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Breve commento introduttivo

Questa mattina (18 luglio 2013) si e' svolta, al Quirinale, la tradizionale cerimonia del Ventaglio: un incontro con la stampa parlamentare, nel quale viene consegnato al Presidente un ventaglio artistico.

Una occasione importante, nella quale il Presidente della Repubblica solitamente traccia una sintesi dei piu' scottanti problemi sul tappeto.
Una tradizione a cui non si e' sottratto Giorgio Napolitano che, con un discorso ampio e fortemente sentito, ha esaminato i tratti del complesso scenario politico e sociale del Paese.

Se ne sintetizzano alcuni punti, raccomandando pero' la lettura integrale dell'intervento, piu' avanti riportato.

Anzitutto Napolitano blinda il Governo di larghe intese. E lo fa alla vigilia del voto al Senato sulla mozione di sfiducia richiesta da M5s e sel nei confronti del vicepremier e ministro dell'Interno Angelino Alfano, per la gestione del caso kazako. «Si può mettere a repentaglio la vita di questo paese impegnato in un ben definito programma di riforme?» Per il presidente della Repubblica, la risposta è senz'altro no, perchè «I contraccolpi sui mercati sarebbero immediati e sarebbero irrecuperabili».
E' questo uno dei passaggi chiave dell'intervento, insieme alla sottolineatura dell'impropria sovrapposizione del processo Mediaset con le sorti del Governo , la gestione del caso Ablyazov da parte del Governo e il caso degli insulti leghisti al ministro per l'Integrazione Kyenge.

Il Presidente non ha fatto peraltro mistero della gravita' e complessita' della situazione. Ha infatti detto: «Quest'anno non ci si può aspettare da me un bilancio dei fatti politici avvenuti dal nostro ultimo incontro nel luglio 2012», perché quello iniziato l'estate scorsa e' «uno dei periodi tra i più intensi e inquieti della storia politica dell'Italia repubblicana, con svolte, momenti di tensione e persino rischi di paralisi nella vita pubblica, senza precedenti». In Italia - sottolinea - c'è «un serio pericolo di declino», chiedendosi se «riusciremo a portare via via il nostro sistema produttivo e istituzionale all'altezza delle sfide che espongono il paese».

Un pericolo che - aggiungo - potra' solo essere rimosso con una comune assunzione di responsabilita' da parte di tutti gli attori dello sviluppo, giacche' solo cosi' si potranno affrontare i complessi nodi in cui si attanaglia il Paese.
Anche in questa circostanza il nostro Presidente ci offre una lezione di lucidita' di analisi e di lungimiranza di visione.
Purtroppo, amaramente, si deve constatare che gli appelli di Napolitano sono rimasti di sovente inascoltati.

Paolo Razzuoli

Incontro del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con l'Associazione Stampa Parlamentare per la cerimonia del "Ventaglio" - Testo integrale dell'intervento

Desidero iniziare rivolgendo l'espressione della mia viva solidarietà alla famiglia di Domenico Quirico, inviato de La Stampa di Torino, che da 100 giorni attendiamo di poter riaccogliere tra noi e l'espressione è di una sentita solidarietà ma anche di un vivissimo augurio e di una ferma fiducia.

Pur in un momento davvero difficile per i giornali e per i giornalisti, alle cui problematiche - qui, sobriamente, appena accennate - sono, e dobbiamo essere tutti, attenti e sensibili, la cerimonia del Ventaglio è sempre un'occasione gradita e significativa d'incontro con quel settore così importante del mondo dell'informazione, che è costituito dalla stampa parlamentare. E ancora una volta appare chiaro che il vostro stimolo quotidiano si rivolge anche a chi esercita le funzioni e le responsabilità d'insieme del Capo dello Stato. Voi sapete com'è accaduto che mi tocchi ancora esercitarle, nello spirito che ho chiaramente indicato nel messaggio del 22 aprile al Parlamento. Intanto traggo beneficio - anch'esso imprevisto - dal cortese dono di un nuovo bell'esemplare per la mia collezione di tradizionali ventagli artistici.

Quest'anno però certamente non ci si può attendere che io tracci un qualche bilancio del periodo trascorso dall'incontro con voi del luglio 2012. Perché è stato un periodo tra i più intensi e inquieti nella storia politica e istituzionale dell'Italia repubblicana, per il succedersi di eventi straordinari, di svolte, di momenti di tensione e perfino di rischi di paralisi, nella vita pubblica, senza precedenti.

Quel che comunque è rimasto sempre incombente e che deve anche oggi avere il primo posto nella nostra attenzione collettiva, quel che costituisce sempre il punto di riferimento fondamentale per le istituzioni e per le forze politiche e sociali, è la criticità delle condizioni economiche e sociali del nostro paese, la serietà delle incognite con cui ci confrontiamo.

Riusciremo ad allentare presto e quindi a superare una crisi finanziaria e una recessione che in questi anni hanno fatto regredire la nostra economia e il tenore di vita di larghi strati della popolazione ? Crisi finanziaria e recessione sono, come sappiamo, fenomeni europei, che toccano ormai anche paesi più avanzati ed efficienti del nostro e che non sono separabili da profondi cambiamenti, tra non lievi alti e bassi, sul piano mondiale. Europeo, come finalmente si è riconosciuto, nella sua complessità e nella sua impellenza, è il fenomeno della crescente disoccupazione giovanile. Riusciremo a darvi risposte in Italia e in Europa ? Riusciremo a portare via via il nostro sistema produttivo e insieme il nostro sistema istituzionale, il nostro assetto di governo e i nostri meccanismi amministrativi all'altezza di sfide che espongono l'Italia a un serio pericolo di declino ?
Sono queste le domande e le esigenze di fondo cui deve rapportarsi ogni discorso sulle opzioni politiche di cui quotidianamente discutiamo, e su cui anche lei, gentile Presidente Sardoni, mi ha or ora interrogato.

La premessa, nell'aprile scorso, era dare al paese un governo, non lasciarlo scivolare verso convulsioni destabilizzanti, nell'impotenza perfino di aver voce nel decisivo concerto europeo.
Una voce che invece si è sentita, nei due mesi e mezzo trascorsi dalla formazione del governo Letta, con riconoscimenti e apprezzamenti per la capacità d'iniziativa e di proposta espressa dal Presidente del Consiglio, attraverso una ricca rete di passi, di incontri, di confronti in sedi europee e internazionali. Lo si può forse seriamente negare ? Si può mettere a repentaglio la continuità di questo governo, impegnato in un programma di attività ben definito, senza offrire pesanti ragioni ai più malevoli e anche interessati critici e detrattori del nostro paese, pronti a proclamare l'ingovernabilità e inaffidabilità dell'Italia ? I contraccolpi a nostro danno, nelle relazioni internazionali e nei mercati finanziari, si vedrebbero subito e potrebbero risultare irrecuperabili.

Come lei, dottoressa Sardoni, ha ricordato, è stato lo stesso Presidente Letta ad affermare che egli certo non intende governare "ad ogni costo", cioè anche a costo di subire freni e interferenze che blocchino la produttività degli sforzi dell'Esecutivo. Dobbiamo in quell'affermazione vedere una garanzia importante per tutti.

Si concentri allora l'attenzione sugli indirizzi adottati, sulle decisioni prese e sottoposte al Parlamento, anche per discuterle nel merito, con spirito critico, con serietà e con capacità propositiva.

Le forze sociali, che stanno dando prova del necessario senso di responsabilità, possono contare - verificandone in concreto l'attuazione - su misure, già decise dal governo, dirette a stimolare una ancora ardua ripresa economica e a sostenere processi di formazione e possibilità di occupazione per i giovani.
Altre misure sono all'esame del governo, relative a nodi - anche di politica fiscale - che stanno per essere sciolti. Dev'esserci senso dell'urgenza e determinazione, da far valere anche nel contesto europeo ; si possono comprendere appelli a scelte di maggior impatto, volte a scuotere un'economia fiaccata in settori vitali ; ma essenziale è non perdere di vista il quadro complessivo dei risultati ottenuti e da ottenere, degli impegni e dei vincoli da osservare, come disse il 31 maggio scorso il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, concludendo le sue "Considerazioni finali" : "I sacrifici compiuti per conseguire e consolidare la stabilità finanziaria rispondono a rigidità a lungo trascurate, a ritardi accumulati nel tempo. L'uscita dalla procedura di deficit eccessivo ne è un primo frutto, da non dissipare. Va considerato un investimento su cui costruire".

La situazione in cui ci muoviamo va valutata con la massima ponderazione, senza oscurarne i dati di gravità, e insieme senza indulgere a catastrofismi. Ci aiuta in questo senso il Bollettino Economico della Banca d'Italia appena reso pubblico.

Siamo esposti a incertezze e variabili del quadro mondiale, per quel che riguarda la crescita e gli scambi.
Nell'area dell'Euro, si è registrato nello scorso trimestre ancora un calo del prodotto interno lordo, con qualche più recente segno di miglioramento nella produzione industriale e nella spesa delle famiglie. Si è ribadita una politica di bassi tassi d'interesse e di abbondante offerta di liquidità da parte della Banca Centrale Europea. I problemi del sistema creditizio si proiettano ormai nell'orizzonte dell'Unione bancaria, verso la quale procedere decisamente. Sono - tutti questi - temi ed aspetti di un indirizzo più favorevole alla crescita e all'occupazione per cui l'Italia opera e preme in seno alle istituzioni dell'Unione. E tale azione culminerà nel semestre italiano di presidenza europea, nella seconda metà del 2014, occasione cruciale e banco di prova per il rilancio dell'Europa e per il ruolo di uno Stato fondatore come il nostro.

Per quel che riguarda più specificamente il nostro paese, il documento della Banca d'Italia, pur senza indulgere a valutazioni sdrammatizzanti e a facili illusioni, riafferma dati positivi - anche confutando giudizi posti a base della recente decisione dell'agenzia Standard & Poor's : dati positivi sulla condizione dei conti pubblici, come sulle partite correnti della bilancia dei pagamenti (grazie, in particolare, alla crescita delle nostre esportazioni, se non all'interno dell'eurozona, verso i mercati extraeuropei). Non ignorando i fenomeni più gravi, relativi al mercato del lavoro o alle difficoltà e al costo del credito alle imprese, è tuttavia possibile cogliere in modo obbiettivo e puntuale segni incoraggianti di stabilizzazione e ripresa dell'attività produttiva nella seconda metà di quest'anno, pur essendo il 2013 destinato a concludersi con un calo del PIL dell'1,9 per cento in media d'anno. Si fa affidamento, in particolare, sullo sblocco dei pagamenti alle imprese dei debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche. Ma l'avvertimento finale riguarda i rischi che sui mercati finanziari corre ancora l'Italia, sensibile - per via dell'alto debito pubblico e di deboli prospettive di crescita - "alle variazioni" - si sottolinea - "del clima di fiducia degli investitori", condizionato anche dalle valutazioni degli analisti.

Inutile dire come il clima di fiducia verso l'Italia possa variare positivamente in presenza di una valida azione di governo e di un concreto processo di riforme su ampie basi di consenso parlamentare, e come esso potrebbe invece peggiorare anche bruscamente dinanzi a una nuova destabilizzazione del quadro politico italiano.
E' perciò indispensabile, nell'interesse generale, proseguire nella realizzazione degli impegni del governo Letta, sul piano della politica economica, finanziaria, sociale, dell'iniziativa europea, e insieme del "crono-programma" di 18 mesi per le riforme istituzionali, già partito anche in Parlamento col primo voto sulla legge costituzionale che ne faciliterà il percorso.

Proseguire con maggiore e non minore coesione, sapendo che esitazioni da un lato o forzature dall'altro, esibite polemicamente, possono far sfuggire al controllo delle stesse forze di maggioranza la situazione. E allora si sgombri il terreno da sovrapposizioni improprie, come quella tra vicende giudiziarie dell'on. Berlusconi e prospettive di vita dell'attuale governo. Dovrebbe riconoscersi che è interesse comune affidarsi con rispetto - senza pressioni né in un senso né nell'altro - alle decisioni della Corte di Cassazione, e affidarsi correttamente - chi ha da difendersi - all'esercizio dei diritti e delle ragioni della difesa.

Anche al di là dei casi della giustizia, qualsiasi appello, rivolto politicamente in tutte le direzioni, ad abbassare i toni, ad abbandonare le posizioni "urlate", a confrontarsi più pacatamente, va preso sul serio e può riuscire utile.
Occorre sgombrare il campo egualmente da gravi motivi d'imbarazzo e di discredito per lo Stato e dunque per il paese, come quelli provocati dall'inaudita storia della precipitosa espulsione dall'Italia della madre kazaka e della sua bambina, sulla base di una reticente e distorsiva rappresentazione del caso, e di una pressione e interferenza, l'una e le altre inammissibili da parte di qualsiasi diplomatico straniero. Ne sono scaturiti anche interrogativi sul modo di garantire pienamente diritti fondamentali di persone presenti a qualsiasi titolo nel nostro paese.

Il governo ha opportunamente deciso - partendo da una prima ricostruzione della vicenda - innanzitutto di sanzionare comportamenti di funzionari titolari di delicati ruoli in materia di sicurezza, che hanno assunto decisioni non sottoposte al necessario vaglio dell'autorità politica e non fondate su verifiche e valutazioni rigorose. Ancor più importante è che il governo intervenga - come ha annunciato di voler fare - su norme di condotta e catene di gestione burocratiche che possono mettere in simili casi, e di fatto in questo caso concreto hanno messo, in serie difficoltà l'esecutivo. Alla Presidente Sardoni dico peraltro che, anche per dei ministri (ma non solo per loro), è assai delicato e azzardato evocare responsabilità "oggettive", ovvero (per usare la sua espressione) "consustanziali alla carica che si ricopre".

E' comunque del tutto evidente che a questo proposito da parte di forze politiche di opposizione si tenda in questo momento a far franare un equilibrio politico e di governo che si giudica spurio prima ancora che inadeguato. Per spingere il paese, le sue istituzioni rappresentative, verso quale sbocco? Tutti i propositi alternativi, anche se appaiano velleitari, possono essere legittimi. Ma inviterei coloro che lavorano su ipotesi più o meno fumose o arbitrarie, a non contare su decisioni che quando si fosse creato un vuoto politico spetterebbero al Presidente della Repubblica e che io - mi spiace, Presidente Sardoni, di non poter rispondere a quelle sue domande - non starò certo ora ad anticipare. Non ci si avventuri perciò a creare vuoti, a staccare spine, per il rifiuto di prendere atto di ciò che la realtà politica post-elettorale ha reso obbligato e per un'ingiustificabile sottovalutazione delle conseguenze cui si esporrebbe il paese.

Tornando a voi, protagonisti di questa cerimonia, siate certi che mai indulgerò alle tendenze di taluni a "fare della stampa un bersaglio", o ad attribuirle colpe di parole e scelte dei politici. Ma il mio richiamo alle responsabilità del momento si rivolge certamente anche alla stampa, perché la componente della sollecitazione e dell'amplificazione mediatica influenza molto le parole e i comportamenti dei politici. Siamo inoltre dinanzi a minacce e pratiche di violenza (non occorre che ricordi episodi recenti), e dinanzi all'ingiuria indecente e aggressiva, specie se a sfondo razzista o maschilista, e ancor più se pronunciata da chi dovrebbe unire alla dignità personale quella istituzionale. Ebbene, rispetto a ciò è tempo di levare un argine comune.

Facendo mie le espressioni della lettera che ho appena ricevuto da un amico di vecchia data e di chiari principi, dirò che "quando linguaggio e comportamenti politici sono senza freni e senza responsabilità, una società rischia il quotidiano disfacimento". Stiamo tutti bene in guardia, care amiche e cari amici giornalisti, nei confronti di simili rischi.

Palazzo del Quirinale, 18/07/2013

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