che ancora e' in grado di raccogliere.

  Tu sai benissimo che mi tengo nettamente distante da coloro che auspicano la fine politica di Berlusconi sul terreno extra-politico: ce lo siamo detto tante volte e ho avuto anche modo di scriverlo ripetutamente.

  Penso comunque, che proprio sulla base di valutazioni politiche, si potra' vincere il “Gramsci's club”, allorche' i suoi antagonisti saranno capaci di organizzarsi sotto le insegne di un partito vero, affidato ad una classe dirigente politicamente matura, fornita di un autentico profilo di rappresentanza democratica, a partire proprio dalla vita del partito di cui sara' espressione.

 Una prospettiva la mia, come vedi ben diversa dalla tua, anche pensando alla parte finale del tuo scritto ove ipotizzi piu’ una forma di successione di impianto monarchico che democratico-repubblicano.
Inoltre un affettuoso consiglio: nel tratteggiare l'uomo di Arcore, di tanto in tanto ti scappa qualche pennellata che lo fa un po' somigliare ad un eroe "Sturm und Drang"; prestaci attenzione giacche' la nostra epoca della finanza globalizzata e' profondamente diversa dal romanticismo cosi' come Berlusconi non assomiglia certo a Jacopo Ortis.

   Mi congratulo con te per i tuoi scritti, sempre stimolanti e frutto di una straordinaria passione politica.

      Un caro saluto.

Paolo Razzuoli

        

     

La risoluzione per via giudiziaria della Seconda Repubblica

La rivoluzione morale proletaria del Gramsci's club

 

di Federico Bini

 

Il cavaliere, la morte ( ed il diavolo). 

L'affondo giudiziario finale al Cavaliere, non è solo una sentenza ad personam -  ( aspramente delirante di giustizia ) - ad un uomo politico pubblico, sporcaccione e lussurioso, lasciatosi totalmente avvolgere dall'eros più erotico e afrodisiaco,  ammaliato quasi magicamente dal cantico delle sue sirene che poi si trasformarono in terribili erinni.

Ma requisitoriamente parlando siamo difronte al tentativo di porre attraverso una sentenza all'uomo Berlusconi, una condanna al berlusconismo inteso nel suo più esteso significato, ossia tutto il suo mondo elettorale.

È l'attacco mortale e morale ( che dovrebbe prescindere al diritto processuale ) al cuore della colonna del berlusconismo, ossia la ''sua'' piccola borghesia, da anni additata come un popolo di asserviti evasori, ignoranti e dai peccaminosi costumi.

Quella media borghesia, epicentro e forza maggioritaria del consenso politico storico del giolittismo, del fascismo, della democrazia cristiana e infine del berlusconianesimo.

C'è infondo a questa strada, una complessa dietrologia che riporta alla mente la continua e secolare lotta ( seppur silenziosa ma germogliante ) di un certo ''proletarismo'' ( parti di apparato pubblico, industria finanziaria, banche, giornali e mondo intellettuale ) che cercano di soffocare e di estromettere , la nostra vivace, estrosa e creativa, ma ogni tanto (cinicamente ) paraculista middle class.

C'è seppur con metodologie e forme diverse, un processo di  rivoluzione morale proletaria di cui molti hanno già anticipato pubblicamente, mi riferisco a Piero Ostellino e Roger Scruton, ma anche ad un articolo del marzo scorso di Giampietro Berti che titolava :-'' La via italiana al socialismo? Un vicolo cieco''.

Ponendo assieme questi tre testi, si rintracciano tre elementi unificatori che riscontriamo nella nostra quotidianità giornalistica e politica : primo, la trionfante evoluzione del gramscismo sul controllo dello stato e della egemonia culturale, secondo l'animo illiberale di una buona parte di sinistra, non solo partitica, ma soprattutto quella sinistra firmataria e 'sagrestana' intellettualmente elevata alla pontificazione giornalistica, terzo il trionfo dell'ipocrisia e la rivoluzione antropologica e sociologica del più integralista puritanesimo scarlatto, produttore di una nuova filosofia politica del diritto italiano post 1990, ossia il girotondismo del processualismo italiano, dalle aule giudiziarie all'agone pubblico-mediatico : il ''nemicidio''.

La via al riformismo della sinistra ( proveniente dal partito comunista ), che punti ad una social-democrazia europea, è ad oggi una burlamacca elettorale , in quanto questa buona parte di sinistra vive da mezzo secolo, sotto la regia di un intellettualismo giacobino, falsamente democratico e liberale, ma anzi, sognante della più utopica rivoluzione morale proletaria portatrice di uguaglianza, giustizia, lavoro, cultura ed intenta nella rieducazione silenziosa delle masse, attraverso la monopolizzazione della 'sovrastruttura'.

È il disegno del Gramsci's club e dei suoi derivati bolscevichi, alimentati della patologia marxista dell'odio di classe inquadrabile nel successo, nella fama, nella produttività e nella ricchezza.

La chiara forza del berlusconismo di Berlusconi, la storia del ragazzo borghese che ( tra astuzia, lungimiranza, capacità ed emergenti ombre ) scala la piramide dell'imprenditoria e della finanza italiana.

Un mondo oligarchizzato, ristretto, gerarchizzato ed unito da patti di sindacato o da accordi di salotto.

Legato sia al potere bianco sia  consociativamente al PCI.

Ed il berlusconismo di Berlusconi che non inizia con la sua celebre discesa in campo nel 1994, ma è già presente e storia moderna con  Il Giornale Nuovo,  Milano 2 , l'invincibile Milan di Sacchi , i centri commerciali e poi le televisioni, il capolavoro della televisione commerciale,  la nascita del pubblico berlusconista prima e tele-elettore dopo ( almeno una piccola parte ), sconquassa con una certa frenesia vulcanica e travolgente il piatto mondo politico-partitico industriale italiano.

Gli anni in cui si afferma il berlusconismo di Berlusconi, sono anni in cui si assiste al tramonto del capitalismo novecentesco, dominato dagli Orlando, dai Falck, dai Lucchini, ma anche poi dai Ferruzzi che ''escono''  ( per decadenza o ingerenze altrui ) dalla torre di controllo del sistema finanziario italiano per lasciare il posto agli emergenti Benetton, Della Valle, Berlusconi, Ligresti, Caltagirone, Del Vecchio.

Cambia l'assetto del potere italiano, ed il Cavaliere tra tutti questi imprenditori parvenu,  è quello che punta più in alto, che mira ad entrare nel pantheon del potere nel potere, raggiunto in Italia fino ad allora solo dalla famiglia Agnelli, forte del legame Fiat-Mediobanca.

Il borghesismo berlusconiano entra prepotentemente nei palazzi politici, economici e finanziari italiani e  nel bene o nel male segna un passaggio, una rottura con il passato che però non celebrerà mai il riconoscimento pubblico e privato di certi salotti buoni dell'alta borghesia 'aristocraticizzata' nei confronti di Berlusconi.

È la nascita della rivoluzione azzurra che spaccando i vecchi legami, dopo Tangentopoli, porta ad una nuova redistribuzione del potere italiano, anche se spesso le alleanze rimarranno quasi consolidate come erano nella        '' defunta'' (ma non troppo) Prima Repubblica.

Ed il Cavaliere, con il suo bagaglio di borghesismo avvincente e vincente, spregiudicato e comunicativo, rappresentato dal partito-azienda, ridimensionò i sogni di gloria  di una sinistra post- Bolognina, che già si vedeva al governo del paese senza avversari.

È l'inizio di un ventennio segnato da un crescente odio, rancori e guerre segratiane, che cambiano l'Italia andando a creare un suo blocco sociale, contrapposto al solido e ferreo zoccolo duro del PCI.

Cambia il linguaggio ( più popolare e mirato – a tratti imbarbarito-  meno ossequioso e del politicamente corretto ), si trasforma la comunicazione, la televisione diviene il palcoscenico del successo berlusconiano, i cartelli elettorali sono dominati dai faccioni di un Silvio sorridente e smagliante e con qualche capello in più !

Si assiste alla personificazione della politica e del partito politico, '' Berlusconi Presidente''.

I congressi elettorali sono manifestazioni folcloristiche piene di colori, canti, spille giganti e bandiere.

È la politica che si mescola al tifo calcistico : la geniale creazione di Forza Italia,  il grande amore del Presidente.! Si assiste quindi ad una graduale trasformazione del panorama politico italiano.

Parafrasando Renzo de Felice, possiamo affermare che il grande capolavoro di Berlusconi, non è tanto il berlusconismo, ma Berlusconi stesso.

Berlusconi è stato l'artefice del sogno italiano, ufficializzato in diretta tv nel salotto di Porta a Porta con il ''Contratto degli italiani''.  Una trovata elettorale geniale, che  per la imbrigliata politica italiana, fu un vero e proprio colpo di coda.

Il berlusconismo trionferà, e avrà in Milano la sua culla.

E sarà proprio Milano, la capitale non solo politica, ma anche giudiziaria della Prima e Seconda Repubblica.

Dove tutto inizia tutto finisce,  riuscirà il Cavaliere a modificare la sua sorte !?

La Procura di Milano, sarà nuovamente la protagonista nel determinare i prossimi scenari politici, democratici ed economici dell'Italia che si avvia verso la sua Terza Repubblica.

Un copione già visto, una riso/voluzione pericolosa, una deriva bellicosa ed un tribunale '' particolare''. 

Certo, il consenso politico non legittima a fare della lex cosa propria,  ma nemmeno alcuni magistrati devono considerarsi legittimati ad ''elevarsi'' moralmente ed addirittura legalmente al di sopra persino della stessa  legge suprema, dando sfogo a proprie convinzioni o a metodologie inquisitorie giornalistiche ad essi spesso vicine.

Dobbiamo notare  che la debolezza del sistema politico-democratico italiano non passa solo attraverso la crisi della politica intesa come casta di corrotti , parrucconi e parassiti, ma attraversa una crisi sociale, etica e inevitabilmente economico-finanziaria che risente anche di un sistema giudiziario secolarizzato, pericolosamente corporativo e castizzato.

Un potere giustamente autonomo ma ormai totalmente in preda ad una libertà di anarchismo dispotico minoritario. E di quella autonomia giusta e sacro santa che dovrebbe essere  identificata nell'equilibrio e non nel libertinaggio giudiziario, si è giunti ad un intersecarsi di poteri su poteri. 

Il prezzo di una giustizia lenta, burocratica , piena di errori e contraddizioni, nonché fortemente condizionata da esponenti politicizzati, getta discredito proprio su quella stessa altissima Istituzione che dovrebbe essere  garante e garanzia per tutti i cittadini. Ho usato il condizionale, sperando presto di usare il presente !

La protesta politica -legittimissima- contro una parte avversa, è divenuta però una guerra civile fredda.

L'indignazione si è trasformata in brutale inquisizione, in una caccia alle streghe.

L'indagine in condanna giornalistica. I dibattimenti sono stati capovolti con giudizi di aulici filosofi costituzionalisti nei talk-show. Il processo nelle sue parti più delicate e private, è uscito dalle aule dei tribunali per smembrarsi tra piazza-agone pubblico e sezione penale/civile.

Le requisitorie danno l'immagine di un verdetto finale quasi inappellabile.

Si è capovolto ( volontariamente ) quei sacri pilasti del diritto processuale in cui vige ancora un minimo di garantismo, in una spietata esecuzione giudiziaria subito da etichettare sul corpo sanguinante e fumante del nemico.

Ed è quello che sta accadendo nella nuova genesi pubblico-mediatica-immaginaria del nostro paese, in cui uno spicchio di principi della penna e della cultura, pensa che con le loro ricette narcisistiche  si possa sgomberare il campo eliminando il nemico e così...una volta sconfitto il male, pardon...il diavolo, si celebra il trionfo del bene in qualche tempietto pieno di urlanti  ''tà-tàini'' e si festeggia inneggiando alla riconquistata, martoriata e calpestata libertà.

''La libertà splende sul suolo italiano...liberi...liberi tutti !'', '' adesso un nuovo inizio'' ,  '' bella ciao '' urleranno i più agguerriti festeggianti,  tra imprecazioni pasoliniane, cori e  caroselli, ''finalmente la libertà ! ''.

Ma il paradiso sulla terra... tardando a realizzarsi, allora ecco che si ricorrerà a cercare il prossimo nemico, il prossimo diavolo che veste B. . 

Per cui riavremo un nuovo cavaliere, la morte ( ed il diavolo).

E le colonne dei giornali più incalliti, non hanno fatto e non faranno altro che ''gognare'' mediaticamente abitudini, vizi, passioni ed amori. 

Il privato, inteso nel suo significato più intimo e delicato continuerà ad essere gettato con i panni al vento, con le lenzuola del letto ancora calde fuori dalla finestra.

Senza ritegno, senza rispetto, senza un minimo di quella galanteria  professionale che molti papabili giornalisti dai sermoni facili, ritengono di avere non come dono acquisito nella carriera ma – modestamente- per grazia divina ricevuta. 

Basta buttare giù titoli scottanti, intercettazioni dal profilo goliardesco, sapere di qualche frequentazione bollente con qualche formosa ragazza di astuzia non comune, per dipingere un uomo come un sardanapalo ed i suoi commensali come prostituti.

 La regalomania diventa corruzione, gli amici dei cortigiani del padrone. I sostenitori degli infimi individui venduti al sultano per due soldi. I giornali di parte opposta del ''cacio'' puzzolente.

Si urla al servilismo, cortigianesimo e sultanesimo, ma come possiamo non considerare dei finti e focosi fattucchieri di parole della illuminata intellighenzia tutti coloro che al contrario pensano – con una certa superbia altezzosa - di portare il lume della scienza morale-etica-intellettuale, quando invece non fanno altro che portare lo strascico della mistificazione cultural-giornalistica!?

Il nemico va eliminato ad ogni costo e tutti coloro che ruotano attorno a lui e ne prendono le difese sono anch'essi nemici dello stato, della scuola, del perbenismo antropologico che predomina nell'animo e nella mente di una buona parte di elevate figure e figurini.

Il risultato è di un'opinione pubblica ( una buona parte ) disgustata, allibita, sbavona nel commentare e dare giudizi di cavalleria, gentilezza e una benevola infinità di illuminanti perle di saggezza.

Peccato però che spesso anche i migliori opinionisti pubblici e psicologi improvvisati, applicano leggicine morali ''ad personamcine'', adottando la politica del giudizio dei due pesi e due misure.

Da qui la nascita di un correntismo ipocrita ad personam, del primato morale e civile e del clericalismo falsamente bigotto e paternalistico.

L'ulteriore reazione a tale fenomeno di (s)bigottimento sono le parrucche rosse, i canti  goderecci ferrariani sulle note di Verdi, l'evento '' siamo tutte puttane'', la rivolta dei mutandoni, i rossetti,  il voto contro il puritanesimo e quindi il popolo di Piazza Farnese.

Oppure semplicemente, per chi è meno espansivo, si sta in silenzio, aspettando la cabina elettorale ed il gesto dell'ombrello, '' tiè tiè '' e risolino festoso all'uscita.

Purtitani vs farnesini. Boccassiniani vs cavalieristi. Forcaioli contro arcoriani. Giustizialisti contro garantisti.

Un paese diviso, ferito e lacerato da una mai dimenticata guerra civile passata e segnato da un'ulteriore guerra civile dei venti anni, probabilmente all'ultimo atto ma ancora lunga e profondamente destabilizzante e violenta.

Nel mezzo di questo clima da palio e da bande, si inserisce la speranza di chi come Giovanni Orsina scrive :-'' chi riuscirà a regalare all'Italia la fine della guerra civile fredda tra Cav. e anti Cav. governerà il paese per i prossimi venti anni ''.

Un muro alto e ben consolidato divide l'Italia, un muro fatto di risentimento, inchieste, sconfitte elettorali, potere svanito, insuccessi, furbizie, grandi parate, assalti giudiziari  e proteste...denaro, trame segrete, manovre di palazzo, occupazioni, editoriali, bandiere, moralisti, intransigenti, sporcaccioni, manettari, strateghi, oratori e quanto di più se  ne vuole aggiungere.

E' la storia non solo di un conflitto tra Berlusconi e la magistratura e viceversa, ma era e continua ad essere la storia costituzionale travagliata degli italiani.

Un percorso secolare che attraversa i moti del 1848, l'unificazione, lo statuto albertino, la crisi parlamentare di fine secolo,  l'età giolittiana,  il fascismo, le guerre mondiali e la Prima Repubblica, da De Gasperi al primo governo Letta.

E la riso/voluzione per via giudiziaria della Seconda Repubblica sarà , se così dovesse finire,

uno dei momenti di maggiore frattura del popolo italiano ed uno dei più tristi e deplorevoli della nostra già desolante storia politico-giudiziaria.

Farà esultare gli anti-Cav., farà impazzire di rabbia i Cav., pronti a scendere in campo per gridare al '' colpo di stato'', all'ingiustizia penale ed al sentenzialismo morale del diritto.

Ed allora a questo punto, aspettando le future evoluzioni giudiziarie, avendo fatto un breve armistizio estivo con Letta,  come risponderà  il Cavaliere, con una mossa da comandante cesariano, pronto a varcare ancora i cancelli di Arcore  per conquistare Roma contro i ''pompeiani'' o se ne andrà in Sud Africa !?

Dal suo fortino di San Martino, sicuramente assediato ed azzoppato, riuscirà a mediare tra conciliatoristi, falchi, colombe ed interventisti !? Accoglierà i miti suggerimenti dell'invisibile ma presente diplomatico Gianni Letta, oppure preparerà la sua ultima resistenza a colpi di tuonanti campagne elettorali e bandiere al vento !? 

Avrà ancora, l'agguerrito Cavaliere, la forza e lo spirito del 94' per affrontare questa sua battaglia, tenendo ben presente quali sono i reali problemi delle famiglie  italiane !?

Sono molte le domande, poche o incerte le risposte, anche perché molte delle quali dipendono da terzi.

Ci aspetteranno sicuramente strabilianti colpi di scena.

L'unica risposta però che possiamo e posso permettermi di dare è che pur ferito e malconcio il Cav.  non  lascerà il campo senza battersi ; ha molti difetti, forse puritanamente parlando anche più dei nostri, ma non possiamo non riconoscere che è un eccellente combattente, più un guerriero puro che un comandante stratega.

E (forse) la forza che lo spingerà a fare un ultimo grido di battaglia, sarà proprio quel sentimento di dolore rabbioso , che come si vocifera, potrebbe aprire la strada ad un berlusconi bis, una donna, la sua erede privilegiata, alla guida di una resistenza berlusconiana.

Per ora sono soltanto indiscrezioni ( peraltro già smentite pubblicamente ) o forse nel più profondo segreto arcoriano, l'eterna vendetta mortale di un Cav. pronto a riscrivere il titolo a '' il cavaliere, la morte ( ed il diavolo)'' !?

 

Nel frattempo Roma e  l'Italia stanno bruciando!

 

 

 

 

 

 

 

 

Lucca, 21 luglio 2013

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